Il sindaco pei: "Da mesi si tenta di portare qui la provocazione,, di Francesco Santini

Il sindaco pei: "Da mesi si tenta di portare qui la provocazione,, Il sindaco pei: "Da mesi si tenta di portare qui la provocazione,, (Dal nostro inviato speciale) Bologna, 12 marzo. Il sindaco comunista dì Bologna, Renato Zangheri, lancia accuse gravissime, di provocazione. Bologna è l'epicentro della protesta studentesca e c'è il sospetto che ciò avvenga con un obiettivo preciso: dimostrare che il pei e le sinistre, che guidano la città da trent'anni, non sanno governare. «C'è il tentativo — ha detto Zangheri — di portare a Bologna la provocazione. E' un'operazione che va avanti da qualche mese, troppe sono le coincidenze». Nel silenzio della sala della giunta, riservata ad una conferenza stampa affollatissima, Zangheri scandisce le sue accuse. Chiama in causa il rettore dell'Università, il questore, il prefetto. E' un castello sottile, sfumato, che lascia l'uditorio perplesso. Infine il sospetto più grave: Francesco Lorusso è caduto quando la città era sguarnita, quando le forze di polizia a Bologna erano ridottissime, inviate nel resto del Paese per arginare le tensioni di Firenze e di Roma. Un passaggio rapido sulla presenza di agenti provocato ri, c'è un attimo di smarrimento. Qualcuno domanda dove si annidano e il sindaco risponde: «Chiedetelo alla polizia». Un collega dal fondo vuole sapere: «Abbiamo agenti provocatori con le stellette?». Zangheri è elusivo, non scioglie il dubbio: «Ci sono agenti di tutte le risme, con una, due e tre facce, lo insegna la storia». Poi le sue accuse sono per il rettore. Non pronuncia il nome del professor Rizzoli, ma non ci sono dubbi che si rivolga a lui. «Riteniamo che sia stato commesso un grosso errore — dice — da parte di chi ha sollecitato l'intervento della polizia nell'università». Qualcuno chiede chiarimenti. Zangheri aggiunge: «Abbiamo qualche cosa in più: inquietanti interrogativi ci turbano». Il sindaco è tagliente e inafferrabile: accusa gli organi dello Stato di aver mostrato ieri il proprio scollamento. Poi alcuni interrogativi: «E' stato un errore o una provocazione chiamare la polizia?», si è domandato Zangheri, per subito aggiungere: «E' stato usato in questi mesi, a Bologna, un doppio metro: le forze dell'ordine non sono intervenute quando gli autoriduttori saccheggiavano i negozi e i ristoranti, mentre si va all'Università, con un pugno di uomini quando le versioni sono ancora incerte, quando andare comunque con pochi uomini vuol dire trovarsi, necessariamente, in condizioni difficili». La conferenza stampa continua in forma di fredda ufficialità, rotta soltanto nella sua tensione, da un paio di camerieri che arrivano con gli aperitivi. Zangheri sembra sempre più inafferrabile. Chi lo vuole stringere in un contraddittorio piii serrato, non riesce. Non ha voluto parlare, ma nulla di più, almeno in questo dissidio ormai lacerante che divide Palazzo d'Accursio dal rettorato, dalla questura, dalla prefettura. Il sindaco ha voluto incontrare i giornalisti: in piazza, aveva taciuto, ma così ha preteso la liturgia di un appuntamento promosso dai sindacati, in un incontro inconsueto. Nessun palco. Soltanto un piccolo camion, blu come il cielo. Piazza Maggiore è inondata dal sole, una Bologna d'altri tempi, con tutto lo stato maggiore del pei emiliano, stretto nel cassone, ancora sporco di cemento. Nella ca- bina di guida, l'autista della Coop-Edilter, che ha dato l'automezzo per l'emergenza. C'è Guido Fanti, che affonda i pugni nel loden verde, e Renato Zangheri che sì stringe al collo la sciarpetta rossa. Accanto c'è Imbeni, che è il segretario di Bologna e, poco più indietro, Gaietti che è il presidente della lega rossa. Tacciono pensierosi. Ondeggiano i cordoni poderosi del servizio d'ordine del partito sotto la spinta degli autonomi che premono dal pavaglione per conquistare la piazza. Il pei tace ma è presente. Parlano i sindacalisti di Bologna e tra i ventimila, accalcati tra San Petronio e il palazzo di Re Enzo, le parole si perdono. C'è il corteo degli autonomi che ha lasciato via Rizzoli e preme su Piazza Maggiore. «Andreotti e Berlinguer, boia tutti e due», scandiscono e coprono la voce di Naldi, che è il segretario della Cisl, e chiede: «Voghamo sia fatta luce al più presto». Il corteo avanza. I servizi d'ordine del pei serrano i ranghi. La consegna è precisa: «Nessuno deve passare, nessuno». E allora non passa neppure il giovane funzionario del psi che mostra un tagliando: c'è scrìtto «Organizzazione». «Sono io che ho dato questo ordine — ripete — ma io posso passare». Niente da fare. «La giunta è rossa del sangue di Francesco», gridano adesso gli autonomi e si coprono il volto con i fazzoletti. «La lotta operaia si fa con gli operai», replicano i militanti del pei, e coprono con i toni di uomini già maturi gli slogan gridati dagli autonomi che sono sotto i vent'anni. C'è un momento di tensione. Al microfono c'è il segretario della UH, Franchi, che si mostra durissimo: «... Sono episodi che si possono coprire con qualsiasi etichetta ma le azioni di questi teppisti dal volto mascherato, ci ricordano lo squadrismo fascista». «Come mai, come mai, loro sparano e noi mai?», replicano gli ultras e tendono l'indice e il pollice verso l'alto. «D'ora in poi, d'ora in poi, spareremo pure noi», e continuano così mentre dal camion, a distinguere le posizioni nel movimento degli studenti c'è il segretario della Camera del lavoro, Sighinolfi. Individua tre atteggiamenti, separa i provocatori dal movimento degli studenti e infine una fascia più ampia di universitari, «che prova disagio, in questa situazione d'incertezza». La manifestazione si conclude in meno di un'ora. Lo stato maggiore del pei lascia il cassone del camion. Il sindaco di Bologna non ha par¬ lato. «L'organizzazione è dei sindacati — dice Rovinetti, capo di gabinetto a Palazzo D'Accursio —, il sindaco convoca una conferenza stampa». In piazza la folla resta ancora a lungo e tra gli autonomi serpeggia un'unica parola d'ordine: «A oggi pomeriggio». Un appuntamento sinistro che scocca alle 17 in punto con il «Cantunzein» dato alle fiamme, in piazza Verdi, nel cuore del quartiere universitario. I vìgili del fuoco sono bloccati dai dimostranti. Da Padova arriva a Bologna il secondo reparto celere. La città conosce le sue ore più buie, le barricate si alzano, ricomincia il fumo dei lacrimogeni. Francesco Santini