Mistero ancora inviolato Come è morta Cristina? di Remo Lugli

Mistero ancora inviolato Come è morta Cristina? Parlano i periti al processo di Novara Mistero ancora inviolato Come è morta Cristina? (Dal nostro inviato speciale) Novara, 2 marzo. Il grande interrogativo sulla morte di Cristina Mazzotti permane. Sono venuti in aula i periti, nove, a parlare e discutere sulle cause, ma alla fine il mistero è rimasto inviolato. Come, perché e, anche c'è da aggiungere, dove (ma questo non riguarda i periti, è un interrogativo nuovo) è morta Cristina? Sei periti d'ufficio — Pierluigi Baima Bollone, Ludovico Isalberti, Adalberto Malaspina, Emilio Marozzi, Italo Robetti, Paolo Tapperò — firmarono una relazione di perizia medico legale di 140 pagine. Oggi si sono presentati ad illustrarla e a rispondere alle domande dei periti di parte, che erano due per la famiglia Mazzotti, il prof. Antonio Fornai! e la professoressa Maria Montagna, e uno, Leopoldo Basile, per la difesa di Loredana Petroncini. Hanno spiegato che l'insieme delle condizioni di prigionia della sventurata ragazza furono tali da costituire l'ipotesi più razionale di spiegazione della morte. Il luogo in cui era costretta a rimanere giorno e notte (la buca nel garage della cascina Padreterno di Castelletto Ticino, dove la corte si trasferirà per un sopralluogo dopodomani, a conclusione della fase dibattimentale), le condizioni di immobilità, la continua sommi lustrazione di sostanze tossiche per farla dormire, sono gli elementi che hanno portato al decesso. E queste condizioni che hanno causato la morte erano così evidenti che chiunque se ne sarebbe accorto. Di qui la volontarietà della morte, come del resto afferma il capo d'imputazione; volontarietà che coinvolge nella corresponsabilità anche quegli imputati, come taluni calabresi, che non videro mai Cristina. Un altro elemento è emerso dalle dichiarazioni di oggi, che non figurava nella relazione dei periti: «Esami peritali su altri soggetti ci hanno dimostrato — ha detto il professor Baima Bollone — che l'assoluta immobilità di soggetti privati del movimento determina, fin dai primi giorni, anche su persone giovani e in buona salute, un danno cardiaco corposo con dilatazione delle cavità del cuore; cioè si sviluppano delle alterazioni delle costanti biochimiche fondamentali dell'organismo». Si è discusso molto sulle dosi di sopportabilità di un individuo di determinati farmaci come il «Valium» e sulle presunte dosi letali, ma ogni risposta non poteva che essere relativa perché gli esami clinici erano stati fatti su quel poco che era rimasto del povero corpo e quei reperti erano putrefatti. Inoltre non si sa in quali condizioni fisiche, e quindi di sopportabilità dei medicinali, si trovava Cristina e quanti tipi di sonniferi e calmanti le sono stati somministrati; taluni, quando sono associati, possono causare dei sinergismi pericolosi specie su un organismo già debilitato. Parecchie domande della difesa (degli imputati Geroldi e Petroncini. ad esempio) hanno delineato una nuova strategia che potrebbe preludere ad una spaccatura profonda del fronte degli imputati. Si cercava di accertare. attraverso le risposte dei periti, se la morte di Cristina Mazzotti non sia stata provocata in un momento in cui le condizioni fisiche della ragazza di per sé erano tali da non portare al decesso. In altre parole si tendeva a chiedere: Cristina può essere stata uccisa con altri mezzi, diversi dalle medicine somministrate? Il professor Baima Bollone ha risposto: «E' chiaro che mettendo da parte la razionalità e lasciando libero campo all'immaginazione si sarebbe potuto anche supporre qualsiasi causa di morte, e infatti nella nostra relazione abbiamo anche creato alcune finzioni immaginarie tra cui la morte per elettricità». S'affaccia questa ipotesi, suggerita dalle insistenti domande di certi difensori ai periti su altre cause di morte: c'è forse in vista qualche colpo di scena, si vuole dire che Cristina non è morta la notte del 31 luglio 1975 mentre, in auto, la portavano via dall'appartamento di Rosa Cristiano a Galliate? E dove potrebbe essere morta, allora, a Castelletto Ticino, dove forse era stata portata dì nuovo a causa dell'allarme suscitato per la casuale apparizione di un carabiniere alla porta dell'appartamento di Galliate? Hanno deposto anche altri j due periti, Mario Portigliatti ! Barbos ed Eugenio Borgna, relativamente alla perizia da loro eseguita su Antonino Giacobbe, il presunto boss mafioso ricoverato all'ospedale psichiatrico di Girifalco (Catanzaro) dal 23 luglio al 29 agosto '75. Hanno chiaramente affermato che le condizioni esteriori di Giacobbe non erano tali da giustificare un ricovero in manicomio. Remo Lugli NUOVI CAPITOLI NEL GRANDE ROMANZO DEI SEQUESTRI

Luoghi citati: Castelletto Ticino, Catanzaro, Galliate, Novara