Protestano a Vercelli i lavoratori del Nord
Protestano a Vercelli i lavoratori del Nord Montefibre: 5000 posti in meno Protestano a Vercelli i lavoratori del Nord Comizio in piazza Municipio - Delegazioni del Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli - Ieri 4 ore di sciopero dei chimici (Dal nostro inviato speciale) Vercelli, 11 marzo. Nelle segrete carte della Montedison, il fascicolo Montef ibre (attività chimiche e tessili) fa capitolo a parte. I dirigenti hanno tracciato sui numerosi fogli dei vistosi segni rossi. Ogni segno corrisponde ad un taglio di posti di lavoro nei vari stabilimenti, via mille operai da qui, via ottocento di là, esuberanza di cinquecento in una parte, fuori trecento dall'altra. Complessivamente i lavoratori da espellere alla Montefibre di Vercelli, Pallanza, Porto Slargherà, Ivrea, al Vallesusa di Rivarolo, Lanzo, Collegno (citiamo solo i principali stabilimenti) dovrebbero essere cinquemila. Ma il numero è approssimativo, varia di volta in volta a seconda degli umori del colosso di Foro Borniparte. Il suo presidente, Eugenio Cefis, e il braccio destro Alberto Grandi, hanno spiegato a più riprese al governo, ai sindacati, alle forze politiche le ragioni: la Montefibre così com'è strutturata non ha avvenire, produce debiti. £ ancora: la Montedison è stanca di tirar fuori miliardi per la Montefibre, o si accetta il taglio di cinquemila persone negli organici, oppure i libri finiscono in Tribunale. Prendere o lasciare. Un discorso simile era stato fatto due anni orsono dagli stessi dirigenti. I sindacati, anche allora non lo accettarono, si parlò di «ricatto inammissìbile per un'azienda a capitale in parte pubblico». Vi furono lotte, scioperi, manifestazioni. Poi l'accordo del gennaio '76: la Montedison si impegnava a ristrutturare gli stabilimenti Montefibre ed il personale in eccedenza sarebbe stato occupato in aziende da crearsi ex novo, le famose «trentatré botteghe» come furono subito battezzate dai sindacati. Ma a distanza di oltre un anno, delle trentatré botteghe i lavoratori hanno visto ben poco. Nelle ultime settimane è invece emersa la novità. La Montedison ha detto a chiare lettere: «Non possiamo mantenere gli impegni, 5000 dipendenti devono saltare a meno che il governo non ci dia i miliardi che chiediamo». In sostanza, richiesta di soldi in cambio di posti di lavoro. Ecco in sintesi il quadro della vertenza MontedisonMontefibre che si presenta davanti ai dipendenti e alle loro organizzazioni sindacali Che cosa fare? La prima risposta è stato lo sciopero di quattro ore oggi pomeriggio dei chimici e la manifestazione di protesta indetta a Vercelli dove sono confluite delegazioni di lavoratori Montefibre e Vallesusa del Piemonte, Lombardia, Veneto e Friuli con folta rappresentanza di sindaci, amministratori, associazioni di categoria. Perché a Vercelli? La frase di un operaio («Smantellare lo stabilimento Montefibre significa per Vercelli quello che può rappresentare la chiusura della Fiat per Torino») sintetizza le dimensioni del problema e la scelta della città come momento di incontro. Se a Foro Bonaparte dopo le alterne vicende ai vertici, il barometro segna bufera, quello di Vercelli registrato oggi, durante la manifestazione, indica rabbia e volontà di non gettare la spugna. Vi ha partecipato oltre un migliaio di persone, partite dallo stabilimento Montefibre e sfilate per le vie del centro fino a raggiungere la piazza davanti al municipio per il comizio. Nell'occasione commercianti ed artigiani hanno interrotto l'attività, sulle saracinesche abbassate dei negozi era stato affisso un cartello: «Chiuso per solidarietà ai lavoratori in lotta della Montefibre». Quante manifestazioni analoghe e sempre per solidarietà ai lavoratori della Montefibre hanno visto i vercellesi negli ultimi anni? Decine, certamente, e sempre per gli stessi motivi. Risultati, quelli che si conoscono. Le cause l'hanno chiaramente enunciate sia il sindaco di Vercelli, Ennio Bajardi, sia il segretario nazionale dei chimici, Cipriani e quello provinciale dei tessili, Gallotti. A monte delle varie decisioni di Cefis — hanno spiegato — c'è il nodo politico da sciogliere. Se la Montedison cioè è anche a capitale pubblico, sia il governo a dire l'ultima parola su investimenti, occupazione, politica industriale del colosso chimico. Sia il governo a definire l'assetto proprietario della società, premessa indispensabile per un effettivo controllo sulla gestione della stessa. Relazioni quelle dei tre, generose di analisi, di esortazioni e di proposte concrete. Queste ultime si possono così sintetizzare: 1) salvaguardia assoluta dei posti di lavoro attuali secondo l'accordo Montedison - Sindacati del gennaio '76 garantito dal governo; 2) nessun finanziamento pubblico alla Montedison se la stessa non si impegna ad assorbire nelle attività sostitutive promesse il personale uscito dalla Montefibre; 3) definizione dell'assetto proprietario della Montedison nell'ambito delle partecipazioni statali riformate; 4) la legge di riconversione industriale se deve giustamente privilegiare il Sud non deve punire il Centro-Nord. Guido J. Paglia
Persone citate: Alberto Grandi, Bonaparte, Cefis, Cipriani, Ennio Bajardi, Eugenio Cefis, Gallotti
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