In costume per Haydn

In costume per Haydn Al Conservatorio per l'Unione Musicale In costume per Haydn L'Opera da camera di Varsavia - Kellog all'Auditorium Un insolito concerto ha portato domenica scorsa ai soci dell'Unione Musicale l'Opera da camera di Varsavia. Disponendo sul palco del Conservatorio alcuni elementi scenici e muovendovi dentro i cantanti, con la piccola orchestra pur essa in costume settecentesco disposta su un Iato della scena, ha eseguito in forma teatrale Lo Speziale di Haydn, su libretto, in verità modestissimo, di Goldoni, e quella Serva padrona che Paisiello scrisse a Pietroburgo nel 1781, «per non avere qui né poeta né libri», sul libretto del capolavoro di Pergolesi. Lo Speziale non dà un'idea vantaggiosa di Haydn operista. Non che vi manchi la buona musica: c'è un bell'intermezzo strumentale, c'è nel terzo atto una buffonesca e spassosa aria «turca», e in un'aria dello speziale Sempronio viene perfino anticipato uno dei temi più gloriosi di Beethoven (dell'Appassionata). Ma non è musica teatrale: la cinghia di trasmissione per cui l'azione deve determinare la musica, slitta come in un'auto con la frizione consumata. Va detto, a parziale discolpa del grande Haydn, che l'opera viene eseguita in forma molto rimaneggiata, sia nella successione di arie e recitativi, sia, soprattutto, nello strumentale, dove mancano tutti i fiati voluti dal compositore, e c'è invece un solitario quanto imprevisto clarinetto. Due tenori, Leszek Zawadka e Michal Skiepko, e due soprani, la Martinska e la Juranek, si danno da fare con garbo giovanile e con buona volontà, con la regia di Jitka Stokalska e sotto la direzione di luliusz Borzym, seduto all'onnipresente clavicembalo, ma il risultato è poco persuasivo, anche se gli applausi non sono mancati. Tutt'altra cosa l'intermezzo di Paisiello. Qui la cinghia di trasmissione funziona, e come! Nonostante l'impegno talvolta commovente di districarsi dagli immortali paradigmi pergolesiani, prcsentissimi nell'aria iniziale «Aspettare e non venire», e nell'altra aria di Uberto, « Sempre in contrasti », l'efficacia teatrale della musica non cede un istante, e verso la fine, là dove piano piano la decisione di sposare la cara servetta s'insinua nell'animo di Uberto. Paisiello grandeggia e non ha niente di invidiare al suo illustre modello: anzi, lo sovrasta di quel mezzo secolo d'esperienze teatrali e musicali che nel frattempo avevano maturato l'opera buffa. La regìa di Lech Komarnicki dispone qui di due cantanti-attori di notevole levatura, il soprano Ewa Ignatowicz e il baritono Jerzy Artysz, che cantano e tengono la scena con grande autorità, ben spalleggiati dalla scena muta di Marian Tilszer. Anche qui la mi¬ niorchestra consta di cinque archi e clarinetto, cui si aggiunge un oboe; tutti egregiamente guidati dalla concertazione di Juliusz Borzym al clavicembalo. m. m. * * (m. m.) Un concerto giovane, all'Auditorium, con un direttore trentenne, Cari Stewart Kellog, californiano di nascita, ma italiano di studi, e un pianista su per giù della stessa età, ma già affermato e famoso come Michele Campanella. Un programma vivace, frizzante, all'insegna dello humour ritmico e della freschezza: la Sinfonia classica e il Terzo Concerto per pianoforte, opere quasi gemelle di Prokoflev, l'una sotto II travestimento della parodia stilistica, e perciò più sicura e raccolta nella forma, l'altra in persona prima, In presa diretta, e perciò più pericolosamente sbandata nella struttura, ma tanto più sincera; l'una un po' rinsecchita nella sua perfezione, l'altra più confidenziale e svagata. Michele Campanella ha suonato il Concerto assai bene, con una misura e un equilibrio un po' con¬ traddetti dall'interpretazione più focosa e talvolta sbilanciata del direttore, Il quale ha poi confermato la sua predilezione per la musica alata, pungente e librata sulla vivacità del ritmo, scegliendo fra le Sinfonie beethovenlane la seconda. Vincitore d'un premio per giovani direttori d'orchestra a Sanremo, e secondo classificato in un altro a Milano, Stewart Kellog ha esuberanza di temperamento e buona preparazione (alla scuola di Franco Ferrara). Gesto largo, Incisivo, con cui descrive Icasticamente la musica ad uso degli orchestrali, e forse, ancor più, degli ascoltatori. Qualche volta gli accade di dirigere con gesti diversissimi passi assolutamente uguali: questo fa supporre che tale vistosa gesticolazione non sia interamente funzionale. Infatti la precisione dell'Insieme orchestrale risulta talvolta un poco compromessa, mentre la linea generale dell'Interpretazione è per contro appropriata e generosa. Applausi cordiali, particolarmente insistenti al pianista, che però è rimasto tetragono alle richieste di bis.

Luoghi citati: Milano, Pietroburgo, Sanremo, Varsavia