Accuse "Basta di Mosca ai comunismi diversi con simili fantasie: sono miti" di Livio Zanotti

Accuse "Basta di Mosca ai comunismi diversi con simili fantasie: sono miti" Un articolo del filosofo Sobolev sull'Internazionalismo proletario Accuse "Basta di Mosca ai comunismi diversi con simili fantasie: sono miti" (Dal nostro corrispondente) Mosca, 15 marzo. Per la terza volta in pochi giorni, la grande stampa discute dell'internazionalismo proletario, in un crescendo che scandisce il progressivo precisarsi del punto di vista sovietico e ne accentua la polemica verso i teorici del «policentrismo ideologico». Questa volta è il filosofo A. Sobolev a scriverne sulla rivista Tempi Nuovi e lo fa per affrontare esplicitamente il significato di Berlino. Taglia corto con le disquisizioni nominalistiche, dice che poco conta se il documento della conferenza contiene oppure no il termine in questione: lo spirito e la lettera lo riaffermano come un imperativo per tutte le forze rivoluzionarie e liberatrici. Sobolev interviene avvertendo che vuole aggiungere la sua opinione alle molte altre già espresse, non dire l'ultima parola. Ma, detto che le diverse nozioni presuntamente innovatrici del concetto di internazionalismo proletario non appaiono convincenti, pone perfino in discussione l'utilità di continuare a discuterne. «Porse l'esasperazione artificiosa di tale questione potrà essere di utilità al consolidamento delle forze rivoluzionarie e progressiste nel mondo», si domanda, lasciando intuire quale sia la risposta che egli dà a se stesso. E all'altrui verbalismo contrappone i fatti, la loro lezione. A suo avviso, invece, in alcune pubblicazioni l'attenzione non è neppure rivolta alla ricerca effettiva delle forme della solidarietà e dell'aiuto reciproci in campo internazionale, bensì al loro contrario. Viene posto l'accento sulle contraddizioni. Ciò che non concorda con il vero spirito di Berlino, poiché indebolisce la solidarietà internazionale. «Viene espressa l'opinione che « l'internazionalismo proletario" nato nel contesto sociale del secolo scorso e nel periodo della rivoluzione d'Ottobre e della costruzione del socialismo in un Paese solo è ormai antiquato e non rappresenta più l'arma dell'azione rivoluzionaria della classe operaia contemporanea. Viene posto il problema di una concezione nuova dell' " internazionalismo proletario"». Replica Sobolev: «Se fosse realistico credere che le tesi dell'internazionalismo concepite da Marx, Engels e Lenin non rispondono più alle con- dizioni del progresso sociale, se cioè le teorie e la pratica offrissero forme nuove e di maggior efficacia della solidarietà internazionale, allora nessuno muoverebbe obiezioni. In tal caso queste sarebbero solo un riflesso e una manifestazione tra le più pericolose del dogmatismo. Ma dall'analisi più profonda risulta che nessuno dimostra seriamente l'obsolescenza dell'internazionalismo rispetto alla nuova realtà storica. Ne sono stati proposti criteri migliori per la soluzione dei problemi fondamentali del secolo». «Alcuni ideologi suggeriscono soluzioni dei problemi internazionali, solo osservandoli dal punto di vista di un rapido raggiungimento degli obiettivi nazionali. Tutta la storia del nostro secolo dimostra che senza la solidarietà delle forze rivoluzionarie, senza l'attenzione concentrata sull'antagonismo in scala mondiale tra socialismo e capitalismo, è impossibile trionfare sugli sfruttatori nel proprio Paese, né assicurare la j costruzione del socialismo», I Aiutandosi con la citazione I del Lenin del 1917, Sobolev riafferma la necessità di non ammodernare il concetto di internazionalismo proletario per non terminare nelle schiere dei revisionisti e degli sciovinisti. Il filosofo vuole poi rassicurare quanti temono che dietro a tanto rigore terminologico si nasconda l'intenzione di creare un centro di controllo del movimento internazionale: «Basta con simili fantasie». Breznev, ricorda, ha già chiarito certi pensieri al Venticinquesimo Congresso. Non vale tornarci sopra. Né ha ragione supporre che l'uso insistente del termine così come lo difendono i sovietici sia una propaganda occulta di un disegno egemonico dell'uno o dell'altro partito, dei grandi sui piccoli. «Sono miti», spiega Sobolev. Il quale dichiara però che bisogna privilegiare il rafforzamento del «socialismo reale», che vuol dire quello che esiste (e sta al potere). Livio Zanotti

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