II «dossier Uganda» sul tavolo di Carter di Vittorio Zucconi

II «dossier Uganda» sul tavolo di Carter I 240 Usa "trattenuti,, da Amin II «dossier Uganda» sul tavolo di Carter (Dal nostro corrispondente) Washington, 28 febbraio. Partita con la promessa di rimettere l'Europa al vertice dell'agenda diplomatica americana, l'amministrazione Carter è costretta a restare, finora, sulle rotte già tracciate da Nixon e Kissinger, dall'Urss, all'Africa all'Asia. Dopo la vicenda dei «dissidenti» sovietici che tornerà a scaldarsi domani quando Carter riceverà alla Casa Bianca Vladimir Bukovski (scambiato da Mosca con il leader comunista cileno Corvolan) sono ora imprrovisamente l'Uganda, la Cina e gli strascichi del caso Cia-Hussein ad assorbire l'attenzione dell'apparato di politica estera. Dall'Uganda si attende con ansia lo sviluppo del caso dei 240 cittadini americani concentrati all'aeroporto di Entebbe, dalla Cina giungono segnali di rinnovato desiderio di contatti e negoziati, espressi in termini garbatamente polemici da Pechino, mentre il segretario di Stato Vance è costretto a difendere l'operato della Cia in Medio Oriente per non perdere l'indispensabile collaborazione di Hussein. Il mondo non si ferma ad aspettare l'apprendistato di un nuovo Presidente, che si trova — come scrisse Walter Lippmann — a dover imparare a pilotare un aereo già in volo. Ad Entebbe Le jotizie dall'Uganda — di tutte la crisi più immediata e potenzialmente pericolosa — sembrano oggi un poco più rassicuranti dopo la tensione del weekend e il portavoce del Dipartimento di Stato, ovviamente mentendo per non irritare Amin, ha detto di «non trovar motivo d'allarme». Il presidente Idi Amin ha informato per telefono il corrispondente della catena televisiva americana «Abc» a Nairobi, che i cittadini statunitensi da lui «convocati» per mercoledì ad Entenne «non corrono alcun pericolo» ed egli desidera soltanto «comunicar loro i suoi elogi per il lavoro svolto in Uganda» e consegnare la «medaglia d'onore». Fra i 240 «origionieri d'onore» vi sono 100 missionari, 60 insegnanti, uomini d'affari legati all'industria petrolifera e impiegati di compagnie aeree. Secondo una trasmissione della radio ugandese, Amin avrebbe personalmente visitato gli americani già raccolti ad Entebbe — l'aereoporto dove gli israeliani liberarono con un'azione di guerriglia gli ostaggi dell'aereobus francese — rassicurandoli e spiegando loro che la stampa internazionale aveva « frainteso » le sue intenzioni. Altre assicurazioni sono state date dallo stesso Amin al presidente dello Zaire, Mobutu, con il quale ha parlato telefonicamente. Ieri.infine, Amin aveva invitato rappresentanti del governo Usa, che, non ha un'ambasciata in Uganda ma si fa rappresentare dai dai tedeschi, a partecipare all'incontro di mercoledì con i 240 americani ad Entebbe. L' "Enterprise A Washington l'intera vicenda solleva ovviamente tremendi interrogativi. Un'azione di forza alla israeliana è per il momento esclusa, secondo dichiarazioni dello stesso Vance, ma la portaerei nucleare « Enterprise » con i suoi 100 aerei e i marines a bordo è a distanza utile da Entebbe. Carter, che potrebbe essere stato l'occasione dell'azione di Amin con i suoi severi commenti dopo il massacro dei missionari, si è mostrato molto calmo in un incontro con la stampa e ha fatto riferimenti al « senso di responsabilità » di Amin. Carter ha aggiunto che gli Usa « stanno studiando la possibilità » di accettare l'invito a mandare un osservatore, mercoledì ad Entebbe. E' chiaro che Washington non vuol far nulla per irritare l'imprevedibile capo di stato dell'Uganda ma senza dar l'impressione che si possa giocare impunemente con le vite di cittadini americani nel mondo. I commenti di Carter sulla vicenda ugandese sono venuti poco dopo che il segretario di stato Vance era apparso alla televisione per discutere l'altro, imbarazzante problema internazionale esploso fra le mani dell'amministrazione Usa la scorsa settimana, il caso Cia-Hussein. Vance ha difeso l'operato della centrale, sostenendo che le sue azioni sono ormai « corrette » e « non v'era nulla di illecito o scorretto » nel finanziamento a Hussein (subito interrot¬ to però da aCrter). « Per molti anni — ha detto il segretario di stato — abbiamo offerto assistenza nei settori della sicurezza e della raccolta di informazioni al governo giordano, che l'ha accettato liberamente e con gratitudine ». « Dobbiamo renderci conto — ha aggiunto ancora Vance — che combattiamo una guerra quotidiana, calda 0 fredda, e ci è indispensabile raccogliere informazioni ovunque per essere in grado di combatterla ». Dalla Giordania, Hussein ha risposto confermando di aver ricevuto finanziamenti « dagli ultimi 5 presidenti americani » (dunque da Eisenhower a Ford) e sostenendo che « i fondi non erano per il suo personale beneficio, ma per ragioni di sicurezza ». Al sovrano, che ha discusso con Newsweek, «non risurta» che 1 finanziamenti siano stati sospesi come ha detto Carter. Un'altra massiccia eredità della passata diplomazia è venuta infine a complicare il già inquieto weekend diplomatico dell'amministrazione Carter: la Cina. In un articolo del noto columnist Joseph Kraft, apparso sul New York Times, si afferma che Carter e Vance non sono stati messi al corrente dai loro predecessori di un'importante intesa cino-americana: in essa secondo Kraft, Washington si impegnava nel 1972 a rinunciare «ih pochi anni» ad ogn Rapporto formale con la Cina nazionalista, naturalmente anche «disconoscendo» il regime di Taiwan. Con i cinesi Vance è apparso imbarazzato dalla «rivelazione» di accordi segreti fra Nixon e Mao Tse-tung e ha promesso di «indagare» per scoprire se vi sia alunché di vero. «Stiamo rivedendo tutte le carte ufficiali e gli appunti riservati sui passati colloqui con i cinesi — ha detto Vance — e se mancassero delle carte sappiamo dove cercarle». Dal suo nuovo studio legale, dove prepara le memorie e la prossima attività di commentatore diplomatico per la tv, Kissinger ha fatto sapere di avere «detto tutto» a Vance sui colloqui don la Cina e di non avere alcun documento sconosciuto alla nuova amministrazione. Vittorio Zucconi