Auto italiane nel mondo nn "prodotto" che piace Il "mago" Ferrari lascia la carica, ma non le corse di Enzo Ferrari

Auto italiane nel mondo nn "prodotto" che piace Il "mago" Ferrari lascia la carica, ma non le corse Buone le prospettive per l'anno in corso Auto italiane nel mondo nn "prodotto" che piace Il "mago" Ferrari lascia la carica, ma non le corse Si è dimesso da presidente della Società ma continuerà la sua preziosa collaborazione - "Ogni giorno sarò a Maranello" Enzo Ferrari ha deciso di lasciare la presidenza della Sefac Ferrari, società di cui detiene il pacchetto azionario in parti eguali con la Fiat. Lo ha reso noto ieri comunicando il testo integrale della lettera inviata ai membri del La Fiat e la Lancia puntano molto sull'esportazione consiglio di amministrazione (Giovanni Sguazzini, amministratore delegato, Nicola Tufarelli, Sergio Pininfarina e Luca Montezemolo). « Cari amici e colleghi — scrive Ferrari —, desidero informarvi che con l'assemblea straordinaria del 5 marzo ritengo esaurito il mio incarico di presidente della società e vi prego di provvedere agli adempimenti conseguenti. La malattia professionale riacutizzatasi nel gennaio scorso, che mi tenne assente quasi un mese, l'aver io iniziato il 20 febbraio l'ottantesimo anno, mi suggeriscono una doverosa rinuncia. «Chi ha dato vita alla Ferrari e ne vuole continuità, sviluppo, affermazione, sente oggi questo dovere. Resterò consigliere; ogni giorno che mi resta mi vedrete a Maranello a disposizione di chiunque io possa tornare utile. «E' indubbio — conclude Ferrari — che i nuovi programmi, ora definiti, necessitano di un impegno che non posso continuare come per il passato ed è per queste sole ragioni che vi prego dì accettare le mie dimissioni da presidente. Grazie di cuore a tutti. Enzo Ferrari». Il testo della lettera è stato reso noto dalla Ferrari in seguito ad indiscrezioni che avevano scatenato una ridda di ipotesi e di più o meno fantasiose interpretazioni. La realtà è molto semplice ed è ancorata alle leggi inesorabili dell'età e dei conseguenti acciacchi. L'uomo, come ricorda, ha quasi 80 anni (è nato a Modena il 20 febbraio 1898, il papà aveva un'officina di carpenteria metallica) ed è reduce da una maligna forma di polmonite che già lo angustiò in passato, la fabbrica (nata con un gesto di coraggio negli anni bui della seconda guerra mondiale) è in fase di rilancio malgrado il difficile momento dell'automobile. L'anno scorso il fatturato Ferrari è stato di 24 miliardi: si spera di portarlo a 34 miliardi. La produzione nel 1976 è stata di 1430 vetture (tutte granturismo di classe raffinata), la vendita di 1650 con la cessione delle macchine rimaste nei depositi. E' stato deciso di aumentare il quantitativo di unità destinate ai mercati esteri e di diminuire quello per l'Italia (dal 44 al 30 %). Sono previsti investimenti per due miliardi nel settore auto e di quattro miliardi nella costruzione di cabine per trattori, una nuova attività per i 1200 dipendenti dell'azienda. Si tratta di programmi impegnativi, cui Ferrari non avrebbe potuto (e voluto), rimanendo alla presidenza, sottrarsi. Programmi che, in fondo, avrebbero finito per limitare il tempo da riservare a quell'altra attività che da sempre costituisce la ragion d'essere e di vivere del costruttore modenese: le corse. E qui occorre precisare che Enzo Ferrari non lascia affatto la sua Scuderia, la cui gestione — per un tacito ac- cordo con la Fiat, entrata nella Ferrari nel 1969 — è sempre rimasta nelle sue mani. Ferrari continuerà ad occuparsi con la sua esperienza e il suo giovanile entusiasmo di Niki Lauda e di Carlos Reutemann, delle monoposto di Formula 1, dei Grandi Premi, con tutti i problemi e le gioie terribili che scaturiscono di giorno in giorno. Che lo faccia da presidente o da consigliere, questo forse poco importa ai mille tifosi del Cavallino Rampante. La decisione di Ferrari è maturata negli ultimi mesi. Il 5 marzo, comunque, essa non fu comunicata al consiglio di amministrazione, riunito per ratificare la fusione della Carrozzeria Scaglietti con la Ferrari. Lo fu successivamente: la lettera è molto, molto recente e per gli stessi consiglieri è stata una sorpresa. Né risulta che in questi giorni tra il « giovanotto del '98 » e i soci torinesi siano intercorsi scambi di messaggi. Michele Fenu (Dal nostro inviato speciale) Ginevra, 19 marzo. Alla conquista di sempre nuove posizioni sui mercati internazionali i tedeschi, mentre italiani e francesi difendono bene le posizioni acquisite; meno aggressivi i giapponesi, in crisi inglesi e americani frenati da una produzione poco adatta ai mercati europei: questo il quadro dell'industria automobilistica del mondo occidentale offerto dal 47° Salone internazionale di Ginevra che, inaugurato giovedì, resterà aperto sino al 27 marzo. Qual è la posizione dell'Italia e quale il suo peso nelle vendite nei maggiori Paesi? Cosa segna quest'anno il «termometro» svizzero, non solo come assorbimento diretto di automobili, ma