La paura d'integrarsi di Gaetano Scardocchia

La paura d'integrarsi INCHIESTA SUL MONDO SINDACALE IN ITALIA La paura d'integrarsi Il sindacato ha un diffuso desiderio di assestamento - Ma si dibatte in un contrasto grave: mentre esercita poteri prima appannaggio dei politici, rifilila l'integrazione per il timore di perdere l'identità conflittuale dl dl i Koma. febbraio. Im convenzione giornalistica vuole che un'inchiesta si concluda con un tentativo di sintesi. Ma coi sindacati, magma ancora ribollente, le sintesi non sono possibili. Limitiamoci allora a un'impressione finale, molto vaga, che è questa: nel sindacato c'è un diffuso desiderio di assestamento, un bisogno di mettere ordine, di dare una sistemazione alle conquiste degli ultimi 10 anni. Capita nei periodi di crisi. A un'avanzata troppo disordinata segue un ripiegamento su posizioni più sicure, in trincee meglio difendibili. Enzo Mattina, segretario della federazione dei metalmeccanici, racconta un episodio molto istruttivo. Tem- po fa si recò a Taranto per 1 un comizio e fu fischiato da alcuni operai. Una contestal zione banale, senza altri in cidenti. Ma qualche giorno dopo la segreteria della Firn di Taranto gli comunicò di aver espulso i contestatori con rito sommario (« per reato di fischio ni e di averli j esautorati come delegati del consiglio di fabbrica Dice Mattina: « L'episodio è grave. Quei delegati erano stati eletti dai compagni di lavoro. A prescindere dal fat- I to che i fischi non sono pu- ..„...,, ,„,„ inrevoca da parte degli elet- | sttori, non un'espulsione da parte del sindacato. Io sono ! sempre stato contrario alle | regole, ma in questa fase di [ stabilizzazione comincio ad j avere dubbi: dico perciò che ! le regole ci vogliono ». Che c'è di nuovo Le regole di cui parla Mattina sono un'esigenza interna del sindacato, che è una organizzazione piuttosto farraginosa e approssimativa nei suoi statuti. Di regole, come abbiamo visto nei precedenti articoli, ne ha assai meno dei partiti politici. Ma questa richiesta di assetti formali, di logiche più costruttive, comincia ad estendersi anche al rapporti del sindacato con la controparte e con le istituzioni pubbliche. A un convegno della «Fondazione Brodolini». in gennaio, ci è capitato di ascoltare un esponente della Cgil. Aldo Bonaccinl. che invitava i sindacalisti a studiare «con più modestia e con meno supponenza » le esperienze di cogestione latte dal sindacati tedesco e tvedese. La Cgil si è convertita alla Mit- cosdsdlabdUfimllepgudnasrvtIteccn«tsi di nvve. sia pure tra mille con trasti. Bonaccini ammette che quando si compiono certi passi, per esempio con la richiesta di controllo degli nsstst ..,„..„... „ , _ . „ investimenti aziendali, s tm- | strada che poria Q forme dj ! | [ j ! corresponsabilità: «Non possiamo più pensare di condurre le lotte con un solo strumento, il conflitto ». Qui c'è una schizofrenia del sindacato, ed è bene parlame. Ai due estremi, alla base in fabbrica e ai vertici della dirigenza confederale. Ut filosofia imperante è il rifiuto dell'integrazione, il timore ossessivo di perdere l'identità conflittuale. Il delegato di fabbrica, col cuore prima ancora che con la ragione, è un contestatore, ha \ una concezione aggressiva del suo ruolo. Quest'analisi non può essere generalizzata ; a tutto il sindacato, ma vale \ senza dubbio per le catego- i rie industriali più combatti- ' ve come per esempio i me- \ talmeccanici. Nella sua ormai famosa ! Intervista sul sindacato ( Laterza), anche Luciano Lama esprime la medesima preoccupazione, ma lascia capire che anche il sindacato italiano cerca qualcosa di nuovo: «I tedeschi stanno sperimentando la strada della coge- | I j |!Istione, gli svedesi parlano di ii democratizzazione