Venezia perde la Laguna di Alvise Zorzi

Venezia perde la Laguna Venezia perde la Laguna Venezia, marzo. In risposta alle pesanti critiche e accuse che la stampa estera rivolge sempre più frequentemente agli italiani per la non soluzione dei tanti e ormai vetusti problemi della sopravvivenza e della conservazione di Venezia, qualcuno ha creduto di rispondere dicendo che le difficoltà congiunturali rappresentano una scusa più che sufficiente. Purtroppo, l'inerzia governativa e burocratica, il marasma municipale, l'incoscienza di un certo mondo industriale, la fiacca e l'insipienza di certe commissioni di salvaguardia, la velleiterietà demagogica di certi politici, la spocchiosa ignoranza di certi intellettualoidi, tutte queste belle cose, insomma, che condannano Venezia ad una lenta morte d'asfissia e di degrado, esistevano assai prima della crisi attuale. Quando, qualche tempo fa, fu deciso di soprassedere all'appalto dei lavori per il restringimento delle bocche a mare della laguna, fu detto che si trattava di una decisione saggia. Restringere le comunicazioni col mare poteva significare, per la laguna non più ravvivata dall'Adriatico, il dissesto definitivo, l'impaludamento, la trasformazione in stagno maleodorante. Ma alla decisione a- vrebbe dovuto corrisponderne contestualmente un'altra, quella di mettere in opera gli sbarramenti mobili di gomma già più volte sperimentati con successo e utilizzabili con tempestività nel caso di maree abnormi e pericolose. Invece s'è trovato qualche saccentone a dire e a scrivere che non ce n'era bisogno, che ormai d'alte maree non era più il caso di parlare: ed ecco, puntualissima, ai primi di dicembre, un'« acqua alta » di un metro e ventitré sul livello comune marino. Se il vento avesse girato, si sarebbero riprovati i brividi del 4 novembre 1966 a dicci anni giusti di distanza. La laguna, frattanto, continua a diminuire. Un'occhiata alla carta topografica scopre imbonimenti mostruosi, alterazioni gigantesche. La terraferma creata artificialmente si è dilatata oltre misura, ha sconvolto ogni equilibrio, ha devastato irreparabilmente l'ambiente e ha intaccato a morte i polmoni di Venezia, in margine al d rizza gno del canale dei petroli, scavato a tagliare in due come una ferita il comprensorio lagunare. Sul fronte dell'inquinamento atmosferico si preparano nuove avventure, mentre in città i bassorilievi si cancellano, le statue si cariano, i marmi si sfogliano, i bronzi s'intaccano di inguaribili tumori. La Montedison ha ottenuto (da una commissione in cui più di metà dei commissari non ha saputo fare altro che astenersi) l'autorizzazione a raddoppiare i suoi impianti. Per fortuna, la decisione è stata impugnata dal magistrato; oltre tutto, l'alto livello di automatizzazione degli impianti futuri comporterebbe ben pochi posti di lavoro in cambio di una grande abbondanza di nuove esalazioni distruttrici. Lo sprofondamento del suolo è cessato, dicono, con l'arresto della mungitura delle acque dolci sotterranee. Ma gli automezzi utilizzati per uno spettacolo dell'ex-Beatle Paul McCartney sono bastati a provocare lo sprofondamento di un pezzo di Piazza San Marco, un grosso tòcco di riva del Canal Grande è sprofondato recentemente a San Samuele, e la diga dell'isola di San Giorgio ha accennato a sprofondare a sua volta (l'allarme era già stato dato, la pratica relativa dorme nei cassetti della commissione di salvaguardia). Il terremoto del Friuli si è sentito anche qui, ha lesionato il massiccio palazzo delle Prigioni al ponte della Paglia; per fortuna, non ha fatto troppi guai, a parte la di¬ struzione di quasi cento comignoli (ce n'era di quelli a tronco di cono rovesciato che risalivano ai tempi del Carpaccio, di Gentile Bellini). Fa di peggio il moto ondoso, alimentato con fervore da motoscafisti dilettanti e di mestiere. A consolarci di tutto ciò non basta l'attività piena di abnegazione delle sopraintendenze, né il fervore dei vari comitati stranieri, più fattivi che mai. Tra le ultime realizzazioni c'è il restauro dell'immenso soffitto del Fumi ani nella chiesa di San Pantalon, una delle superfici dipinte più vaste che esistano a Venezia e in Italia, c'è l'esperimento di protezione con resine speciali delle sculture della porta della Carta in Palazzo Ducale, e (a cura della procuratoria marciana) il consolidamento delle meravigilose cupole orientaleggianti della basilica di San Marco. E' recentissima la decisione degli svizzeri di provvedere al restauro della chiesa di San Stae, costruita dal ticinese Domenico Rossi. Ma tutte queste belle iniziative non bastano a risarcire i danni quotidiani della pigrizia, della tirchieria e dell'insipienza nostrane, che disperiamo ormai di veder superate. Alvise Zorzi

Persone citate: Domenico Rossi, Gentile Bellini, Paul Mccartney

Luoghi citati: Friuli, Italia, San Samuele, Venezia