Il fotografo che pensa solo a inquadrare e a fare "clic" di Augusto Minucci

Il fotografo che pensa solo a inquadrare e a fare "clic" Una mostra di Lino Cremon a Vercelli Il fotografo che pensa solo a inquadrare e a fare "clic" Per molti anni, malgrado i riconoscimenti di artisti, critici e storici dell'arte, la fotografia è stata ritenuta dal grande pubblico un sottoprodotto dell'arte; un'operazione meccanica che si proponeva al massimo di «copiare» la pittura, ma che con l'arte vera e propria non aveva nulla da spartire. Anche adesso non mancano le resistenze, ma è certo che la fotografia è riuscita a conquistarsi un posto molto importante nei panorama dell'arte. Lo testimoniano non soltanto il susseguirsi delle rassegne fotografiche, ma soprattutto l'Interesse del pubblico che affolla queste mostre, ne discute e ne apprezza 1 valori. Per avere una prova di ciò bastava essere presenti alla inaugurazione della mostra di Lino Cremon nella bellissima Sala dugentesca di Vercelli dove ha esposto un centinaio di grandi fotografie a colori. Il fotografo biellese, definito • l'uomo che vede a colori» non è certo nuovo ai successi. Ricordiamo quello ottenute alcuni anni fa nella mostra al foyer del Regio visitata da oltre diecimila persone. Un successo meritato, perché questo artista, contrariamente ad altri che cercano nella fotografia il 'Pittorico» o 11 «concettuale» compie un processo inverso: cerca cioè di valorizzare il lavoro della «macchina», lasciando l'apparecchio fotografico in balia di se stesso. «Scatta» tentando di evitare qualsiasi mediazione per mettere maggiormente in evidenza la verità oggettiva catturata dall'obbiettivo. E' vero che non sappiamo delle •manipolazioni» e delle scelte che compie nel segreto della camera oscura, ma quello che conta è il risultato. E il risultato ci racconta, senza veli, la verità di un volto, di un flore, di un paesaggio, con una crudezza che In alcuni casi raggiunge l'iperrealismo, come in certi ritratti che sembrano Indagare meccanicamente nel profondo dell'anima del personaggio per ritrarne non soltanto i lineamenti l'espressione ma per coglierne anche i segreti pensieri. E qui i ritratti, tutti assai precisi e indagatori, si sprecano: da quello bellissimo di De Chirico in cui il broncio gonfio e flaccido è ripreso in tutto il suo severo vigore, tanto che sembra di potere pizzicare la carne morbida illuminata dal sole, a quello, straordinariamente espressivo, della Monconi. Ciò che risulta evidente è che Cremon, anche nei ritratti, non cerca la bella espressione o la posa, scatta, poi magari fruga, molto acutamente fra I vari fotogrammi per scegliere quello che è penetrato di più nella -pelle» del personaggio. Con molta modestia, dice di essere soltanto un operatore, di limitarsi cioè ad usare la macchina fotografica come potrebbe fare chiunque, e di non avere segreti. Ma non è vero, altrimenti non si spiegherebbero le luci che riesce ad ammorbidi._ o ad esaltare, come nei bellissimi paesaggi delle risaie vercellesi, gravide di nubi: a captare l'anima dell'autunno in un tappeto di foglie resse; a catturare la luce fredda della laguna veneta; o a dosare il trepido cilestrino dell'acqua su cui si stampano alcune ninfee. E' vero invece che, talvolta, si lascia prendere dal sentimento come nella foto della scimmietta che accarezza la capra. Dice sorridendo: •£' una storia commovente, che la scimmietta è rimasta vedova e la capretta tutte le mattine va a trovarla per consolarla: Ma forse è una storia inventata, per dare maggior risalto a tutte quelle altre straordinarie immagini che, nella loro «meccanica freddezza», riescono a cogliere quello che i nostri occhi frettolosi non riescono a vedere. Augusto Minucci

Persone citate: Cremon, De Chirico, Lino Cremon

Luoghi citati: Vercelli