Tensione nel commercio tra l'Europa e il Giappone

Tensione nel commercio tra l'Europa e il Giappone ESPORTATORI FRANCESI RESPINTI A TOKYO Tensione nel commercio tra l'Europa e il Giappone Le relazioni commerciali fra il Giappone c l'Europa stanno attraversando una fase di tensione. Il dialogo non è facile: quando Tokyo parla di diritti, i Nove rispondono riferendosi alla modalità degli scambi e viceversa. Gli ostacoli sono di varia natura. Un esempio significativo, come spiega questa inchiesta di EUROPA, e il modo con il quale il mercato nipponico respinge gli esportatori francesi. Nel 1947 la Renault firmò un accordo di produzione su licenza della 4 Cv con la llinho. una piccola impresa giapponese. La cooperazione durò 10 anni, un ureo di tempo nel corso del quale l'industria automobilistica nipponica si e fatta rapidamente le ossa, uscendo dallo stadio embrionale per mettersi u « copiare » senza pudore i modelli europei. Poi, allo scadere della licenza nel 1957 seguirono 20 anni di stasi. « E' vero — ammettono alla Renuult —. non ci siamo sforzati di riprendere i contatti ». ma l'incidenza dei diritti doganali (quasi 40 per cento), la severità delle disposizioni limitative nei confronti degli investimenti industriali stranieri bustuvuno per scoraggiare qualsiasi iniziativa. I risultali non si sono falli attendere: i costruttori nazionali hanno goduto di un periodo di tranquillità coni peliliva che ha consentilo loro di svilupparti con sorprendente rapidità. Anche se nell'ultimo quinquennio lu maggior parte degli ostacoli tariffari è stala abolita, l'unno scorso lu Regie Renuult. che pur esportu nel mondo intero circa la mela della sua produzione, è riuscita a vendere in Giappone una solu vettura. Il perché è presto spiegato. I rappresentanti francesi sono convinti che ultri ostacoli, più subdoli e meno appariscenti, siano stati • inventati » per consentire ai responsabili giapponesi di SCCglifre i modelli da importare. E' il caso della movimentala omologazione della Renault 5 Cv. iniziala all'inizio del '7b e completata dopo 12 mesi. « Le cause del rilurdo restano misteriose. Lin giorno ci hanno dello: bette, ora procederemo all'omologazione del vostro modello, una procedura che si poteva effettuare tranquillamente tre mesi prima ». Quando si chiede alle direzioni delle so¬ cietà automobilistiche francesi di spiegare l'insuccesso registrato sul mercato giapponese, dove la Francia lo scorso anno hu pinzzalo soltnnto 128 macchine, saltano subilo ull'occhio l'imbarazzo e il cattivo umore tipici di uno sfortunato giocatore di scacchi. Brontolano citando u raffica • ;,' protezionismo sornione » e « il mercato impossibile » per lugnarsi infine delle « clausole trappola » in grado di mettere nel succo anche l'esportatore più astuto. In testa alla lista delle lamentele figurano le voci di adeguamento ullu legislazione giapponese, inquinamento, sicurezza, rumorosità; tutte di gran lunga più severe che in Europa. « Per uniformarsi bisognerebbe addirittura costruire vetture differenti, impresa redditizia solo nel caso di forti esportazioni ». In conclusione, un circolo vizioso se si tiene conto dello scarto nel prezzo che u volte può risultare doppio fra il modello importalo e quello di produzione locale fuvorcndo chiaramenle l'ultimo. La Renuult stima infatti che operando un massiccio sforzo finanziario potrebbe riuscire u vendere in Giuppone un mussimo di 20 mila vetture, sempre insudicienti per giustificare grossi investimenti commerciali. A parte la regolamentazione vigente, la loro applicazione rappresemi! un altro punto di frizione fra le società europee e l'animinislrazionc giupponcse. Le prime accusano apertumente i giapponesi di non informarle con il dovuto anticipo sulle modificazioni richieste. « Quando elaborano un progetto, i giapponesi non pensano che a se stessi ». dicono i costruttori esteri. « Si consultano fra loro, tengono le decisioni ben strette al petto e al momento in cui ci presentiamo con una nostra vettura ci dicono che non può essere accettala perche non conforme alle nuove norme ». La procedura di omologazione è un altro punto interrogativo, perché i rappresentanti europei ignorano il più delle volte le specifiche che verranno richieste. « Chiedono a tamburo battente note esplicative, nuovi rapporti di prove e basta un dettaglio fuori posto per costringerci a ricominciare la trafila dall'inizio ». In più c'è da considerare che il calvario non è finito, perché l'interpre¬ tazione delle norme resta mollo soggettiva. L'attenzione degli esportatori francesi non si limita tuttavia alle automobili. Infatti, a purie poche eccezioni, come la Rossignol per gli sci, la fetta più cospicua delle vendite francesi in Giappone consiste in prodotti di lusso (vestiario, profumi, cristalleria, alcolici, gioielli, oggetti d'arte) che beneficiano in parte dcll'uticggiamcnto favorevole dei consumatori giapponesi nei confronti della cultura c del buon gusto francese. I francesi parluno dunque di • protezionismo sottile ». forse però non hanno ultra scusa che la scarsa conoscenza della giungla commerciale giapponese. Al di là degli episodi aneddotici, la causa essenziale della debolezza delle esportazioni < made in France » nel Giappone va ricercata soprattutto nelle difficoltà di adattamento delle imprese occidentali ulto spirito, ulta struttura commerciale e al comportamento degli imprenditori del Sol Levante. Veronique Maurus

Persone citate: Giuppone