Minacce sovietiche alla Biennale

Minacce sovietiche alla Biennale Minacce sovietiche alla Biennale (Segue dalla l'pagina) l'ambasciatore Ryjov segue una recente selvaggia aggressione del quotidiano del governo "Izsvestia" e segue analoghe minacce, pressioni e ricatti rivolti dal consigliere culturale dell'ambasciata sovietica al direttore del settore cinema della Biennale, è ormai giunto il momento di capire come stanno le cose: nel 1977 in Italia la Biennale di Venezia può lavorare liberamente o si deve piegare invece al Diktat dell'Unione Sovietica e dei Paesi di cui si fa portavoce? «A questo elementare quesito chiedo che giunga una risposta chiara, sì o no, dal governo italiano, dalle forze politiche e sindacali, dagli artisti e dagli intellettuali. La risposta non potrà essere generica in Parlamento, ma direttamente concreta. Siamo a marzo inoltrato e tre proposte di legge per il rifinanzìamento della Biennale giacciono inerti sul tavolo di quattro commissioni e finora non è stata neppure fissata la data di inizio del lungo iter che dovrà più tardi spostarsi al Senato. Tenere tutto fermo vuol dire impedirci di realizzare qualsiasi programma per il 1977. « Oggi prendo atto con dolore che siamo dunque impediti a lavorare: è giunta l'ora della verità e si impone un chiarimento di fondo. Perché esso abbia luogo in condizioni di assoluta serenità, e perché senza un immediato chiarimento considero ormai impossibile svolgere il mio ruolo, per la responsabilità che la legge mi affida, per la responsabilità morale che sento verso la città di Venezia, per l'importanza dei rapporti che abbiamo con la cultura internazionale, presento al Consiglio le mie dimissioni da presidente della Biennale di Venezia. « Prego il vice presidente di diritto, sindaco della Serenissima, di inserire nell'ordine del giorno della prossima riunione del Consiglio direttivo il punto relativo alle mie dimissioni e ai successivi adempimenti, secondo quanto disposto dall'art. 8 del nostro statuto, legge 26 luglio 1973, n. 438». «Ringrazio — conclude la lettera di Ripa di Meana — tutti quelli che hanno creduto nel nostro lavoro e che liberamente con generosità mi hanno aiutato durante i tre lunghi anni di una esperienza straordinaria». L'ambasciatore sovietico a Roma, Nikita Ryjov, chiamato in causa da Ripa di Meana nella sua lettera al Consiglio d'amministrazione della Biennale, ha confermato in una dichiarazione all'Ansa di aver richiamato l'attenzione delle autorità di governo italiane sui programmi riguardanti il dissenso nell'Est predisposti dalla rassegna di Venezia, programmi ritenuti da Mosca inopportuni. «Abbiamo sempre creduto — ha deto il diplomatico — che la Biennale di Venezia sia stata creata come uno strumento utile ad avvicinare i popoli. Se questo è ancora vero, perché allora si vogliono discutere in quella sede problemi politici che riguardano gli affari interni di altri Paesi?». L'ambasciatore ha precisato di aver parlato alle autorità italiane unicamente a nome dell'Unione Sovietica; poi ha aggiunto: «La Biennale, come tutte le manifestazioni di questo genere, dovrebbe servire a consolidare i contatti amichevoli tra i popoli, anziché creare difficoltà o suscitare sentimenti di insoddisfazione nei rapporti tra gli Stati. Certamente, la organizzaizone della manifestazione è affare dei dirigenti della Biennale. Però, nel caso in cui il desiderio sovietico non venisse preso in considerazione, l'Urss sarebbe costretta a rinunciare alla sua partecipazione e a chiedere anche agli altri Paesi socialisti dì seguire il suo esempio ». Non è difficile ricostruire, a questo punto, la strategia adottata dai comunisti nei confronti della mostra sul dissenso nei Paesi dell'Est e di chi la proponeva: un mas¬ siccio attacco sui fronti dell'informazione (le pesanti valutazioni che l'organo ufficiale « Isvestija » ha pubblicato un mese fa, accusando Ripa di Meana di porre sullo stesso piano la Russia socialista, il Cile di Pinochet e la Spagna di Franco) e diplomatico (l'azione dell'ambasciatore Ryjov), mentre dall'interno dell'ente i consiglieri comunisti « propongono alternative dilatorie — sono parole pronunciate alcuni giorni fa dal presidente della Biennale — per impedire che la Biennale sul dissenso si faccia ». « Le "Isvestija" — aveva detto Ripa di Meana commentando nei giorni scorsi l'attacco del giornale sovietico — non si rendono conto che in Italia esiste la libertà d'espressione e, quindi, di dissenso. Quanto al nostro progetto devo dire che non si tratterà di un polverone politico, ma di una serena e profonda analisi-documentazione di quello che è uno dei più imponenti e complessi fenomeni della cultura contemporanea. Lo spirito di Helsinki, per un'istituzione come la Biennale, non può essere il silenzio, ma l'attenzione all'esercizio dei diritti fondamentali dell'uomo e quindi della sua libertà d'espressione ». «Non intendiamo, inoltre, — aveva aggiunto Ripa di Meana — ignorare che esistono autori e opere di una cultura non ufficiale all'Est che meritano, prima di tutto, di essere noti. La Biennale di Venezia non vuole, pena la sua credibilità, far finta di nulla e disinteressarsi del dissenso: sarebbe una svista imperdonabile per chi vive con gli occhi aperti ». Quanto ai finanziamenti, al- ! lo stato attuale l'ente vene- ! ziano ha un bilancio tale da paralizzare qualsiasi iniziativa: poco più di un miliardo all'anno di contributi tra Stato ed enti locali e un miliardo abbondante di debiti. « Se non si deciderà qualcosa in merito al rifinanziamento della Biennale entro febbraio — aveva detto ai primi del mese scorso lo stesso Ripa di Meana — sarà fatalmente la crisi e se la crisi verrà imposta alla Biennale dirò, con calma e precisione, di chi sono le responsabilità, che andranno allora collegate ad un preciso disegno ». L'urgenza della questione del finanziamento era stata avvertita anche dalla Comm.ssione culturale della Federazione del partito comunista italiano di Venezia, la quale aveva affermato che « non è certo dal pei che sono venuti o verranno gli ostacoli, ma dalle perplessità esistenti nella democrazia cristiana ». La de, dal canto suo, aveva però ribadito che «nessun ostacolo verrà dalla de al riflnanziamento che, per altro, è già previsto sia nella recente proposta di legge sia nell'atteggiamento tenuto dai suoi parlamentari nella precedente legislatura ». Nessuno si oppone, dunque, ma tutto è rimasto fermo. Gigi Bevilacqua Le rubrica « Fantacronache » di Stefano Reggiani è rinviata per mancanza di spazio.

Persone citate: Gigi Bevilacqua, Nikita Ryjov, Pinochet, Ripa, Ripa Di Meana, Stefano Reggiani