Abiti che san di bosco

Abiti che san di bosco A Milano l'alta moda pronta Abiti che san di bosco (Nostro servizio particolare) Milano, 17 marzo. Tre giorni di sfilate del prètà-porter italiano d'alta moda sono bastati a farci individuare da quale punta della rosa dei venti spiri il coraggioso venticello dell'abito-messaggio della prossima stagione. Coprirsi, frapporre tra il gelo e il nostro corpo sovrapposti volumi piatti, e non enfatici, di lana garzata, di rustico tweed, di velluti a coste, è meno importante di quanto una casacchetta corta, cinturata o prolungata e aperta ai lati come una cotta da crociato, vuol significare, se portata su calzemaglie colorate, ai piedi stivali di vacchetta da Robin Hood. I richiami all'amore ecologico, nelle forme non più infagottate e stracciate, ma rigorosamente ampie, molli eppure sveltissime, colori che oscillano dal marrone al verde, dal paludoso, al boschivo, ai violacei delle bacche e dei pruni, si continuano con la sotterranea, e qua e là divertita, evocazione di fine millennio. Di fronte alla fine di Milano, predetta dalla vecchina l'altro mese, alla catastrofe del globo, fra morti oceani e lande avvelenate, la moda si ricorda di altri tremori fra dolcezze di menestrelli (rivisitati da Callaghan in grìgio nébbia, in polveroso color pastello, stivaletti a fisarmonica stringati, bisacce rotonde) e fughe in convento, di fanciulle chiuse e agili nel saio grigio piombo, con scarsella da elemosina, accuratamente imbrillantata, infilate in cornicioni lunghi da far diventare ultramini con una cintura ai fianchi. In quest'ottica bizzarra, semplificata, polemica e scanzonata, inequivocabilmente giovane, Enrica Sanlorenzo ha immesso il suo gusto degli ac- cordi di tessuto, jersey di lana in giochi dì tuniche, gonne plissé in modo inedito, intercambiabili magliette e leggerissimo velluto piuma, e dei toni, rosa e zafferano, marrone e viola, un magnifico verde da guerriglia boscosa. Poi quel suo colore notte, che è un blu da abat-jour, intinto d'indaco e lavanda, viola elettrico e antico De Pinedo, in cui sono realizzati gli abiti da sera, pantaloni e gonne con camicetta, punteggiati da cascatene di tulle ricamato. Lunghissimo e corto coesistono nei modelli di Enrica Sanlorenzo, in trasformazioni piacevoli, in un volo di cinture e di sciarpette, colorate in sintonia con i pungenti baschi di Maria Volpi: due pezzi a fiori spenti, con svelti boleri gilè, due gonne con maglietta e mantella fra bianco e fulvo e abitoni fluidi e molli, modulati da boleri in pelle con fiori stampati come quelli che rallegrano gli stivaloni. In un inverno così, libero e scherzoso, si parla poco di mantelli, di tailleur, di trenches e di redingotes: tutto può aver funzione di quegli indumenti tramontati: uno sciallone, un poncho, una camicia in lana soffice, stondata ai lati, una sciarpona, un giubbotto gigante, anche se Miguel Cruz alla sua prima collezione in proprio, dopo averne disegnate tante per i sarti di Roma e di Milano, è riuscito a darci qualcosa a mezzo fra casual e tradizione in belle tuniche su calzamaglia, che si vede e non si vede. Anche la moda in pellìccia si trasforma: se Irioné grazie a intarsi di cuoio e uso di peli cosiddetti poveri, bada al contenimento dei prezzi nei suoi blouson da menestrello freddoloso, Tivioli ancora una volta ha tirato fuori un miracolistico coniglio dalla tuba stanca della pellicceria, tormentata di tagli e incastri o lussuosamente intatta e ha creato i «plurals»: pellicce-guscio che possono assumere immagini diverse, divenire più ampie o più lunghe, grazie alta tecnica interna dei nastri che le arricciano. Lucia Sollazzo Un completo di Faliero Sarti in jersey di lana verde

Persone citate: Callaghan, De Pinedo, Enrica Sanlorenzo, Faliero Sarti, Lucia Sollazzo, Maria Volpi, Miguel Cruz, Robin Hood, Tivioli

Luoghi citati: Milano, Roma