Una vendetta di estremisti neri tiene in scacco la Casa Bianca di Vittorio Zucconi

Una vendetta di estremisti neri tiene in scacco la Casa Bianca Cento ostaggi ancora in mano agli "Hanaf i„ di Washington Una vendetta di estremisti neri tiene in scacco la Casa Bianca (Dal nostro corrispondente) Washington, 10 marzo. Trentasei ore sono passate dall'attacco ai tre edifei nel centro di Washington condotto da nove musulmani neri della setta Hanafi e la situazione rimane drammaticamente tesa: cento ostaggi, divisi nei tre palazzi, sono ancora nelle mani dei terroristi decisi, hanno detto, «a tagliar teste e buttarle dalla finestra» se la polizia tenterà di dar l'assalto e se le loro richieste non saranno accettatte. Cibo in abbondanza, munizioni, medicinali, sigarette sono state portate dalla polizia, su richiesta dei musulmani, all'interno dei palazzi e in questo si legge il segno inquietante di un possibile lungo assedio. La capitale rimane semiparalizzata nei quartieri del centro e uno degli edifici, il municipio, è praticamente contiguo alla Casa Bianca. Cinquanta persone circa, tutte israelite, (gli Hanafi sono antisemiti militanti) sono chiuse, le mani legate, all'ultimo piano della sede della lega abraica «B'Naì B'Rith» sorvegliate da tre musulmani neri armati di fucili automatici e di machete. Circa venti, tra cui bambini, sono prigionieri di 4 «guerriglieri» nel centro islamico di Washington (gli Hanafi sono feroci avversari anche dell'islamismo ufficiale). Un'altra ventina di uomini e donne sono all'ultimo piano del municipio, guardate da due commandos con fucili e pistole. Nessun ultimatum è stato posto: la polizia, il sindaco, la città, gli ostaggi, il presidente Carter che segue, in pratica dalle sue finestre, gli avvenimenti, i commandos aspettanno. Che cosa, non si sa. Le richieste formulate dagli Hanafi sono: la consegna dei sei negri che nel '73 massacrarono due donne e cinque bimbi Hanafi a Washington che sono oggi in carcere perché «contro di loro sìa fatta la giustizia di Allah» e la consegna del campione di pugilato Mohammad Ali ('già Cassius Clay), il personaggio più in vista dei rivali diretti degli Hanafi, i « Black Muslims », l'altro gruppo musulmano negro. Non vi sono state altre vittime dopo il sanguinoso assalto di ieri, quando un giornalista è stato ucciso in municipio, e una dozzina di persone ferite nei tre edifici oggetto dell'attacco dei musulmani. I prigionieri, alcuni dei quali hanno potuto telefonare a casa e a giornali e stazioni televisive, dicono di essere trattati « correttamente»: stamani, i guerriglieri hanno permesso che cibo, medicinali, giornali, vestiti fossero portati all'interno degli edifici. La polizia è convinta che l'assedio possa durare ancora molto a lungo: nessuno sembra avere fretta; non la polizia che, dopo aver isolato i tre quartieri della città, non osa prendere di forza i palazzi per evitare una strage. Non i terroristi, che si danno il cambio ai turni di guardia. Non gli ostaggi che non hanno certo voglia di morire. Stamani, è arrivato a Washington in visi¬ ta ufficiale il primo ministro inglese Callaghan: è stato accolto da Carter senza cerimonie ufficiali, perché dal giardino della Casa Bianca si può vedere il palazzo del municipio e Callaghan sarebbe stato letteralmente a tiro di fucile dai terroristi. Mai un colpo terroristico era arrivato tanto vicino al cuore del potere politico americano Ci sono volute ore prima che la situazione apparisse un poco più chiara ed emergessero i motivi e le richie¬ ste dei terroristi. Ancora adesso vi sono dubbi sul numero complessivo degli assalitori e degli ostaggi, ricostruito attraverso testimonianze di gente sfuggita alla guardia dei musulmani e telefonate degli stessi attaccanti. Finalmente chiare, e totalmente inaccettabili, appaiono anche le condizioni poste dai musulmani neri, tutti appartenenti alla setta Hanafi: essi hanno chiesto la consegna dei sei uomini condannati nel 1973 all'ergastolo per il massacro di due donne e cinque bambini hanafi in una casa di Washington. Il capo dei terroristi, che si fa chiamare Khalifa Hamaaas AbduI Khaalis, è il padre di quattro dei cinque bambini uccisi nel '73 da una setta rivale di musulmani neri. La radice del dramma in corso a Washington da ieri mattina è proprio nel massacro del '73, uno dei più truci delitti nella storia criminale americana. Un giorno di gennaio, 7 persone, tutti negri, entrarono nel quartiere generale degli Hanafi a Washington, posto in una casa regalata agli Hanafi dal più illustre membro della setta, il campione di basket Kareem AbduI Jabbar (nato Lew Alcindor). I sette, entrati con il pretesto di raccogliere volantini e letteratura musulmana, uccisero a rivoltellate due donne e affogarono nel bagno cinque bambini. Da allora, gli Hanafi hanno giurato di vendicarsi, e la cattura e la condanna dei 7 assassini (uno dei quali venne poi ucciso in carcere misteriosamente) non ha placata la furiosa disperazione del padre dei bimbi affogati, AbduI Khaalis. Insieme con la richiesta di avere nelle loro mani i sei responsabili della strage del '73, AbduI Khaalis ha chiesto che gli venga consegnato il campione del mondo dei pesi massimi, Mohammad Ali, uno dei leaders dei Black Muslims, il tronco principale dei vari rami di musulmani negri Vittorio Zucconi (Continua a pagina 2 in terza colonna) Washington. Un poliziotto armato nella casa ebraica - Nella foto in basso ostaggi con le mani alzate ripresi con il teleobiettivo attraverso una finestra dello stesso palazzo

Luoghi citati: Washington