Diciotto anni a Vittorio Loi

Diciotto anni a Vittorio Loi In appello a Milano Diciotto anni a Vittorio Loi Diminuite le pene di tutti i missini imicati nell'uccisione dell'agente Marino pi (Nostro servizio particolare) Milano, 9 marzo. Si è concluso questa sera in appello il processo contro gli imputati dell'assassinio dell'agente di pubblica sicurezza Antonio Marino, di 23 anni, dilaniato, il 12 aprile 1973, in via Bellotti, da una bomba gettatagli in pieno petto da estremisti di destra. A Vittorio Loi, riconosciuto colpevole di omicidio volontario, sono stati inflitti diciotto anni e otto mesi di reclusione più quattro mesi di arresto; gli sono state concesse le attenuanti generiche ed è stato assolto « perché il fatto non costituisce reato» dall'imputazione di calunnia nei confronti del colonnello dei carabinieri Santoro (accusato dal giovane, a suo tempo, di avergli « estorto » la confessione). A Maurizio Murelli, pure responsabile di omicidio, diciassette anni e sei mesi di reclusione oltre a sei mesi di arresto. A Nico Azzi, due anni e due mesi di reclusione. A Mario Di Giovanni e Cristiano Rosati, quattro mesi. Claudio Caparvi e Romano La Russa sono stati assolti per non aver commesso il fatto. La corte ha emesso la sentenza dopo sette ore di camera di consiglio. Rispetto al verdetto di primo grado, la maggior parte delle pene risultano diminuite. In particolare, Loi era stato condannato a 23 anni, Murelli a 20, Azzi a 3, Mario Di Giovanni ad un anno e sette mesi. Claudio Caparvi e Romano La Russa erano stati assolti per insufficienza di prove. Per i rimanenti imputati, la Corte ha invece confermato le condanne emesse nel procedimento di prima istanza. Dall'istruttoria al processo di primo grado — due anni dopo i fatti — fino ad oggi, Vittorio Loi ha presentato tre differenti tesi difensive: inizialmente sostenne di non essere stato mai nel gruppo dal quale furono lanciate le Srcm, poi ammise la sua presenza precisando di essersi limitato «a farne rotolare una in terra» (ne conseguiva che, a colpire in pieno petto l'agente sarebbe s>iato l'amico di Loi, Murelli), infine, nell'udienza di avantieri, ha confessato di avere gettato la bomba, perché convinto che fosse «un ordigno a effetto morale». Della medesima opinione si è dimostrato il difensore, avvocato Arcangeli, il quale ha definito «un congegno da ridere» questo tipo di bombe. La valutazione è stata la base per la richiesta, alla corte, di giudicare il suo assistito per omicidio preterintenzionale e non «volontario», in quanto «l'evento provocato» sarebbe stato da lui «non voluto», Inoltre, il legale ha invocato le attenuanti generiche perché Loi agi «in mezzo a una folla in tumulto». La manifestazione era stata organizzata dall'estrema destra: alla testa del corteo c'era l'onorevole Ciccio Franco, capo dei «boia chi molla» di Reggio Calabria; al suo fianco altri esponenti missini, quali Nestore Crocesi e Pietro Mario De Andreis. La manifestazione avrebbe dovuto testimoniare la protesta del msi contro un attentato progettato da elementi di destra con l'intento di attribuirne la responsabilità all'estrema sinistra. L'8 aprile Nico Azzi (gruppo neonazista La Fenice) aveva portato oltre un chilo di tritolo sul treno Torino-Roma; durante il viaggio, il giovane aveva varie volte percorso il convoglio, tenendo tra le mani un quotidiano della sinistra extraparlamentare. Ma mentre era nella toilette, l'esplosivo gli era scoppiato fra le mani, ferendolo. Cosi era stato sorpreso e arrestato. «Il partito prima ci ha usato e poi scaricato in maniera ignobile», ha affermato Vittorio Loi fin dall'inizio della vicenda, ripetendolo più volte. Affermazione polemica soprattutto nei riguardi della federazione missina milanese i cui «portavoce», allora, telefonarono ai carabinieri per informarli che, a lanciare le bombe, erano stati gli attuali imputati, nessuno dei quali aveva «nulla a che vedere» con il partito. Nella sua arringa di questi giorni, il p.m. Damele ha dimostrato analoga opinione. Loi, Murelli e gli altri imputati sono stati dal magistrato definiti «vittime, prima che protagonisti, di manovre occulte e irresponsabili di personaggi politici che, purtroppo, sembrano destinati a rimanere nell'ombra». Ornella Rota

Luoghi citati: Milano, Reggio Calabria, Roma, Torino