Soltanto carnefici di Luciano Curino

Soltanto carnefici Soltanto carnefici L'uccisione del brigadiere Giuseppe Ciotta va chiamata con il suo vero nome: esecuzione. Molte volte in queste pagine, per rispondere a voci esasperate o isteriche, abbiamo scritto contro la pena di morte. Ma eccoci adesso a dover scrivere la cronaca di una esecuzione capitale. Ricordiamo I tanti anni di mestiere, e non troviamo un'altra giornata fosca e paurosa come questa. E' lecito avere paura, perché ci accorgiamo che siamo in basso, non si può scendere oltre, a meno che non si accetti la legge dell'arbitrio e dell'abuso. Si dirà: non è il primo caso, altri poliziotti e perfino alti magistrati sono stati uccisi mentre andavano al lavoro o ne tornavano, e anche quelle sono state esecuzioni capitali. E' vero: è accaduto a Milano, a Roma, a Genova. Mai però a Torino. In questi anni anche a Torino, come nelle altre città, la violenza ha marciato con mostruosi passi. Attentati neri e scorrerle di extraparlamentari. Rapimenti politici e trame golpiste. Nelle piazze, furore e teppismo. Pestaggi, anche, e bottiglie incendiarie e auto bruciate e vetrine infrante. Sui muri ì graffiti della protesta, ma anche quelli dell'odio. La violenza che ha attaccato II Paese come una diossina morale, non ha certo risparmiato Torino. Fino a ieri, però, la città non era stata toccata dalla peggiore forma della violenza: l'assassinio premeditato da criminali fanatici ed eseguito a freddo da un carnefice. E questo, forse per un caso, forse per fortuna. Oppure, ed è più probabile, per il carattere della sua gente, per la lunga tradizione operala, per una classe di lavoratori responsabili e attenti alle provocazioni. Era superbia pensare di essere immani dal crimine peggiore? 0 era un'illusione? Forse era soltanto una speranza ed è finita ieri con l'esecuzione di un giovane sottufficiale di polizia. Sul volto dell'ucciso è rimasta un'espressione di stupore. Nella sua vecchia utilitaria, mentre Infila la chiave dell'accensione, con la moglie sul balcone che lo guarda partire, con la gente che esco dai portoni per andare anch'essa al lavoro: ecco, in un momento come questo, un uomo non può pensare che lo sconosciuto apparsogli all'improvviso stia per ammazzarlo. Quello spara, la vittima non ha tempo di capire. Cosi muore con un'espressione di stupore, non di paura. La paura prende la città quando la notizia dell'esecuzione corre veloce. Paura e angoscia perché la maledetta violenza ha fatto un altro mostruoso passo e la gente si chiede dove arriverà. La notte la città chiude gli uomini nelle sue centomila fortezze. Ognuno si chiede: non finirà mai? Ognuno pensa che un uomo è stato condannato a morte e la sentenza è stata eseguita. Ma da chi? Condannato perché? Bisognava «pareggiare il conto» con lo studente ucciso a Bologna? Chi sono i giudici, chi il carnefice? Gli ignoti assassini si definiscono ■ brigate combattenti». Chiunque siano, non è vero: non sappiamo chi è questa gente, comunque non può definirsi • combattente». Un boia non è un combattente. L'angoscia cresce, si sente insistente una domanda che ha tono disperato: ma non c'è rimedio? L'anno scorso il socialista Paolo Grassi, ad un giornalista che lo aveva Intervistato, e che politicamente stava sulla sponda opposta, scrisse un biglietto per aggiungere ancora un suo pensiero dopo quanto detto nell'intervista. Diceva: 'Caro Amico, come ritengo lei abbia già capito, non ho mal voluto né saputo dividere II mondo In cattolici e marxisti o In altri schemi di comodo. Ma soltanto In galantuomini e disonesti. In persone sensibili e in egoisti, in Intellettuali e cretini... Arrivederci, dunque, per continuare nel tempo un rapporto umano-. Ecco: il rimedio c'è. E' la volontà di tutti che manca. Luciano Curino

Persone citate: Giuseppe Ciotta, Paolo Grassi

Luoghi citati: Bologna, Genova, Milano, Roma, Torino