L'Europa pesa nel team Carter di Vittorio Zucconi

L'Europa pesa nel team Carter LE SCELTE DEL PRESIDENTE L'Europa pesa nel team Carter Rispetto alla squadra di Ford, nella formazione del « team Carter * l'Europa ha perdulo un segretario di Stalo (Kissinger, tede, co) ma ha acquistalo un segretario del Tesoro (Blumenihal. tedesco) e un assistente per la sicurezza nazionale (firzezinski. polacco). Se valutato in termini scacchistici il cambio può apparire sfavorevole — una regina coniro un alfiere e un pedone — ma politicamente esso si annuncia come nettamente vantaggioso. La realtà anagrafica, infatti, non ci dice il vero sull'influenza del vecchio Comincili,' sulla formazione, il pensiero e. sperabilmente, l'azione dei nuovi governanti americani. Kissinger, fu dello e ripetuto fin troppo, poteva sembrare in qualche modo un epigono di Mcttcrnich. dunque un architetto di restaurazioni politiche, di rigido controllo dello status quo. In Nixon. scoprirono mollo tardi gli editorialisti americani, egli aveva novuto lo specchio del suo pessimismo « mitteleuropeo ». una totale sfiducia nella governabilità degli uomini e delle cose da cui il bisogno ossessivo di controllare tutti, di « sionewall » i nemici interni ed esterni. Fu anche sciitto che da Kissinger Nixon aveva assorbito una concezione distorta dell'hegelismo, una strana dialettica nella quale la lesi avrebbe dovuto coincidere con la sintesi. Creando le premesse, infine, per un crollo verticale del sistema di sicurezza e di controlli: il Walergale negli affari interni, la Waterloo economica degli alleati negli affari esteri. Il nuovo team al potere si presenta al contrario con credenziali di ottimismo e di fiducia. L'Europa, che per gli ultimi otto anni ha rappresentato a Washington un segnale di pericolo, appare, se vista con gli occhi dei prossimi amministratori, come una occasione per nuove politiche. Per ora si vede più buona volontà che proposte, ma una cosa è certa: nel giudizio dei Vance. dei Brzezinski. o dei Gardner (ambasciatore in Italia) è superato il dualismo di valutazione che vedeva in passato l'Europa sempre tra crescila, dunque come « blocco competitivo » unti-americano, e regresso, dunque come sbriciolamento in un micro universo di squilibri economici, di Nord e Sud, di eurocomunisti ed euroconscrvalori. E' preciso, oggi, il riconoscimento che l'America ha bisogno dell'Europa. Mu se nell'amministrazione uscente erano riconoscibili le tracce di « pensiero europeo » (basta rileggere il lavoro storico di Kissinger prima del suo ingresso nel governo), nell'amministrazione Caller l'influenza continentale appare forse più prugmuticu che teorica. Vi sono certo componenti personali, come in Ulumenih.il. ebreo berlinese emigrato con la famiglia dalla Germania nazionalsocialista, o in Brzezinski. polacco di Varsavia e sposato alla nipote del presidente cecoslovacco Bcnes. ma è necessario resistere alla tentazione di psicoanalizzare e riconoscere — come talora fu fallo con Kissinger — in traumi antichi la radice di decisioni diplomatiche. Tutto quel che si può ascrivere alla stoi i.i personale degli « europei » nel governo Carter c una solida intolleranza per ogni regime totalitario (e già questa sarebbe una bella eredità dalla vecchiu Europa). V. resto dell'influsso continentale appartiene alla sfera della formazione successiva degli uomini di Carter, dei loro contatti personali con l'altra sponda dell'Atlantico. Quasi senza eccezione, i personaggi scelti da Carter nelle posizioni collegalc alla politica estera sono stati ripetutamente esposti negli ultimi anni a intellettuali, politici, giornalisti europei e molli di loro portano uno conoscenza diretta dei problemi nelle nostre nazioni. Essi hanno respiralo Europa in questi anni, e il loro polmone è stala New York, le organizzazioni internazionali, i gruppi di consultazione e dibattito come la Commissione trilaterale, il Council on foreign rclations. le università, l'internazionalismo della cultura. Alcuni di loro arrivarono a dare scandalo invitando un comunista u parlare e discutere a New York e dovette intervenire il dipartimento di Stato per impedirlo (fu il caso dell'esponente del pei. Segre). Come executive» di multinazionali o come intellettuali viaggianti essi portano alla Casa Bianca e nei ministeri un vento di conoscenze personali, di rapporti umani che potrà spazzare un po' della muffa culturale accumulata da 8 unni di provincialismo nixoniano. Paradossalmente dunque pur essendo assai più americani dei loro predecessori (l'ambasciatore Gardner li definisce « idealisti pragmatici » e che cos'altro e un americano?) i prossimi amministratori d'America portano un miglior, se non maggiore, bagaglio europeo. Di tutti il meno « equipaggiato» in questo senso è pioprio lamcs Earl Carter, ma £ una dimostrazione della sua abilità l'avere scelto per la gestione dei problemi internazionali persone con una vasta esposizione cosmopolita, senza il timore di sfigurare al confronto. Egli sa bene che. se fu Mctternich l'ispiratore di Kissinger, sarà comunque sempre Carter l'ispiratore di Vance e Brzezinski. Vittorio Zucconi