C'è la "tavola rotonda,,? Spegniamo subito la radio di Ugo Buzzolan

C'è la "tavola rotonda,,? Spegniamo subito la radio Perché calano gli ascoltatori C'è la "tavola rotonda,,? Spegniamo subito la radio Abbiamo già riferito in autunno di appunti e rilievi di lettori sui programmi radiofonici. Torniamo sull'argomento perché da allora al giornale sono arrivate di continuo lettere e telefonate di ascoltatori inferociti. Adoperiamo l'aggettivo « inferociti » perché è quello che esprime meglio il tono delle proteste. In generale si afferma che la riforma « ha rovinato » (altre espressioni: « ha schiantato », « ha dissestato », « ha mandato completamente a ramengo ») la radio. Ricaviamo dalle frementi missive: « Si è distrutto quel che c'era di buono, e lo si è sostituito malamente »; « Non è che una volta la radio fosse una meraviglia, ma era ascoltabile: adesso non lo è più, e io infatti non l'ascolto più ». Il recente, mestissimo comunicato ufficiale della Rai suona come un bollettino di disfatta: « L'ascolto dei programmi radiofonici è calato nel corso del 1976 e ha raggiunto in dicembre la punta massima del 20 per cento in meno rispetto allo stesso mese dell'anno precedente (16 per cento in meno Radiouno, 22. per cento in meno la Radiodue) ». Sono dati, ripetiamo, ufficiali, e che sembrano puntualmente confermare la validità e soprattutto la vastità delle proteste. Qual è l'accusa principale che si fa alla radio? Resta, oggi, più che mai, quella che veniva avanzata nell'autunno scorso: un dilagare mostruoso di chiacchiere, un accavallarsi frenetico di notiziari, un flusso ininterrotto di dibattiti, discussioni, consessi, tavole rotonde ecc. ecc., una perenne adunata davanti ai microfoni di esperti di tutti i tipi e di tutti i calibri, una caccia convulsa al personaggio, al testimone, al « caso umano » e via dicendo, un assalto furibondo a chiunque con interviste simili a interrogatori di terzo grado. <f Comprendo perfettamente che dopo la "vecchia" radio costretta e condizionata — scrive un lettore di Novara — sia venuta fuori una "nuova" radio desiderosa di esprimersi, di disputare, di aprirsi. Ma a tutto c'è un limite. Oggi qualsiasi incontinente ciarlone ha la possibilità di vociferare nel microfono a ruota libera, come gli gira, e spesso tra intervistati e intervistatori il mulinello delle parole a vanvera è tale che l'ascoltatore frastornato non capisce più niente, e spegne ». Un altro lettore, di Torino, dice: « Sulle tre reti si inseguono programmi di colloqui con il pubblico: sono troppi, sono opprimenti e asfissianti, è un calderone in cui s'alternano le cose più inutili, più confuse, più velleitarie, musichette, canzoncine, contestazioni da due soldi, consigli paternalistici, dialoghi insensati, spiritosaggini scellerate ». Esistono quotidianamente proteste anche per te tv (programmi impegnati in quantità eccessiva, « divertimento » scarso ecc.), ma non sono nemmeno lontanamente paragonabili, per intensità e ampiezza, a quelle che si scatenano contro la radio. A volte ci sembra che le accuse siano decisamente esagerate (« // varietà ha meno umorismo di prima, la parte musicale è più scadente, la prosa era meglio quella di prima »), tuttavia in tutti gli attacchi dei pubblico, che si riferiscono ad una rubrica di canzonette o ad una trasmissione di ambizioni culturali, c'è un elemento fisso e comune: il rifiuto dell'abbondanza invadente e ossessiva di chiacchiere « che andrebbero ridotte a meno della metà ». Dopo aver registrato i risentimenti di chi afferma che, sovente, gli orari non sono rispettati, annotiamo che i più inferociti tra gli inferociti sono gli ascoltatori di Radiotre, ex Terzo Programma. Qui si arriva a dire: « Hanno compiuto un assassinio, hanno massacrato un programma ». Si riconosce che una volta il Terzo aveva un sacco di magagne, ma, secondo i lettori che ci hanno scritto o telefonato, adesso è stato stravolto in maniera assurda: non sarà forse più — essi dicono — un « aristocratico cantuccio per intellettuali », in compenso è diventato un « ibrido pasticcio » che tende ad uniformarsi alle altre due reti e a imbarcare tonnellate di commenti, analisi, inchieste, e immancabili colloqui e sfoghi verbali, riducendo al minimo la diffusione di musica classica che tra l'altro è rara e occasionale sulle altre due reti e che è richiesta da un numero sempre maggiore di ascoltatori, specie giovani. Anche per la Radiotre si parla di un calo considerevole di pubblico (centomila persone in meno) : sono cifre contestate dai responsabili della rete, ma quello che non è contestabile è il malumore diffuso che si sintetizza nella battuta di un lettore: « Prima, sul Terzo, c'era almeno della buona musica: adesso non c'è più neanche quella ». Ugo Buzzolan

Luoghi citati: Novara, Torino