"Non si può uccidere sindacato e industria,,

"Non si può uccidere sindacato e industria,, Reazioni nei sindacati alle condizioni del Fmi "Non si può uccidere sindacato e industria,, Parla il segretario dei metalmeccanici, Mattina - Dichiarazioni sulla vertenza Fiat Nel mondo sindacale i più impegnati per le «piattaforme aziendali » in questo momento sono i metalmeccanici. Qual è il giudizio che esprimono sulle condizioni che il Fondo monetario intemazionale (Fmi) ha dettato all'Italia per il prestito di 530 milioni di dollari? Lo abbiamo domandato a Vincenzo Mattina, segretario della Federazione lavoratori metalmeccanici. «Dalle indicazioni del Fmi — ha detto — viene fuori un dato che ci deve preoccupare: il creditore (cioè il Fmi) non crede nella solvibilità del debitore (l'Italia); non crede nella nostra capacità di produrre risorse e ci pone dei limiti come se ci dicesse "cercate di non fare altri guai"». Che atteggiamento pensate di poter assumere? «Come movimento sindacale non siamo in grado di impedire che il Fmi detti delle condizioni; siamo però in grado di dire al governo che il rispetto delle condizioni non deve avvenire per una strada che ammazzerebbe il sindacato e lo sviluppo del Paese. Mi spiego meglio: il blocco della produzione, il blocco dei salari e il blocco della spesa pubblica toccano le tre leve principali alle quali si fa riferimento per uscire dalla crisi». Il punto «più caldo» sembra essere quello della scala mobile. «E' vero. Quando ci dico¬ no che i salari non devono crescere più di tanto (il costo del lavoro per unità di prodotto nel 1977 non dovrebbe aumentare più del 16 per cento e scendere ulteriormente nel 1978) non si deve pensare necessariamente al solo blocco della scala mobile, che del resto il sindacato respinge. Si può operare anche in altra direzione; per esempio, agire sui prezzi. Ci rendiamo conto che, in un'economia capitalistica, è difficile una rigida politica dei prezzi: però alcuni Paesi, come la Francia, l'hanno adottata. In altre parole, non mi sembra che il problema non sia di rispondere "sì" o "no' alle indicazioni del Fmi, ma di adattare questi vincoli alla situazione specifica italiana, dove la disoccupazione è grave con un fermento preoccupante tra i giovani ed il mondo studentesco. E si arriva così al collegamento con le "piattaforme aziendali": noi abbiamo presentato richieste economiche molto contenute e dilazionate nel tempo, ma le abbiamo collegate al problema dei prezzi. Nel caso Fiat, se l'azienda procede ad aumenti dei listini in piena libertà, il meccanismo salta». Nella vertenza Fiat voi chiedete investimenti che creino nuova occupazione, mentre l'azienda (che quest'anno investirà 1080 miliardi) sottolinea l'esigenza di de¬ stinare la maggior parte delle risorse per accrescere l'efficienza e la competitività. Ritenete che la Fiat sarebbe stata in grado di superare la crisi del 1975 senza procedere a licenziamenti, se non fosse stata competitiva? «Noi riconosciamo che i mille miliardi di investimenti sono una cifra rilevante e non intendiamo negare che sia corretto preoccuparsi di mantenere la massima efficienza e competitività. Però la Fiat non è un'azienda statica che vive sugli impianti e sulla produzione che ha. Oggi tutti gli incrementi nel breve e nel medio periodo vengono spostati verso l'estero. Noi vogliamo approfondire questo tema: qual è la capacità produttiva che bisogna spostare all'estero per conquistare nuovi mercati e qual è la capacità produttiva che, invece, viene spostata all'estero, in zone dove si possono avere costi più bassi? Il sindacato punta a un equilibrio che tenga conto delle esigenze dell'impresa, ma che non depauperi il Paese. Non credo — ha proseguito Mattina — che con le "vertenze" conquisteremo molti posti di lavoro in più. Però possiamo avviare iniziative e costruire strumenti che ci consentano di "mettere le mani" sui comportamenti dei "Grandi Gruppi"». Che cosa vuol dire? «Il governo non può disinteressarsi delle scelte dei "Grandi Gruppi". Ferma restando l'autonomia delle imprese, occorre un mìnimo di intervento legislativo, affinché le scelte possano essere sottoposte, non tanto a un controllo, ma ad un esame di merito per valutare la loro compatibilità con gli interessi generali del Paese». Un'ultima questione: nell'ambito delle trattative Fiat c'è la richiesta, ormai urgente, dell'azienda di fare una pausa a Pasqua nel settore automobilistico, per evitare che lo stoccaggio salga a livelli troppo elevati. La proposta è di fare cinque giorni di pausa utilizzando parte della quarta settimana di ferie e parte delle festività infrasettimanali abolite. Qual è il parere del sindacato? «Escluso qualsiasi ricorso alla cassa integrazione, il vero problema per noi è di impedire che ci sia un uso selvaggio della quarta settimana di ferie come elemento per regolare l'orario annuo di lavoro. In questo ambito ritengo possibile utilizzare un pezzo delle festività e qualche giorno della quarta settimana di ferie. Però bisogna avere in partenza la certezza dell'orario annuo, cioè di come sarà goduta la quarta settimana di ferie». Sergio Devecchi

Persone citate: Sergio Devecchi, Vincenzo Mattina

Luoghi citati: Francia, Italia