come punto d'incontro dell'economia mondiale? Per l'Italia la risposta non sembra negativa, anzi ci sono le premesse per un maggiore inserimento della nostra produzione sui principali mercati. Abbiamo incontrato a Ginevra Vittorio Di Capua, responsabile delle esportazioni automobilistiche Fiat e Carlo Brinatti, direttore delle vendite all'estero della Lancia. Per la Fiat il livello di vendite all'estero è stato, nel 1976, di 620 mila automobili, e, nella sola Europa, di 440 mila unità. «Per il 1977 — ha detto Di Capua — prevediamo dì arrivare alle 500 mila unità in Europa e, di conseguenza, a un totale sensibilmente superiore a quello dell'unno scorso». Dopo la crisi energetica del '74-75, la Fiat ha partecipato allo sviluppo della domanda in Europa con una quota del 6 per cento delle vendite totali. Nei primi due mesi di quest'anno la posizione della Casa torinese è migliorata, portandosi al 7 per cento. Questo è molto importante — ha detto Di Capua — poiché la Fiat ha sempre dato priorità al mercato europeo che assorbe il 70 per cento delle sue esportazioni. Due validi esempi del successo delle automobili Fiat in Europa sono dati da Francia e Germania. Su segmenti di mercato disponibili per vetture non nazionali rispettivamente del 20 e 21 per cento, la Fiat detiene una fetta pari al 21 per cento in Francia e al 17-18 per cento in Germania. Un particolare successo è stato ottenuto in Gran Bretagna dove si è passati da 40 mila unità esportate nel 1975 a 60 mila nel 1976 e ì risultati dei primi due mesi lasciano sperare in un ulteriore miglioramento. In cifre assolute la Fiat ha immatricolato in gennaio e febbraio circa 18 mila auto in Germania, 7 mila in Belgio, 2300 in Svizzera, 10.500 in Francia, 5 mila in Olanda. Negli Stati Uniti, dove erano state vendute 90 mila vetture nel 1975, si è scesi a 65 mila nel 1976 perché sono crollate le esportazioni europee negli Usa dal 18 al 13 per cento (tanto per avere un'idea della contrazione, le vendite Volkswagen sono scese da 500 mila a poco più di 200 mila unità), ma quest'anno sì spera di migliorare, portandosi sulle 70 mila unità. In questo fenomeno negativo, comune a tutti i produttori automobilistici europei, ha giocato anche il forte aumento delle vendite di auto giapponesi negli Stati Uniti, cresciuto del 67 per cento nel 1976. La Honda ha superato, l'anno scorso, la Volkswagen che da sempre deteneva il primato assoluto nelle vendite di vetture non americane negli Usa. Ha ancora detto Di Capua che la tendenza Fiat è di consolidare le esportazioni nelle fasce medie superiori (da 1500 a 2000 ce) senza perdere il primato nelle piccole vetture: la «127» (903 ce) — ha ricordato — è stata nel 1976 la vettura più venduta in Euro, pa. I modelli «131» e «132» (quest'ultimo presente a Ginevra nell'edizione rinnovata dì 1600 e 2000 ce) sono stati esportati l'anno scorso, rispettivamente, in oltre 100 mila e 40 mila unità, pari al 70 per cento della produzione. Anche la Lancia punta mol- to sull'esportazione. L'ha detto Carlo Brinatti, direttore delle vendite all'estero. Il traguardo del 1977 è di esportare oltre il 50 per cento della produzione totale, confermando il successo dell'anno scorso. La competizione produttiva non è facile per l'azienda torinese. La Lancia deve «incrociare» marche come Bmw e Mercedes, ma l'attuale produzione molto completa sia come modelli, sia come motorizzazione (si va dai 1300 ce della Beta meno potente ai 2500 ce della Gamma), è in grado di competere con successo con le più qualificate marche straniere. L'esportazione è concentrata anch'essa sui mercati europei, con vendite pari all'85 per cento. Il mercato numero uno è quello inglese dove l'azienda' prevede di vendere quest'anno tra le 11 mila e le 11.500 auto. Seguono i mercati tedesco e francese con oltre 7 mila unità ciascuno e quello svizzero con 2100 automobili, contro 1650 nel '76. Il mercato elvetico è il primo straniero sul quale viene lanciata la Gamma (l'ammiraglia della Casa e, attualmente, dell'inte¬ ra produzione nazionale) perché — ha detto Brinatti — «presenta caratteristiche di reddito e di clientela adatti». Per il mercato americano il discorso è diverso. La presenza Lancia negli Stati Uniti è iniziata soltanto l'anno scorso con 4 mila unità vendute. Per quest'anno si pensa di poter superare le 5 mila macchine ma — ha fatto notare Brinatti — «si tratta chiaramente di cifre d'avvio, poiché gli Usa devono rappresentare un mercato molto più importante». Come si vede le vendite all'estero delle automobili italiane vanno bene (anche l'Alfa Romeo ha aumentato considerevolmente le esportazioni nel '76 e ha in programma per il 1977 un'ulteriore espansione), compensando in parte il rallentamento del mercato interno e contribuendo notevolmente a bilanci valutari positivi. Infatti, nonostante forti vendite di auto estere in Italia (il 40 per cento circa dell'immatricolato), la bilancia commerciale del settore è stata attiva nel 1976 per oltre 500 miliardi di lire. Renzo Vìllare Enzo Ferrari