Pari all'esplosione di 100 atomiche

Pari all'esplosione di 100 atomiche Quando dalle viscere della Terra erompe la furia Pari all'esplosione di 100 atomiche Guatemala, Friuli, Cina, Filippine, Asia Centrale, Iran ed ora la Romania; negli ultimi dodici mesi, meno d'un battito di ciglia nella scala dei tempi geologici, valutabili a miliardi di anni, il pianeta Terra ha tremato più volte, con inaudita violenza. Siamo di fronte ad un periodo di attività geologica eccezionale, parossistica, oppure soltanto il caso ha voluto che questa volta venissero colpite zone molto popolate, e quindi fosse alto il tributo delle vittime e dei danni? Nessuno possiede una risposta sicura, ma secondo l'allarme gettato dagli scienziati americani nel congresso di San Francisco di due anni fa sembra realmente che la Terra, per ragioni misteriose, sia entrata in un periodo particolarmente inquieto. Sta di fatto che, in base ai rilevamenti dei 1200 osservatori antisismici distribuiti nei vari Paesi, almeno tremila terremoti scuotono ogni giorno il suolo che ci sembra tanto fermo e stabile, un milione l'anno. Naturalmente l'immensa maggioranza di essi sono tremori leggerissimi, definiti microsismi, appena appena avvertibili dagli strumenti più sensibili e sofisticati. Ma alcuni altri possono causare devastazioni di portata spaventosa. Una scossa di media intensità libera da sola tanta energia quanta corrisponderebbe all'esplosione anche d'un centinaio di bombe atomiche, sia pure non altrettanto concentrata. Nei terremoti più violenti, i corpi giacenti al suolo in corrispondenza dell'epicentro subiscono a causa delle onde sismiche una accelerazione, prima in un senso e poi nell'altro, fino a 500 centimetri al secondo per secondo. Se ricordiamo che l'accelerazione di gravità, che tiene avvinto al suolo ogni oggetto, ha il valore di circa 980 centimetri al secondo per secondo, è facile vedere quanto accade: è come se tutto quanto appoggia sulla terra venisse scosso, poi capovolto, poi rimesso in piedi. Ben poco resiste ad un simile trattamento. Di fronte alla tragica realtà dei fatti le illusioni che ci eravamo fatte (in particolare cinesi ed americani) di essere ormai sul punto di diventar capaci di prevedere i terremoti, vanno ridimensionate. Se è vero che, da una decina di anni possediamo una teoria (la cosiddetta «tettonica a zolle») che ci permette di riconoscere a grandi linee le cause e le modalità di accadimento dei terremoti, è anche vero che la teoria non ci consente ancora di elaborare un modello matematico che solo ci autorizzerebbe ad avanzar previsioni. Siamo poco più in là di quanto scrisse Buffon, alla metà del Settecento: «Là où il a tremblé, il tremblera». Ovvero, i terremoti tendono a ripetersi nelle stesse località. Ed è di poco vantaggio il sapere che la netta maggioranzi dei sismi si concentrano nelle grandi «fasce d'urto» fri. due o più delle sei grandi placche, in perenne movimento e poggianti su magma info- calo, nelle quali sappiamo esser divisa la crosta terrestre. Queste fasce abbracciano poco meno d'un terzo del mondo abitato: tutta la costa occidentale americana (dall'Alaska al Cile), la dorsale centro-atlantica (dall'Ascensione e Sant'Elena all'Irlanda), la cintura mediterraneo-indonesiana (dal Marocco all'Italia ai Balcani, Turchia, Iran. Himalaya, Asia centrale, Sumatra, Giava, Nuova Guinea), la fascia orientale asiatica dalla Camciatka al Giappone alle Filippine alla Nuova Zelanda. Tener sotto controllo tutta questa area è praticamente impossibile, si può soltanto insistere a che «tutte le costruzioni» (palazzi, ospedali, ponti, viadotti, dighe, centrali elettriche e nucleari) siano rigorosamente antisismiche. Non sappiamo ancora quale è la portata delle devastazioni causate in Romania dal nuovo terremoto. L'estensione territoriale della zona colpita, da Bucarest alla