dell'eco- !i nomi», gli inglesi hanno in- Iventato il cosiddetto patto !non mi paiono idonee al caso nostro. Ma, in Italia, noi siamo ancora molto indietro nell'individuazione degli strumenti: credo che nel futuro dovremo affidarci a del- le sperimentazioni... ». Però, detto questo, subito Lama corre ai ripari; e si chiede: a Su questa strada non si rischia veramente di perdere il connotato dell'antagonismo di classe, non si rischia cioè l'integrazione? ». Niente integrazione, dunque. Il sindacato non vuole assumersi una funzione stabilizzatrice del sistema (il verbo stabilizzare e l'aggettivo stabilizzante hanno quasi sempre, nel linguaggio sindacale, valore negativo). E tuttavia — ecco la schizofrenia — questo rifiuto, questa ideologia della non-corresponsabilità vengono contraddetti nei comportamenti di ogni giorno. Il sindacalista dice che non si mischia, che non gestisce, ma in verità si mischia, è invischiato in mille cose, è coinvolto in molti ingranaggi ammini- arativi, passa da una riunio ne all'altra, tanto è vero che i gettoni, ossia le ricompen se per la sua attività ester na. vanno versati nelle casse del sindacato. Una mappa dell 'integra zione è difficile da tracciare, perché il territorio è vastis- simo Possiamo distinguere due settori, uno formale Val tro di fatto. E' formale la Presenza dei sindacalisti in organi costituzionali fU sindacati l'opinione pubbli- . ' . Cnel). nei grandi enti previ denzialt (flnpsi, o nei consigli d'amministrazione delle aziende autonome statali (le ferrovie) o municipalizzate. Ma poi c'è l'infinita e minuta partecipazione alla routine del potere politico: i comitati e i sottocomitati nei quali i sindacalisti abbondano, le consultazioni I con i Comuni e le Regioni, \ le trattative di politica economlca con il governo. So- j no tutte corresponsabilità mai codificate. Perciò, quando pensa ai ' dicono che i sindacalisti son «troppo integrati», che esercitano sottopoteri (trasferimenti, assunzioni) che prima erano appannaggio dei I politici, che si sono insinua- \ ti fin dentro i più delicati ! meccanismi dello Stalo, per I esempio le commissioni d'esame per il personale scola- 'n certi'iZi bri delle commissioni ven¬ gono sceM „su ne del sindacati ». formula che evoca fantasmi corpora- tivl, che suona come una so- praffazione: dove sono finiti il garantismo, l'imparzialità dell'amministrazione pubbli- ca? Un sindacalista ci ha v*». t. u aiuuutuiiaiu ti lui confessato: «Persino nell'as- . ' iAlcuni studiosi del fenomeno rilevano che questa e- spansione del sindacalismo '■ stata una forma di compii- cita che la classe politica ha offerto al pericoloso con- córrente nelVlntentà~d'èìnr elzzarne la carica orateVtri taria 11 carosello dei mini srri e deali a.J..„rirru" " cepo„0 £ udienza i sindaca- if.,1 „ ' "'Jr! ' , "v, un rtto ornli^ininrin ,,rn cerimonia ' . .Ans. ìc°TneJ,0'., u" ** di\ r'oen,e ael'° Ca» che oggi l??or°.r vespe_ (il centro ai stuai economici del pei). : sosj'ene che il sindacato è 1 s,ato «istituzionalizzato» per i "n vuoi° dell autorità poli (tea: « Quando non esisteva l'incompatibilità delle cariche e i sindacalisti sedevano in Parlamento, dice .-le cornerò, venivano ascoltati assai meno di adesso che non ci sono più. Intendiamoci: ascoltare i sindacalisti non è di per sé un fatto ne- gativo. Diventa negativo se la consultazione è improduttiva: il politico consulta il sindacalista ma poi non decide niente oppure decide cose diverse. Ecco allora che i dirigenti sindacali si ufficializzano sempre di più in una società che rimane sempre la stessa ». // disagio del sindacalista oggi è questo: di sembrare un politico, ma di non esserlo fino in fondo. Sono altri a manovrare le leve ultime del potere. Egli può