Mosca sulla vodka di Lia Wainstein
Mosca sulla vodka Mosca sulla vodka Venedikt Erofeev: « Moscasulla-vodka », Ed. Feltrinelli, pag. 186, lire 350. Sin da tempi remoti l'alcolismo fu un tema spesso trattato nella letteratura russa. La distillazione della vodka risale alla fine del Trecento, e già nel Quattrocento a Mosca circolavano delle satire per ammonire nobili e clero, contadini e artigiani sui mali derivanti dall'ubriachezza. Trovandosi a metà del secolo a Mosca, il viaggiatore veneziano Iosaphat Barbaro narra che il duca, vedendo i russi «esser grandissimi imbriagi e restar de lavorar, fece un bando chel non se potesse far ne cervosa, ne vin de miei, ne usar fior de bruscandoli». Dalle orge degli zar fino alle interminabili cene di Stalin descritte da Giias, dai saggi di Herzen a quelli di Trockij, ai romanzi di Dostoevskij, ai racconti satirici di Cechov, l'eccesso nel bere conservò la sua popolarità. Questa posizione di tema tradizionale entrò poi in crisi in seguito ai tentativi moralizzatori delle autorità sovietiche e dalle pagine dei libri l'alcoolismo si trasferi sulle colonne dei giornali. Se la campagna non giovò ad eliminare un vizio radicato da secoli, valse invece a bandirne l'esaltazione nella letteratura ufficiale. In tale senso. Mosca-sulla-vodka, pur riallacciandosi dunque ad un'antica tradizione, è un'opera da definirsi oggj insolita e non conformista. Dell'autore Venedikt Erofeev, nato nel 1939 a Vladimir e laureato in filologia, si sa che lavorò a lungo come operaio all'aeroporto di Seremetjevo, poi che venne licenziato e ricercalo dalla polizia come «parassita». Oltre all'opera di gran successo Mosca-sulla-vodka, uscita in russo nella rivista israeliana Ami (1973) nel samizdat circolano qualche saggio critico (di cui uno su V. Rozanov) e il romanzo Sostakovic. Bastano questi particolari a far intuire quanto sia colto e intellettuale Erofeev, un'impressione che ogni pagina del libro conferma con le nume¬ rose citazioni di scrittori e pensatori russi, tedeschi, francesi, italiani. Ma soprattutto le intenzioni autentiche dell'autore si palesano nel profondo valore simbolico di Mosca-sulla-vodka (intitolato in russo Moskva-Petuski) lungo monologo di un uomo dedito a tutte le possibili qualità di vodka come a certi infernali intrugli di cui ci fornisce meticolosamente le ricette. E questi profumi, lacche, vernici, shampoo, uniti all'alcool, oltre che accenno satirico ai costumi dei beoni incalliti, sono l'espressione di una volontà disperata di evadere. Il senso di futilità, la mancanza di uno scopo sia pure materiale traspaiono nelle peripezie del viaggio, in quella vana partenza al mattino per Petuski, dove il gelsomino fiorisce, gli uccelli cantano sempre, e dove abita la ragazza amata «tentatrice... ballata in la bemolle maggiore... fulva carogna... non donna ma sortilegio» dedita beninteso anche lei al bere. L'incontro non si realizza, perché lo svagato viaggiatore, che non ha mai lasciato il treno, torna indietro e la sera si ritrova al punto di partenza, davanti al Cremlino. Benché i risultati pratici siano sconcertanti, l'incessante monologo, i sogni durante il viaggio consentono un intenso sfogo insieme introspettivo e fantasioso. Innanzitutto, in guisa di leitmotiv, l'interpretazione in chiave morale dell'ubriachezza. « Trippa di cane », per esempio, il cocktail preferito dell'autore, è « una musica delle sfere celesti... Bevetela non appena appare la prima stella. Già dopo due bicchieri un uomo diventa così spiritualizzato, che ci si può fare da presso e per un'intera mezz'ora sputargli sul grugno da una distanza d'un metro e mezzo senza che lui ti dica niente ». L'allusione alla sofferenza subita con la tradizionale umiltà russa è integrata da un dialogo sui generis con Dio, concepito come guida dell'ubriaco. L'altra componente caratteristica è l'ironia, imparzialmente diretta contro tutto e tutti, dall'Italia turistica al¬ l'immagine convenzionale degli Stati Uniti, dove la gente si è abituata alla libertà al punto di non accorgersene più e dove « su ogni faccia si forma in un minuto tanta dignità quanta ne basterebbe a noi per tutto il nostro grande piano settennale ». Dipanando con malizia il suo groviglio di banalità e bizzarrerie, Erofeev, malgrado l'ostentato cinismo, riesce ad esprimere con singolare efficacia la tristezza di un mondo assurdo e di un'irrimediabile solitudine. Lia Wainstein
Persone citate: Cechov, Dostoevskij, Erofeev, Stalin, Trockij, Venedikt Erofeev
Luoghi citati: Italia, Mosca, Stati Uniti
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