Transilvania alla Moldavia sovietica, e la grande distanza alla quale la scossa è stata avvertita (da Napoli a Mosca) fanno pensare ad un terremoto estremamente violento, ma anche molto profondo come punto d'origine, e quindi non devastatore come il sismo che il 29 luglio scorso ha colpito la Cina nord-orientale (Tengshan) ed ha preteso un tributo di centinaia di migliaia di vittime. Secondo gli esperti, il numero totale degli uomini morti in seguito ai terremoti o alle eruzioni vulcaniche può esser calcolato, sin da quando esistono cronache scritte, in una settantina di milioni. Il terremoto più grave di tutti i tempi (non in base all'energia liberata, che allora non esistevano mezzi per calcolarla, ma per numero di vittime) sembra essere stato quello che ha colpito la provincia cinese dello Shansi nel 1556: ì morti, secondo le valutazioni effettuate dai singoli uffici mandarinali e col¬ lezionate dagli antichi cronisti, avrebbero superato gli 860 mila: « I tre fiumi della provincia occidentale sbalzarono dal loro letto, le bestie cornute e i cavalli rifiutarono per mesi di rientrare nei recinti...». E quasi altrettanto disastroso sembra essere sta- 10 (mancano notizie ufficiali) 11 terremoto al quale abbiamo già accennato, del 29 luglio scorso, ancora in Cina. Il terremoto di Messina e Reggio Calabria, nel dicembre 1908, provocò da 80 a 85 mila vittime. Si trattò, a giudizio degli studiosi, di un terremoto tanto limitato nell'estensione e nel tempo (non più di due secondi) quanto violento negli effetti, superficialissimo. Il numero delle vittime fu, per di più, aggravato dal fatto che tutti erano in casa ed i soccorsi vennero resi impossibili, sul momento immediato, dall'ondata di maremoto che investì la costa. Il maremoto (vale a dire l'immensa ondata di marea provocata dal sismo) è stato anche la causa dell'elevato numero di vittime (75 mila) avutesi nel 1755 a Lisbona, quando l'intera città vecchia venne cancellata. Ancora in Italia, nel 1883. si ebbero 2500 vittime a Casamicciola, nell'isola d'Ischia, tanto che il vocabolo Casamicciola divenne proverbiale per indicare un disastro, e nel 1915 trentamila vittime ad Avezzano, ai margini del Fucino in Abruzzo. Sia a Casamicciola che ad Avezzano fu udito un fortissimo boato; non esiste ancora nessuna teoria che sia in grado di spiegare questo fenomeno acustico che sembra si accompagni sempre, più o meno intenso, a qualsiasi sismo. Il ricordo del Belice, di Ancona e del Friuli è troppo recente, e ancora sanguinante, perché lo si debba rievocare. Su scala mondiale, negli anni a noi più vicini si ebbero scosse sismiche di estrema violenza nell'America nordoccidentale (nell'Alaska, 1964, si registrò il terremoto tecnicamente più violento mai osservato dagli scienziati, la terra si spaccò con gigantesche fratture lunghe decine di chilometri e si formarono nuovi vulcani; si ebbero relativamente poche vittime — 178 morti — perché la zona più colpita era praticamente disabitata); si ebbero terremoti nel Cile (1965, 300 morti), nel Venezuela (luglio '67, 40 mila sinistrati), nel Nicaragua (dodicimila morti soltanto a Managua, il 23 dicembre 1972, resistettero, in parte, soltanto gli edifici in cemento armato, tutte le costruzioni in pietra o in mattoni furono letteralmente polverizzate), nel Messico meridionale, in Perù e un anno fa, come si è detto, in Guatemala con 22 mila morti, 77 mila feriti e più di un milione di senzatetto. Nei Balcani (ricordiamo che Bucarest era già stata duramente colpita il 10 novembre 1940) il più recente terremoto catastrofico fu quello di Skopje, nella Jugoslavia meridionale, del 26 luglio 1963 con oltre mille morti e 3500 feriti. Altre vittime si ebbero ad Argostolion nelle Isole Ioniche e a più riprese in tutta la fascia dalla Turchia occidentale all'Iran. Umberto Oddone

Persone citate: Buffon, Umberto Oddone