La morte di Lorusso Inchiesta del giudice di Piero Cerati

La morte di Lorusso Inchiesta del giudice La morte di Lorusso Inchiesta del giudice Versione ufficiale della questura - Un carabiniere si è costituito (Dal nostro inviato speciale) Bologna, 12 marzo. Centinaia di giovani, per lo più aderenti a « Lotta Continua», sono sfilati per via Mascarello, ove ieri lo studente Pier Francesco Lorusso è stato ucciso durante gli scontri con reparti di polizia e carabinieri. Nel punto dove il giovane è caduto sono stati stesi due striscioni, che accusano le forze dell'ordine; sotto è una foto di Pier Francesco, adorna di mazzi di garofani rossi. Poco più in là, verso via Irnerio, quattro scalfitture sul muro d'una casa sono state cerchiate con il gesso. Un biglietto dice: «Qui è stato ucciso un partigiano». I giovani di «Lotta continua» sono sfilati in silenzio, alcuni con le lacrime agli occhi. Ogni tanto si udiva uno slogan contro i carabinieri, accusati di avere ucciso il giovane laureando in medicina. Sugli episodi di ieri vi è ora la versione ufficiale della Questura: essa però non fa luce su chi abbia sparato, se un carabiniere semplice o un ufficiale. Di certo vi sono due fatti: un giovane militare in servizio ausiliario (cioè di leva) nel battaglione mobile si è presentato ieri sera al magistrato inquirente Ricciotti, dicendo di avere sparato con la carabina a ripetizione Winchester in dotazione. Sparato, ma non ucciso. Anzi, sembra che il giovane abbia spiegato di avere indirizzato il tiro verso l'alto: il suo camion aveva preso fuoco, centrato da alcune bottiglie incendiarie, egli preso dalla paura, inesperto (da appena sei mesi in servizio), ha sparato. I bossoli di carabina (una calibro 7,62 Nato) trovati vicino al luogo dove il Lorusso è stato ucciso proverebbero questa circostanza. Ma allora, chi ha sparato ad altezza d'uomo, raggiungendo in pieno petto la giovane vittima? Impossibile su questo punto avere versioni ufficiali. Alcuni dipendenti della libreria Zanichelli, in via Irnerio, dicono di avere visto un uomo in divisa scendere da un autocarro, correre sparare, poi fermarsi dietro una vettura, appoggiare la pistola sul tettuccio e fare fuoco (non hanno però visto cadere il Lorusso). Se cosi fosse, il giovane di «Lotta continua» dovrebbe essere stato ucciso da una pallottola di rivoltella, calibro 9: a questo punto soltanto la perizia necroscopica può accertare la verità, o almeno si spera, perché il proiettile ha trapassato il corpo della vittima, perdendosi. L'autopsia è stata compiuta oggi, ma su di essa vige il segreto - istruttorio. Ma è poi vero che il Lorusso sia stato colpito al petto? «Lotta continua» e gli avvocati del Collettivo politico-giuridico (sinistra extraparlamentare) sostengono che è stato colpito alla schiena, mentre si allontanava dal luogo degli scontri: questa tesi è stata confermata anche oggi. Ma vediamo la versione ufficiale degli incidenti. Ieri alle 11,30 giunge al questore Gennaro Palma una telefonata del rettore: «Mi avvertiva — spiega Palma — che era in atto una grave situazione durante una assemblea del movimento cattolico Comunione e Liberazione alla facoltà di Anatomia, di cui la questura nulla sapeva, ma che era stata autorizzata dal preside. Il rettore mi diceva che gruppi di autonomi avevano assediato i giovani di Comunione e Liberazione in un'aula, mi chiedeva di intervenire altrimenti sarebbe accaduto un pestaggio, e aggiungeva: già sono armati». Dopo due minuti telefonava al dottor Palma il prefetto: «Mi ha chiamato il rettore, dicendo che sta per avvenire un grosso scontro tra studenti, che bisogna intervenire subito». Trascorrono altri minuti e uno studente telefona al vicequestore Jovine: «Venite all'istituto