Africa: preoccupa la Nato la "strategia" dell'Urss di Renato Proni
Africa: preoccupa la Nato la "strategia" dell'Urss Che c'è dietro l'invasione dell'ex Congo Africa: preoccupa la Nato la "strategia" dell'Urss (Dal nostro corrispondente) Bruxelles, 17 marzo. Due paesi della Nato, gli Stati Uniti e il Belgio, sono impegnati da qualche giorno nell'invio di rinforzi militari allo Zaire, le cui frontiere — sembra — sono state attaccate dai soldati dell'Angola, sostenuti da «mercenari d'oltre Atlantico», cioè cubani. La situazione è seguita con attenzione al quartier generale dell'alleanza benché la zona geografica interessata sia fuori dai confini strategici della Nato. Ma la penetrazione sovietica e cubana in Africa interessa direttamente l'alleanza poiché la rotta del Capo è vitale ai rifornimenti petroliferi (60 per cento di materie prime per i paesi alleati). A Evere si è convinti dell'esistenza di una precisa strategia sovietica in Africa che mira a completare la proiezione su tre interi continenti (Europa, Asia, Africa) dell'influenza dell'Urss. La Nato aspetta quindi con impazienza la precisione della politica della nuova amministrazione americana per l'Africa. Di fronte ai casi dell'Angola e dello Zaire si ritiene che l'America non possa limitarsi ad appoggiare il principio del «governo della maggioranza» in Namibia e in Rhodesia, o anche in Sud Africa, come ha dichiarato Andrew Young, l'ambasciatore americano all'Onu. La Nato crede che l'Africa sarà terreno di scontro tra le grandi potenze per qualche tempo. Dal poco che si sa, invece, Washington è orientata a credere che, pur cercando di cogliere successi a basso costo come in Angola, l'Urss non spingerà a fondo la sua offensiva africana poiché qualsiasi Stato del continente, anche se divenisse marxista, capirebbe ben presto che gli Stati Uniti hanno molto piii da offrire che Mosca. Washington potrebbe, però, prevenire nuovi successi sovietici in Africa utilizzando gli stessi sistemi che impiegò per far capire la ragione al Sud razzista in casa propria: pressioni economiche e politiche. La penetrazione sovietica in Africa può ora utilizzare due piattaforme strategiche: il Mozambico e l'Angola. I fini sovietici sono stati più volte ribaditi ufficialmente dal 1961 da Mosca nel quadro del «sostegno alla lotta di liberazione nazionale» dei vari paesi africani. L'impiego in Angola di alcune migliaia di militari cubani, la proiezione di potenza mondiale tramite una flotta in espansione, le forniture di materiali bellici e numerosi accordi di collaborazione economica e culturale sono gli strumenti dì questa strategia, secondo numerosi studi sull'argomento, l'ultimo dei quali è «Soviet penetration in Africa» edito da Conflict Studies a Londra. Per i Paesi della Nato la penetrazione sovietica in Africa è una reale minaccia strategica ed economica. L'Angola è un Paese ricco di materie prime: diamanti, ferro, rame, manganese, titanio, fosfati eccetera. Altrettanto ricco è il Mozambico, ove squadre di geologi sovietici sono già al lavoro. Altri Paesi «minacciati», come il Sud Africa, sono ancora più ricchi di materie prime, uranio compreso. Il Sud Africa, con il 6 per cento del territorio, è responsabile del 40 per cento della produzione industriale africana e del 25 per cento di quella agricola. Secondo lo studio inglese che abbiamo citato, la strategia sovietica non si limiterà a negare, in determinati casi, la ricchezza mineraria africana all'Occidente ma anche ad esercitare pressioni tramite l'Angola e il Mozambico sugli Stati non comunisti come Malawi, Zambia e Zaire (parole profetiche per quel che riguarda quest'ultimo Paese). In Africa la proiezione della potenza militare sovietica è già notevole: a Berbera, in Somalia, c'è una grande base: a Aden e Mukalla (Yemen del Sud) ci sono altri punti d'appoggio, l'aeroporto di Conakri è già stato utilizzato per rifornire l'Angola. Ci sono basi anche nella Guinea Bissau e nelle Isole del Capo Verde e forse a Sau Tome, a Principe e a Bazzaruto, località e isole che cingono l'Africa come pedane di lancio per eventuali azioni strategiche. Ci sono poi 918 diplomatici sovietici in Africa, di cui 318 sarebbero del «Kgb», che si occupano anche degli intrighi internazionali, come il tentativo di deporre il presidente Numeiri del Sudan con l'aiuto dei libici. Sempre secondo l'opuscolo citato, il «Kgb» controlla il sistema della sicurezza interna della Somalia. In Angola i sovietici dirigono il ministero della Difesa e assieme ai cubani il ministero delle Finanze. I cubani controllano i servizi di sicurezza e il ministero degli Interni. In Zambia, in Congo, in Etiopia e in Somalia lavorano anche tremila insegnanti sovietici che hanno già addestrato 14 mila africani. Renato Proni
Persone citate: Andrew Young
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