Fanfalucario

Fanfalucario Fanfalucario L9 altra notte è venuto a trovarmi, credo in sogno, Pinocchio. Dico credo perché mi corico sbadatamente, spesso non chiudendo bene l'uscio. Era un vecchio quasi centenario, e la sua secchezza aveva qualcosa del legno lavorato da mastro Geppetto. Come lo riconobbi? Direi dal naso che, come accade in certi disegni leonardeschi che trafiggono la laida «senectus», gli si era spasmodicamente allungato un'altra volta. Avevo piegato i calzoni su una seggiola, accanto al letto. Li buttò per terra di malumore, prima di accomodarsi. Ero ancora rimbambito di sonno, lo sogguardavo senza simpatia. «Ma sì, ma sì», mi disse, «sono Pinocchio. Vedimi come ridotto!». Scrollava il capo, passando le dita, che parevano lunghe schegge lignee, tra i radi CARLO DELLA CORTE capelli. «Volevo rivederti», asmò, «so quante volte hai letto la mia storia da ragazzo. So che mi volevi bene». Mi tirai a sedere, allocchito, con la testa sul guanciale che avevo messo ritto contro la spalliera di ottone. «Tu taci. Parlo io», mi intimò, «devo pure sfogarmi con qualcuno. Vuoi che te lo dica? Stavo meglio da burattino. Almeno io, lo ero fino in fondo. Adesso lo sono tutti, ma si fingono uomini. Quante delusioni! Ho portato l'arte del mio povero babbo, Geppetto, nel Nord: sono diventato mezzo brianzolo, lavorando nei mobilifici. Ma senza passione. E come si può nell'industria? E' cambiato tutto. Pensa alla fata dai capelli turchini: l'altra sera, povero vecchio, cammino per una strada in periferia e vedo di schiena una donnetta attempata con i capelli azzurri. Mi avvicino, le scocco un bacio sulla chioma. Lei si volta e strilla: "Vecchio porco, non pretenderai di divertirti gratis?" La guardai meglio. Era una mignotta consumata da mille battaglie, con capelli argentei spruzzati di violetto. Le tette, vizze e strizzate in un abito attillato che gliele spingeva fin sotto la bazza». Mi soffregai gli occhi, provai a chiedere: «Possibile che sia finito tutto del tuo mondo?». «Guarda», rispose, «se sai un po' di ecologia, converrai che di balene quasi non se ne trovano più. Troverai magari tanti equivalenti del gatto e della volpe, ma chi se ne infischia di quelli!». «E il grillo parlante?». Alzò la mano decrepita: «Morto, stramorto», borbottò, come sono morti tutti i maestri. Trovamene uno, se sei capace. Provai a dire: «Beh, almeno i carabinieri...». Tossicchiò: «Sì, quelli di ora sono come quelli di un tempo. Ma ti pare bello?». Dalle stecche delle persiane, si accorse che albeggiava. Si alzò senza salutarmi, curvo come un giunco, con le ossa crocchianti, cigolando sulle gambe venerande, e si capiva che il suo ultimo sogno era quello di tornare ad essere un ceppo di legno.