far pressione sui manovratori, ma non può sostituirsi ad essi. E Accornero osserva che questa impotenza si esprime in un gergo terrificante per la sua vuotezza: «Spesso, spessissimo si afferma che bisogna fare delle scelte "politiche " oppure "prioritarie" ovvero "di fondo", ma quasi sempre ciò significa soltanto che bisogna fare delle scelte difficili, e a volte semplicemente che bisogna fare delle scelte. Disperato è il caso del vocabolo "strategia", polìticamente pregnante e di tutto rispetto, ma che si sente l'irrefrenabile neces- sita di puntellare con un "complessiva", un "genera- le", un "globale", quasi aves- se bisogno di stampelle». In un dibattito che si svol- se un anno fa (attenzione: prima del 20 giugno) sulla rivista della Firn. Agostino Marianetti. che oggi è il lea- der socialista nella Cgil. ar- rivo con efficacia al nocciolo del problema: «Se la ragio- ne vera del nostro insuccesso è la distanza fra azione sindacale e quadro politico, delle due l'una: o la smettiamo perché non avendo dei risultati in realtà facciamo solo propaganda, e torniamo a fare il nostro mestiere, oppure andiamo più avanti affrontando quello che è apparso il nodo per il quale la nostra strategia non ha avuto successo». Era un'alternativa minacciosa, e Marianetti spiegò: «Non so quale debba essere la soluzione, però la cosa peggiore è far finta che il problema non esiste». Da otto mesi a questa parte, cioè dopo il 20 giugno. di quell'alternativa resta in piedi solo la prima parte: il ritorno «al mestiere». Laminaccia di inasprire la lot-ta fino a far saltare le rego-! le del sistema (era questa la tentazione di alcuni sindacalisti) si è svuotata. I fato hanno dimostrato che l'agitazione sindacale, anche se promossa da esponenti cattolici o socialisti, ha portato acqua a un solo mulino, il pei. «il partito che tutto incassa e porta a casa». E a sua volta il pei. che dall'agitazione aveva tratto il vantaggio, si trova oggi a dover chiedere al sindacato meno agitazioni e più risposte positive. Dtfatti è nella Cgil (soprattutto nella corrente comunista) che si percepisce con maggior chiarezza quel desiderio di assestamento, quell'esigenza di ordine e di formale integrazione che abbiamo segnalato all'inizio come impressione conclusiva della nostra inchiesta. Fatti non teorie E' interessante osservare che le « forme di democrazia economica», la possibilità «di influenza e di con| trollo sull'impresa», e cioè i j metodi non conflittuali delj l'azione sindacale figurano | al punto 2 dei temi di dibat| tito che la Cgil ha elaborato I Per il suo prossimo con\ oresso di Rimini (611 giù' ano di quest'anno). Sono ar! (tomenti ancora tanto contro versi all'interno stesso della I confederazione che il reta i Ufo testo è un Incredibile assemblaggio di cose dette e subito negate, di «ipotesi di \ sostegno legislativo» e di «affidamento al mero rapporto conflittuale», di tutto e il contrario di tutto. Il fatto nuovo è che il problema ver■ rà discusso al congresso: co' me può entrare il sindacato . nelle gestione aziendale e nei meccanismi dell'economia? Non ci sentiremmo di pre! vedere che la risposta arriverà entro l'anno. Forse non arriverà mai. Il sindacalismo ' italiano preferisce i fatti ali le codificazioni e fin quando i può fa le cose senza teoriz' zarle. Così è avvenuto fino' ra. Se uno straniero studlasj se l'Italia del 1977 avendo tra le mani solo la Costitu- ! zione e le leggi, arriverebbe \ probabilmente alla conclu \ alone che il sindacato quasi i non esiste, ! Gaetano Scardocchia Luciano Lama, durante un comizio (Foto Ansa)

Persone citate: Accornero, Agostino Marianetti, Aldo Bonaccinl, Bonaccini, Enzo Mattina, Lama, Luciano Lama, Marianetti

Luoghi citati: Italia, Rimini, Taranto