L'Olp intransigente per salvare il movimento dei palestinesi? di Igor Man

L'Olp intransigente per salvare il movimento dei palestinesi? Come interpretare il discorso di Kaddumi a Forlani L'Olp intransigente per salvare il movimento dei palestinesi? (Dal nostro inviato speciale) Il Cairo, 14 marzo. L'agenzia di stampa palestinese Wafa dà rilievo all'incontro di ieri, all'ambasciata d'Italia al Cairo, tra il nostro ministro degli Esteri, Forlani, e il capo del dipartimento politico dell'Olp, Faruk Kaddumi, una delle personalità più di spicco dell'organizzazione. L'incontro, il primo fra un ministro degli Esteri italiano e un capo palestinese, è durato cinquanta minuti. Kaddumi ha confermato a Forlani che l'Olp «non intende affatto modificare la sua carta di azione nazionale» (niente abrogazione dunque, del famoso paragrafo 3 che in pratica postula la scomparsa dello Stato di Israele). Kaddumi ha aggiunto che l'obiettivo della «lotta rivoluzionaria palestinese» rimane la formazione di uno Stato sul primo lembo di Palestina liberata, in attesa di recuperare «l'intera patria palestinese». Ma se venisse creato un piccolo Stato palestinese, i fedayn cesserebbero le ostilità contro Israele? Secondo Kaddumi, dopo la creazione di uno Stato palestinese non potrà non esserci pace. Si potranno trovare altre vie che non la lotta armata per recuperare i diritti dei palestinesi: «Dobbiamo cogliere ogni opportunità. Dovremo essere flessibili per poter raggiungere la pace ». (Dobbiamo precisare, per correttezza, che le dichiarazioni di Kaddumi ci sono state riferite da fonte palestinese). Il Consiglio nazionale (parlamento) palestinese non modificherà dunque la «carta». E questo per evitare fratture in seno al movimento. Però, come ci ha dichiarato Mahmoud Labadie, portavoce ufficiale della conferenza, non sono escluse «modifiche terminologiche». I palestinesi sanno bene che non è con esercitazioni semantiche che si può pensare di tranquillizzare Israele, ma quel che loro sembra interessare in questo momento è di «non sabotare l'azione diplomatica svolta dai paesi arabi». La surenchère serve a salvare non solo la faccia, ma l'unità del movimento, visto che il «Fronte del rifiuto» ha detto di esser pronto ad abbandonare l'Olp «se vi saranno cedimenti nei riguardi di Isarele». Insomma, ancora una volta, bisognerà distinguere tra l'apparenza e la realtà. E la realtà è che i palestinesi, come afferma Labadie, «sono pronti a discutere del riconoscimento di Israele se Israele riconoscerà lo Stato palestinese, quando sarà creato, e la legittimità dell'Olp. Tutto questo, beninteso, dopo che gli israeliani avranno sgomberato i territori occupati». Ma quali territori: quelli occupati nel '67 o quelli occupati nel 1948? A codesta domanda, il portavoce oppone un sorriso indecifrabile, rifiutandosi di pronunciar motto. Questo silenzio sembra significativo e starebbe a dimostrare, — è il giudizio degli osservatori arabi — «moderazione e realismo». La verità è che, a parte il verbalismo oltranzista che assorda l'aula dove i delegati si riuniscono, una sorta di happening invero drammatico, i palestinesi vogliono riproporre l'immagine di un popolo perseguitato, costretto a fare la guerra perché Israele non vuole la pace. In questo senso alcune dichiarazioni di Arafat al TG2 appaiono sintomatiche. Quali sono le prospettive di soluzione della crisi del Medio Oriente? — gli vien chiesto —, ci sono possibilità che i palestinesi vadano a Ginevra? «Prospettive di soluzione? E' molto importante tener conto di ciò che dichiarano gli israeliani, in particolare gli esponenti del partito Mapai. Dicono ai palesti- nesi, no allo Stato, no alla partecipazione a una conferenza della pace cui fossero presentì i palestinesi. Ciò significa che hanno chiuso tutte le porte alla possibile soluzione pacifica della crisi. Noi invece riteniamo — non solo come palestinesi ma come arabi — che nessuna soluzione indolore può esser raggiunta senza i palestinesi ». Per i palestinesi, in sostanza, tocca a Israele la prima mossa. Ma Israele elenca mille ragioni per non aver nulla a che fare con una «banda di terroristi», come definisce l'Olp. E allora? Questi osservatori, non senza saggezza, stimano che occorre dar tem¬ po al tempo. Lo stesso Rabin, del resto, ha dichiarato a Washington che non si opporrà a che in seno alla delegazione giordana alla conferenza di Ginevra, ci siano «dei palestinesi». Se l'Olp accetterà il compromesso, un passo importante sarà compiuto in direzione della pace. I Paesi arabi, primo fra tutti l'Arabia Saudita (tesoriere dell'Olp) vogliono che la conferenza di Ginevra abbia luogo «entro l'anno». Sembra difficile pensare che i palestinesi — dopo la mazzata subita in Libano — possano pretendere di modificare la strategia politica dei loro potenti «fratelli». Igor Man