Enormi affari della banca svizzera con i capitali portati via dall'Italia di Marzio Fabbri

Enormi affari della banca svizzera con i capitali portati via dall'Italia La "Weisscredit,, è stata chiusa dalle autorità federali Enormi affari della banca svizzera con i capitali portati via dall'Italia L'istituto di credito (che aveva costituito a Milano una " Fiduciaria del Nord ") possedeva anche una flotta di petroliere - Arrestati a Lugano tre italiani che spacciavano obbligazioni false (Dal nostro inviato speciale) Lugano, 3 marzo. Lugano, Chiasso, e più in generale la Svizzera con la sua rete di banche e di uffici di consulenza finanziaria, si stanno rivelando molto meno «paradiso dei risparmiatori» di quanto gli italiani hanno creduto per anni. Sono di questi giorni due notizie: la Commissione federale delle Banche ha ritirato l'autorizzazione ad esercitare l'attività e ha ordinato la chiusura degli sportelli della «Weisscredit», una banca di media importanza della Svizzera italiana, e due comaschi sono stati arrestati per truffa aggravata a causa dell'attività della loro «finanziaria», la «Co. Ge. Simo», in realtà era una semplice organizzazione per l'esportazione dei capitali. Se il secondo caso può essere liquidato come un'ingegnosa truffa compiuta da un numero ristretto di persone, la cessazione dell'attività della «Weisscredit», (nota anche come Banca Commerciale e d'Investimenti) perché «non garantisce più un'attività irreprensibile» lascia intrawedere come siano stati amministrati i miliardi fuggiti negli ultimi anni dal nostro Paese. Pur non essendo al livello delle più note banche della Confederazione la «Weisscredit» non è mai stata considerata un rifugio per esportatori di capitali. Nata nell'immediato dopoguerra dall'iniziativa di Emilio Weiss, funzionario dell'ufficio cambi della stazione di Chiasso, che evidentemente aveva accumula to un sostanzioso gruzzolo durante il conflitto, si è specializzata, all'inizio, nella compravendita di valute e nel commercio dei preziosi. Nel '49 la trasformazione in banca (con un capitale relativamente esiguo di mezzo milione di franchi) è stata l'inizio dell'allargamento delle attività. A portare al tracollo, secondo voci dell'ambiente finanziario, è stata proprio l'espansione troppo rapida e disordinata e, soprattutto, una eccessiva concentrazione di investimenti in Australia, dove a capo della filiale, è Renzo Di Piramo, già presidente e direttore generale della Ford italiana e proprietario della «Philco». Seguire la strada percorsa dal denaro, verosimilmente in gran parte italiano, è difficile perché, come quasi sempre in questi casi ci si trova davanti ad una «anstalt», una delle famigerate società anonime del Liechtestein, la «Finanz und vertrauens handuls anstalt» di Schaan, località nei pressi di Vaduz. lo stesso posto dove, ad esempio, aveva sede la «Icaria» del caso Lockheed. Gli amministratori sono gli stessi della «Weisscredit», e attraverso le maglie del segreto istruttorio svizzero, ancor più rigido in questi casi, si intuisce che è stato proprio il tracollo di questa società, divenuta insolvente, a provocare il provvedimento contro la banca. In realtà, infatti, la situazione dell'istituto di credito in sé non è affatto cattiva. Ma se si conteggiano i 220 milioni di franchi (77 miliardi di lire) che rappresentano il «buco» della «Anstalt», i 110 milioni che costituiscono la disponibilità dell'istituto di credito diventano paurosamente insufficienti. Ora? poiché la legge non impone alla banca di far fronte ai debiti della società è probabile che il prowedi- mento di chiusura sia giunto quando la Commissione Federale si è accorta che dall'istituto di credito di Lugano par tivano trasferimenti di capitali per l'Australia e che quin di i depositi dei clienti servi- vano per turare le falle. Tutto sta a vedere se l'intervento è stato fatto in tempo o se or- mai la liquidità della banca non si è assottigliata in maniera preoccupante. Voci allarmate giravano già da qualche tempo e, prima che davanti alla sede della banca venisse messo un agente di guardia parecchie decine di correntisti hanno fatto in tempo a ritirare i loro depositi. Quello che ci si chiede, soprattutto, è se e quali grup. pi finanziari italiani agissero ! dietro e attraverso la banca. Non a caso la «Weisscredit» ha dato vita a Milano nel '67 alla «Fiduciaria del Nord», una finanziaria con uffici in pieno centro. Quindi, erano probabilmente soldi italiani quelli che, passati per Lugano, erano poi tornati in italia per acquistare due grandi blocchi di abitazioni a Milano e organizzare nell'Italia centrale un gigantesco allevamento di tacchini con un laboratorio genetico che, addirittura, ha ottenuto una razza particolarmente redditizia dal punto di vista della resa della carne. Inoltre, all'estero, figurano nelle iniziative della banca appartamenti in Canada, Spa- gna e Germania, due superpe-l troliere da 133 mila tonnellate e una ventina più piccole. Molto più limitato il «giro d'affari» di Pierangelo Negri, di Antonio Cuman e Cataldo De Benedictis, i tre italiani in carcere perché secondo il giù dice istruttore di Lugano han I no emesso e spacciato obbli ! gazioni totalmente prive di valore. Ne sono state recuperate per 243 mila dollari (poco menò di 220 milioni di lire) e altre, per 83 mila dollari, dovrebbero essere ancora in circolazione. Secondo il giudice svizzero sarebbero comunque almeno dieci miliardi di lire i soldi versati da italiani ansiosi di esportarli e di investirli ad un reddito del 6-8 per cento in società immobiliari con sedi in tutto il mondo. Tutto per i tre è andato liscio fino a quando un commerciante di Vercelli, in ossequio alla legge sul rientro dei capitali, non ha voluto indietro i suoi soldi. Gli è stato risposto che era praticamente impossibile. Marzio Fabbri . ! Lugano. Renzo Di Piramo consigliere amministrativo della Weisscredit (Telefoto)

Persone citate: Antonio Cuman, Cataldo De Benedictis, Emilio Weiss, Pierangelo Negri, Renzo Di Piramo