di Anatomia o ci sarà un massacro. Mandate anche una ambulanza»; poi, per dare maggiore credibilità alle sue parole, fa parlare il direttore dell'istituto, professor Cattaneo. Il questore decide di intervenire: vengono inviati dieci carabinieri e dieci poliziotti. Con quanti ufficiali? I carabinieri dicono di avere mandato soltanto un capitano, la polizia non precisa il numero di funzionari. Venti uomini giungono all'istituto di Anatomia: perché un numero cosi esiguo se gli incidenti erano descritti per telefono in modo grave? «Bologna in questi giorni era sguarnita di forze dell'ordine — dice il questore — non avevamo un numero di uomini sufficiente per far fronte a una eventuale, peraltro imprevedibile, necessità di grosso intervento. Molti agenti e carabinieri erano stati inviati a Firenze e a Roma». All'istituto, i giovani di «Comunione e liberazione» sono assediati dagli autonomi, tre sono feriti: gli agenti scavalcano un cancello, fanno sgomberare l'edificio. Non avvengono incidenti. Dalla questura arriva allora l'ordine di ritirarsi immediatamente. La colonna di automezzi si mette in moto, fa una manovra di conversione: in questo momento — sempre secondo la versione della polizia — parte dagli studenti un lancio di pietre, poi di bottiglie incendiarie. Un camion prende fuoco: l'autista scende e spara con la carabina. La colonna si muove, rientra in sede. «Soltanto più tardi abbiamo saputo che era morto uno studente», dice il vicequestore Jovine. Pier Francesco Lorusso è a terra, un'ambulanza lo porta al Sant'Orsola. E' morto. Il referto medico dice che è stato colpito al petto, il proiettile gli è uscito dalla schiena. «Nella tasca del giubbotto aveva un cubetto di porfido», dice il dottor Jovine e precisa che le forze di polizia non avevano attuato alcuna carica prima del lancio delle bottiglie molotov. Ma perché il militare ha sparato? Ha perso la testa o ha reagito con sproporzione ai fatti o si sentiva in pericolo? «Era solo su un mezzo incendiato», risponde il questore. La tesi fatta trasparire è che il militare abbia reagito a colpi di carabina perché vittima della sua inesperienza. Ma ha confessato di avere sparato, non di avere ucciso. Dopo la morte di Lorusso, gli studenti hanno assaltato il commissariato Due Torri, la sede de, là stazione ferroviaria. Secondo la questura hanno fatto uso di armi da fuoco di calibro differenti, dal 9 lungo al 22: «Sono state trovate decine di bossoli — spiega Jovine —, abbiamo arrestato 44 persone». Il questore Palma smentisce poi di avere dato ordine di sparare. «Siamo intervenuti all'istituto di Anatomia — dice — su richiesta del rettore perché dovevamo soccorrere gente in pericolo: se non l'avessimo fatto, saremmo stati acculati di omissione di atti d'ufficio, avremmo potuto trovarci di fronte ad un'aggressione gravissima, a dei feriti, magari a dei morti». Dubbi, polemiche attorno alla salma di Pier Francesco Lorusso, che i parenti non hanno ancora potuto vedere, costretti dalle formalità burocratiche. Attivo politicamente e civilmente, Lorusso era uno studente modello: lo dimostrano gli ottimi voti. A giugno avrebbe dovuto laurearsi in Medicina. L'intensa attività non gli impediva però di lavorare presso un negozio di confezioni in via Rizzoli a Bologna. Era contrario a ogni violenza, ripetono oggi gli amici, era un attivista, un aderente di «Lotta continua», e aveva sempre svolto la sua opera tra gli operai di Casalecchio del Reno. La famiglia era giunta anni or sono dal Sud, ed è una di quelle tante famiglie borghesi che a Bologna si sono integrate, grazie a un tessuto sociale che è stato stabilito da trent'anni a questa parte. Piero Cerati

Luoghi citati: Bologna, Casalecchio, Firenze, Roma, Sant'orsola