La giustizia e la rabbia dell' «impiegato» Sordi

La giustizia e la rabbia dell' «impiegato» Sordi PRIME VISIONI SULLO SCHERMO La giustizia e la rabbia dell' «impiegato» Sordi Un borghese piccolo piccolo di Mario Monicelli, con Alberto Sordi, Shelley Winters, Romolo Valli. Italia, colori. Cinema Doria. In un appartamento affacciato sulla più truce periferia romana (disgregata? solidale? esplosiva?) abita l'impiegato di ministero Alberto Sordi con una moglie grassa, custode di antichi rituali (Shelley Winters) ed un figlio appena diplomato ragioniere. Il compito di Sordì è di accumulare pratiche di pensioni altrui, fra un cappuccino e un'adulazione al capoufficio, contemplatore della propria forfora (Valli). Adesso che tocca a lui la pensione, Sordi spera di far entrare al ministero, tra le maglie di un concorso, il figlio ragioniere: un Posto come il suo, ma un gradino più in su, con una garanzia gerarchica più forte. Che farà? Cercherà raccomandazioni, s'iscriverà alla massoneria per avere in anticipo, per solidarietà massonica, il tema del concorso d'esame. Tra grottesco e banalità, i meccanismi funzionano (notate la cerimonia d'affiliazione, dove tutti si ritrovano colleghi d'ufficio, due volte burocrati). Ma durante una rapina in banca, il mattino del concorso, il figlio di Sordi viene ucciso casualmente da un bandito che sta fuggendo. La moglie viene colpita, per il dolore, da una paralisi; Sordi sembra appena un poco più allucinato. Quando in questura riconosce l'assassino non lo denuncia, lo segue con la macchina, 10 stordisce, lo porta in una sua baracca di campagna, lo tortura fino a ucciderlo. Lo seppellisce, vede morire la moglie che ha assistito amorevolissimamente, va in pensione, passa la giornata ai giardini. Una volta un ragazzetto di borgata lo insulta; Sordi sale in macchina e lo segue piano piano col suo occhio terribilmente normale, curioso, ferito e insaziabile. Che cerca ancora? Vendetta, sopraffazione, continuità, duna tenace rabbia»? Come ha detto Calvino del romanzo di Cerami da cui il film è tratto, «anche i fatti romanzeschi, appena successi, vengono inghiottiti dalla sorda, vischiosa continuità dell'esistere». Monicelli ha cercato di tenere la parabola in questo fondo melmoso di normalità e vi è riuscito, con qualche disuguaglianza, giungendo a pagine di assoluta intensità, rabbia, commozione. Non è una storia di giustizieri privati, ma «di vittime e di mostri» nello stesso tempo. Sordi offre una prova eccellente. Il borghese piccolo piccolo' è il risultato di tanti suoi personaggi, un momento problematico della storia italiana. Si tratta, come dice Calvino, dell'indagine su un mondo «in cui un processo di omogeneizzazione sociale e culturale si compie in un deserto di valori», oppure si tratta proprio di un'indagine, grottesca e coerente, sui valori, su certi valori, forse sugli unici che hanno avuto peso in Italia? E la parabola travolge o integra, salva questi valori? E che c'è dietro? Il fascismo, l'ordine, le radici contadine? 11 film con la sua intensità, perfino con la propria incertezza può aprire un utile dibattito col pubblico, come l'ha già aperto tra sociologi. s. r. Mister miliardo di Jonathan Kaplan con Terence Hill, Valerle Perrine, Jackie Gleason, Slim Pickens. Americano a colori. Cinema Lux. (p. per.) Questo Mister miliardo costituisce la risposta in versione americana di Terence Hill alle prodezze combinate in perfetta solitudine dal suo amicone Bud Spencer. Hill, il nostro signor Girotti, a dire il vero sembra piuttosto stanco di recitare parti indiavolate. Tuttavia, per il fascino da simpaticone e per la buona preparazione professionale, riesce ad inserirsi con decoro in una cornice e in una storia tipicamente hollywoodiane. Al nostro eroe, umile meccanico che a Monteporzio Catone sogna di imitare per l'ardire John Wayne e per la spericolatezza Steve McQueen, tocca per buona sorte un'eredità da un milione di dollari. Partire subito per gli Stati Uniti dov'è morto il classico zio, diventa un'ossessione. Anche perché esiste una scadenza che, se non verrà rispettata, toglierà fin l'ultimo dollaro a Terence Hill. Naturalmente non mancano disinvolti uomini d'affari, i quali moltiplicano trucchi e bravate per mandare in panne il loro «nemico» e prenderne il posto alla testa della multinazionale dello zio. Il film diretto con mestiere e senza fantasia da Jonathan Kaplan ha qualche impennata nei venti minuti finali. Il protagonista, in sequenze acrobatiche nel Gran Canyon, sfoggia doti di equilibrio e di coraggio; bloccato nella metropoli dalla mancanza d'un mezzo proprio, imiterà poi Buster Keaton e Harold Lloyd nel prendere e lasciare auto, traghetti, tram, biciclette. All'atteso lieto fine si arriva senza che venga mai meno la considerazione per i partners di Terence Hill: Valerie Perrine, già premiata per l'interpretazione al festival di Cannes e Jackie Gleason, un antagonista molle e losco. Alberto Sordi

Luoghi citati: Cannes, Cerami, Italia, Monteporzio Catone, Stati Uniti