La Mancinelli racconta: è difficile vivere e lavorare con Carmelo Bene di Mirella Appiotti
La Mancinelli racconta: è difficile vivere e lavorare con Carmelo Bene Incontro - confessione con la compagna dell'attore La Mancinelli racconta: è difficile vivere e lavorare con Carmelo Bene Carmelo non c'è, questa volta non gli è stato chiesto di venire a provocare. Alle sei di pomeriggio dorme, o tenta, nel suo letto d'albergo. Lydia Mancinelli ha fatto buio, come una nutrice antica, ed è scesa. «Se riposa due ore, si riprende; possiamo andare in teatro all'ultimo momento, siamo svelti a prepararci». Quindici anni fa, molto giovane e attrice già fine, ha piantato tutti per vegliare su questo brutto ragazzo scomodissimo che la ringrazia spiegando: «Le dico sempre che non la voglio, che è inutile perché a me sul palcoscenico serve un'infermiera non un'interprete». Battuta di cui lei ride, leggibile in direzioni opposte, come quasi tutto ciò che Bene fa o proclama con il suo fascino straziante da messaggero di tragedia classica la cui verità stanca, disturba, irrita e spesso si diventa sordi per non sentirla. «E' il dramma di Carmelo: non essere stato ascoltato a tempo, tanti anni fa. Oggi sente che forse è troppo tardi». Si parla soltanto di lui, è sottinteso perché «io sono una stella, ma lui è il sole». Più che mai corrucciato, sta lavorando allo spettacolo con cui inaugurerà a Parigi il Festival d'Automne 77: un Riccardo III probabilmente a due soli personaggi, ultimo anello (dopo Amleto e Romeo e Giulietta che si replica in questi giorni a Torino) della sua singolare trilogia scespiriana. «Spero sarà una svolta, anche di umori, di stati d'animo personali. Questo "Romeo e Giulietta" mi fa stare male, lo amo con sofferenza. Nel vaneggiamento e nell'agonia di Mercuzio assisto tutte le sere all'autodistruzione di Carmelo». Narciso egocentrico, non gli basta farsi da sé tutti gli spetta¬ coli, annullare ogni personaggio nel proprio e zittirlo facendolo parlare con la sua voce a ghigno o a singhiozzo. E' soddisfatto soltanto se oltre alla morte sua si accolla anche quella degli altri, suda, si lacera, si accorcia la vita, bisogna chiamare il medico al quale getta in faccia uno de gli storici motti «il destino del- o o o o ua la o e l'artista è di soffrire» mentre dagli occhi gonfi semichiusi parte, cupa, la consueta occhiata circolare. «Purtroppo Carmelo soffre sul serio. Questo rende difficile vivergli accanto. Capisce e conosce solo il teatro e solo il lavoro, d'inverno recita, d'estate l-1 scrive. Bisogna averne cura, trattarlo con attenzione. E' un sincero perciò continuamente esposto, ingenuamente genuino forse perché è così grande». Non per nulla dichiara «lo sono Shakespeare» e Lydia Mancinelli pensa che in fondo sia davvero cosi. «Carmelo tenta, a suo modo, di spiegare il senso della sua ricerca di questi ultimi tempi, la fatica di andare a ritrovare le origini e offrire al pubblico lo Shakespeare vero, prima delle manipolazioni di secoli, e soprattutto dell'SOO. Benché dica spesso che "la creazione non si pone il dilemma di essere capita", il suo problema è proprio questo: riuscire a comunicare». Facendo, al solito, ogni sforzo per mettere fuori strada gli interlocutori; dicendo agli spettatori che sono sadici, masochisti e stupidi, insultando i critici preso da furie omicide contro di loro, dichiarando: «Io sono una Signora» e volendo di rimando platee gremite, articoli affettuosi e che nessuno spettegoli sulle sue questioni di sesso. «Si comporta così perché si ama troppo poco e forse ha ragione quando dice che "il talento fa ciò che vuole, il genio fa ciò che può"». E per la sua compagna, che cosa fa? Le affida se stesso, naturalmente, ma anche i loro venti compagni di lavoro, la sopravvivenza di tutti e della «ditta» teatrale. Lydia Mancinelli che maternamente assiste e consola e squisitamente recita, deve anche amministrare con saggezza: fa bilanci e previsioni, prepara paghe e chiede sovvenzioni, ascolta i problemi di ciascuno e cerca di non andare troppo in deficit. E* un'attrice molto apprezzata: da Nostra Signora dei Turchi alla Salomé al Don Giovanni i suoi sono stati sempre ruoli determinanti e delicati che il partner le affida ben sapendo ciò che fa. Così è anche per il biondo Paride di Romeo e Giulietta emblematicamente assorto nella sua ambiguità sessuale. Però quasi nessuno le offre lavoro autonomo. «Sanno che difficilmente accetterei, anche se mi piacerebbe». Perché c'è Carmelo e non ci si può distrarre nella speranza che, un giorno, lui sia un po' più felice e la smetta «di sputare contro se stesso». Mirella Appiotti
Persone citate: Carmelo Bene Carmelo, Lydia Mancinelli, Mancinelli, Shakespeare, Turchi
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