Processo contro Gui e Tanassi davanti alla Corte Costituzionale di Luca Giurato

Processo contro Gui e Tanassi davanti alla Corte Costituzionale L'affare della Lockheed; il Parlamento ha deciso l'incriminazione Processo contro Gui e Tanassi davanti alla Corte Costituzionale Per l'ex ministro de i voti colpevolisti sono stati 487, quelli innocentisti 451 - Per l'ex ministro socialdemocratico 513 e 425 - Il verdetto nel silenzio assoluto dell'aula - Anche i nove imputati "laici" sono stati rinviati al giudizio dell'alta corte di giustizia Roma, 10 marzo. Gui e Tanassi saranno giudicati dalla Corte Costituzionale. Lo ha deciso il Parlamento della Repubblica, dopo una lunga votazione a scrutinio segreto. La tesi innocentista, sostenuta dalla de, dal psdl e da democrazia nazionale solo per Gui, è stata dunque respinta. Hanno prevalso i colpevolisti: pei, psl, pri, msi, pli, radicali e demoproletari. C'è chi lo nega, ma è stato un voto chiaramente e rigidamente polìtico e politicizzato. Appena appreso il risultato della votazione a Camere riunite, il presidente delia Corte Costituzionale, Paolo Rossi, ha dichiarato: «Ci impegneremo al massimo perché giustizia sia fatta con la massima prontezza». Gui è stato rinviato a giudizio con 487 voti favorevoli e 451 contrari. Il quorum di maggioranza era di 477 voti. Tanassi è stato rinviato a giudizio con 513 voti favorevoli e 425 contrari. Una cosa salta subito all'occhio. Il voto ha rispettato in larga parte il numero delle forze in campo e il fenomeno dei franchi tiratori è stato assai limitato per Luigi Gui. Per Tanassi, il discorso, come appare evidente dalle cifre, sembra assai diverso. Nello schieramento colpevolista, i franchi tiratori, per quanto riguarda la votazione di Gui, sono stati tre. Contro Tanassi, lo schieramento colpevolista ha avuto invece un incremento notevole, come era del resto nelle previsioni, da 490 voti a 513. Lo scarto tra i due ministri è stato di 26 voti, sulla carta devono essere ufficialmente attribuiti agli ex missini di democrazia nazionale, che avrebbero votato in favore del de e contro il socialdemocratico. I parlamentari di «democrazia nazionale» sono 26 e di essi non ha votato il solo Achille Lauro. Ma, nel segreto dell'urna, sarà andata proprio cosi? Davvero non c'è stato nessun travaso da una parte o dall'altra? Ingrao, che ha presieduto quasi ininterrottamente la seduta sin dalle 10 di stamani (i commessi gli hanno portato ben diciannove caffè; «Per me, il caffè è come la camomilla», ha commentato sorridendo) ha letto i risultati delle votazioni alle 18,41. Prima quello di Gui. L'ex ministro era seduto al solito banco di centro, rosso in volto più che mai, le mani rigidamente appoggiate contro le ginocchia. Appena Ingrao ha pronunciato le parole «contrari 451», Gui, in un silenzio assoluto, si è alzato in piedi, ha sfilato davanti a tre colleghi che gli hanno ceduto il passo, ha sceso con passi lenti i gradini che lo separavano dall'emiciclo e ha abbandonato l'aula senza pronunciar parola. Lo hanno subito seguito Morlino, Sceiba e Carmini. Tanassi non ha udito il presidente della Camera leggere i risultati che hanno voluto il suo processo. L'ex ministro socialdemocratico (che non ha votato, come Gui) in quel momento non era in aula. Gli imputati si sono poi incontrati con i giornalisti nella sala stampa di Montecitorio. Al lettore non sarà certamente sfuggito che abbiamo riferito il momento più atteso di tutto il grande processo dalla sentenza letta da Ingrao alle reazioni degli imputati e della assemblea — senza usare nemmeno una delle parole tradizionali in queste circostanze: tensione, sconforto, euforia, clamore, evviva, battimani, contestazioni o magari scambi di insulti. Non l'abbiamo fatto perché, in aula, non c'è stato niente, o quasi, di tutto questo. Cerchiamo di spiegare perché. Se non scontata, la condanna era nell'aria. Gli schieramenti sono quelli che sono e sulla carta i colpevolisti prevalevano sugli innocentisti sin dall'inizio del processo. La super-politicizzazione del dibattito, accentuatasi ieri con il discorso di Moro, fermo e duro, ha fatto il resto. Stasera (lo riferiamo a titolo di cronaca, ma sarebbe assurdo non farlo) erano in molti a dire apertamente o tra i denti che l'intervento del presidente della de aveva irrigidito le parti. Nella democrazia cristiana dalla corrente basista sono partite accuse precise. Alcuni andreottiani sono poi accusati di aver votato contro Gui per non creare nuove grane con il pei e quindi al governo presieduto dal loro leader. A spiegare l'assoluta mancanza di tensione al momento della lettura dei voti, ha poi concorso un'altra circostanza, che non ha niente a vedere con la politica, con le polemiche interne dei partiti o con la presunta «ragion di governo». Dalla tribuna stampa, che sorge sopra l'aula, si è avuta la sensazione che la maggioranza dei parlamentari che attendevano seduti o in piedi da Ingrao i risultati già sapessero qualcosa ben cinque o sei minuti prima delle Luca Giurato (Continua a pagina 2 in seconda colonna)

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