Vittima della mafia il giovane ucciso e bruciato in un prato?
Vittima della mafia il giovane ucciso e bruciato in un prato? La feroce "esecuzione" alla periferia di Roma Vittima della mafia il giovane ucciso e bruciato in un prato? (Dalla redazione romana) Roma, 8 marzo. Ancora un cadavere bruciato. Uccidere a colpi di pistola e poi bruciare il corpo della vittima è una sorta di rito di tipo mafioso. Un metodo, quello della «doppia» esecuzione, che denuncia implicitamente l'ambiente del crimine e sembra aver fatto scuola. Quella scoperta ieri in un abbeveratoio interrato alla frazione La Storta, e ancora sconosciuta, è la sesta vittima della mala. Giustiziata con la tecnica spietata dell'esecuzione, la vittima — sui 25-30 anni, alta un metro e ottanta — è stata cosparsa di benzina e sfigurata con il fuoco. Con i tratti del volto e le impronte le fiamme hanno cancellato ogni elemento di identità. E rendere irriconoscibile la vittima significa spesso impedire agl'inquirenti di rintracciare una pista, assicurarsi buoni margini d'impunità o quanto meno prendere tempo per nascondere altre tracce, prepararsi degli alibi. E' stata una donna, Rosa Nasci, 51 anni, andata per i campi a raccogliere cicoria, a fare nella tarda mattinata di ieri la macabra scoperta. Ha sentito odore di bruciato e, avvicinatasi alla cisterna, ha trovato i resti carbonizzati dello sconosciuto. Elio Ciop- pa, vicedirigente della mobile, il sostituto procuratore Luciano Infelisi, gli altri funzionari e il medico legale Marracino, dopo i primi accertamenti hanno fissato la data del delitto: domenica o, al massimo, sabato notte. Accanto al cadavere, dentro l'abbeveratoio, c'erano un fil di ferro e un anello d'oro con brillantini falsi. Poco più oltre, tra l'erba, macchie di sangue, due bossoli di calibro diverso, 7,65 e 9 lungo, una moneta da dieci lire e una penna d'oro con inciso un nome: professor P. Ficara. Le indagini hanno permesso subito di escludere un nesso tra il nome e il delitto. Pasquale Ficara, chirurgo, interrogato stamani dal dottor Viscione della mobile, ha riconosciuto la penna e ha detto che gli era stata rubata un anno fa assieme alle chiavi di casa all'ospedale dell'Aquila dove era primario del reparto chirurgia. Nessuno ha notato movimenti sospetti nei pressi dell'abbeveratoio vicino ad un casolare diroccato nelle ore precedenti il delitto. E i primi accertamenti necroscopici, disposti dal giudice Infelisi, ed eseguiti all'obitorio dal dott. Merli non sono stati di grande aiuto. Gli esami radiografici e le fotografie hanno confermato che l'uomo è stato ucciso — sembra con tre colpi di pistola nella schiena — e poi sfigurato con il fuoco. Unica deposizione di un certo interesse quella di un muratore, Nicola Caruso, che lavora alla costruziont d'una villa distante 150 metri dal casolare accanto al quale è stato ritrovato il cadavere. « Venerdì sera — ha raccontato — ho visto due giovani aggirarsi nella zona. Ci ho fatto caso per due ragioni: in primo luogo perché da queste parti non capita spesso di vedere passare gente, e poi i due — sui 25-30 anni, con i capelli lunghi, uno con la barba — avevano i vestiti bagnati».
Persone citate: Elio Ciop, Ficara, Infelisi, Luciano Infelisi, Marracino, Nicola Caruso, Viscione
Luoghi citati: Roma
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