L'industriale Colussi in aula "Sbagliarono i dipendenti,, di Adriaco Luise

L'industriale Colussi in aula "Sbagliarono i dipendenti,,Processato a Napoli per evasione fiscale L'industriale Colussi in aula "Sbagliarono i dipendenti,, Altri 13 imputati, tutti a piede libero - Lo Stato si è costituito parte civile contro l'industriale dolciario che deve imposte per 27 miliardi (Dal nostro corrispondente) Napoli, 8 marzo. E' andata avanti per due ore senza intoppi e colpi di scena la prima udienza dell'atteso processo contro l'industriale veneto Giacomo Colussi, accusato di evasione fiscale, truffa aggravata, frode, falsità ideologica ed altri reati. Nel clamoroso scandalo figurano coinvolti altri tredici imputati — tutti a piede libero — tra i quali il notaio Ferdinando Tozzi, la sua segretaria Antonietta De Iudicibus, dipendenti dell'azienda dolciaria e dello studio notarile. Oggi in aula erano presenti i protagonisti principali della vicenda giudiziaria che si svolge davanti ai giudici della terza sezione penale. C'era l'industriale Colussi, circondato da uno stuolo di avvocati dei fori di Roma, Perugia e Napoli, il notaio Tozzi, la sua diretta collaboratrice e tre dipendenti del biscottificio. Gli altri non hanno giustificato la loro assenza e vengono giudicati in contumacia. Si è costituita parte civile, a nome degli avvocati Caramazza e Ferola, l'amministrazione finanziaria dello Stato in quanto l'industriale Colussi deve per imposte erariali dirette ed indirette ben 27 miliardi di lire. Il presidente Paolo Mancuso ha svolto una sintesi brevissima dei fatti e non è stato lavoro facile per la mole delle indagini che hanno chiesto oltre sette anni e voluminosi fascicoli con oltre 30 mila pagine. La vicenda giudiziaria Colussi nasce dal momento in cui entra in vigore il 15 novembre 1957 la legge Assisi, che autorizzava la creazione di una «zona franca» in Um¬ bria dove si concentrarono le industrie e usufruirono di agevolazioni fiscali per dieci anni. Tutti gli artifici ed i raggiri di cui è accusato l'industriale veneto miravano a far apparire come prodotte altrove merci lavorate nello stabilimento di Assisi e far figurare destinate ad Assisi merce dirottata verso altri stabilimenti in un gioco di abili spostamenti al fine di sfruttare diverse agevolazioni fiscali e doganali. Su questo nodo si è polarizzata l'attenzione dei giudici come sull'interpretazione della legge di Assisi, chiarita meglio nella successiva legge del 1971, varata per riparare ai guasti provocati in materia fiscale. Un groviglio .giuridico di norme e circolari ministeriali che sono all'origine anche di un processo amministrativo intentato dal Colussi davanti al tribunale amministrativo regionale del Lazio e di altri processi civili a Perugia e Roma e che hanno per oggetto la controversia sull'esenzione generalizzata dei tributi doganali. Si è entrati nel vivo della causa con l'interrogatorio del notaio Ferdinando Tozzi. Egli ha esordito con il ribadire la sua innocenza, respingendo l'accusa di aver falsificato le vidimazioni dei libri sociali e contabili della società Colussi e della «Sais» di Catania di cui l'industriale veneto è amministratore, di aver dato ad esse un numero ed una data non corripsondenti o rispondenti ad altri atti avvenuti in diverse epoche. L'interrogatorio di Giacomo Colussi ha richiesto non più di una quindicina di minuti. Disteso e sereno, ha fornito la sua spiegazione della vicenda, ha ribaltato sui suoi dipendenti con scarsa competenza in materia finanziaria gli eventuali errori commessi. Ha inoltre messo in risalto la sua frenetica attività con quattro stabilimenti e tredici filiali. «A me non veniva nessun vantaggio da queste alterazioni — ha detto — avrei tratto profìtto soltanto fiscalmente ma godevo già di esenzioni decennali sia per lo stabilimento di Assisi che per quello di Casalnuovo impiantato in una zona depressa del mezzogiorno». In merito alle merci importate avvalendosi di agevolazioni doganali e alla produzione di Assisi spedita ed esportata come proveniente da stabilimenti di altre regioni, l'industriale Colussi ha affermato che la lavorazione di Petrignano (Assisi) avveniva sotto il controllo del'la guardia di Finanza. Ha dovuto, però, riconoscere che questo particolare non emerge affatto dagli atti processuali. «Ad Assisi lo stabilimento è sorto non per mia iniziativa — ha affermato — ma per le pressioni politiche. Avevo altro da pensare e avrei fatto volentieri a meno...». Il presidente, dopo aver dato per lette tutte le deposizioni rese in fase istruttoria dagli imputati e dai quarantuno testi, in prevalenza ufficiali e sottufficiali della tributaria, ha aggiornato il processo a metà marzo. Un procedimento celere giustificato dal fatto che se entro ottobre non si avrà una sentenza definitiva (cosa molto improbabile) cadranno in prescrizione tutti ì reati addebitati al Colussi ad eccezione del falso ideologico e materiale. Adriaco Luise