Montale tra i poeti di Lorenzo Mondo

Montale tra i poeti CINQUANTANNI DI "LETTURE,, Montale tra i poeti Sulla scia degli ottantanni e dell 'assegnazione del Nobel vanno infoltendosi le pubblicazioni, di varia natura, dedicate a Eugenio Montale. Domenico Porzio, accompagnatore del poeta a Stoccolma, ci ha lasciato il diario di quei giorni, sbozzando il ritratto di un Montale dove si contempcrano curiosità fanciullesca e maliziosa arguzia nei confronti di una civiltà «altra», di una occasione irripetibile (Con Montale a Stoccolma, ed. Ferro). Marco Forti, facendo credito, giustamente, alla risonanza del premio, ha preparato una antologia di nitidissimo disegno, corredata di saggi esemplari, di una bibliografia aggiornatissima (Per conoscere Montale, ed. Mondadori). Maria Corti e Maria Antonietta Grignani stendono, in un elegante quaderno einaudiano il catalogo dei materiali donati dal poeta («i mici stracci») al Fondo manoscritti di autori contemporanei dell'università di Pavia: non senza anticipare qualche testo c variante di particolare significato. Ce n'è per il profano e |h.t lo specialista, per le sottigliezze impervie della filologia e per le piacevolezze dell'aneddotica. E' uscito anche, in edizione accresciuta, il Carteggio Svevo-Montale, con gli scritti dedicati dal poeta al romanziere (ed. Mondadori). In altre parole il dossier di un episodio decisivo della nostra cultura, che avviò l'annessione dello scrittore triestino, con la sua prosa «trasandata» ma necessaria, alla grande letteratura tra Otto e Novecento. Non finisce di incantare, in quel 1925 della «scoperta», il rapporto tra il vecchio narratore, ansioso di riscaldarsi c riconfortarsi alla fiamma della notorietà, e il giovane poeta degli Ossi di seppia: parimenti ansioso di rendere giustizia all'uomo che, in un trentennio di solitario lavoro sottratto alla fabbrica di vernici sottomarine, era riuscito a portare il romanzo italiano al centro delle sperimentazioni moderne, nelle zone più sotterranee e oscure della coscienza contemporanea. Ed è curioso il tono lievemente paternalistico assunto a tratti da Svevo, certo per difendersi e risarcirsi in qualche modo della chiaroveggenza di Montale; con quel singolare consiglio, di lasciare i versi ocr un «più ragionevo | le» modo di esprimersi: «Non , capisco perché chi in buona prosa sa analizzare uomini e cose quale critico, nor voglia fare il critico della vita intera». E' troppo facile rilevare che Montale fu critico della vita intera proprio attraverso la sua poesia; mentre la disposizione, precocemente manifestala, all'analisi di quella vita mediata che è la letteratura, viene documentata da un altro volume recentissimo che raccoglie, a cura di Giorgio Zampa, discorsi, recensioni, interviste Sulla poesia (così il titolo del volume mondadoriano). Vi sono compresi, nell'arco di. cinquantanni, testi ormai canonici, su Gozzano, Campana, Sbarbaro, Saba, sulla lirica francese da Baudelaire a Eluard, su Emily Dickinson. Eliot, Pound e Kavafis. Molte di queste pagine apparvero sui quotidiani con l'alea che ne consegue: il pretesto di cronaca, gli spazi irrazionalmente consentili, i tagli disinvolti e non più rimediabili dell'impaginatore. Ma nell'intero volume, così rapsodico, cosi lacunoso, non viene mai meno la presenza del «colore» Montale, la smorzatura di una soffice colloquialità, di un tono quietamente e ironicamente interrogativo. * * Vediamo, intanto, la sua concezione della poesia. Di Croce egli apprezza l'idea che la facoltà poetica sia diversa dalle altre facoltà dell'uomo, che abbia una sua specifica e vichiana «degnila»; acquisizione preziosa contro chi, ai suoi tempi e dopo, avrebbe privilegiato nell'opera d'arte il documento o il contenuto. Ma in Montale la lezione ciocia na non assume valore catego- ni ile coniano di niù ncr lui naie, con ano cu più per i critici della Voce, da Serra a Home, l'attcnzioncvitlroggct to testuale di un ( cu in. di un Debenedetti, di un Solmi. Apprezzerà gli strutturalisti, i quali dimostrano che nei grandi libri di creazione non è possibile distinguere tra noe sia e non poesia (non h.i mai accettato la crociana «efflorescenza di campanule» sulla «fabbrica» dantesca), ma diffiderà della loro perizia che spesso diventa fine a se stessa. In fondo, egli non sa consigliare di meglio alla critica che .una «coraggiosa cura empiria», la più adatta a cogliere l'essenza sfuggente, bi¬ licantc, della poesia. Più volte | ricorre in queste pagine la de-1 finizione desunta dal secentista Tommaso Ccva: «Un sogno fatto alla presenza della ragione», che può forse utilmente confrontarsi con quella contenuta nel discorso di Stoccolma: «Se considero la poesia come un oggetto ritengo ch'essa sia nata dalla necessità di aggiungere un suono vocale (parola) al martellamento delle prime musiche tribali». Una condizione aurorale che si arricchisce e si compiica, attraverso i secoli, nel fare poetico dell'uomo cristiano e occidentale, dove il bello inerente alla poesia si interiorizza, entra in dissidio dialettico con il suo significato, per chi scrive e per chi ne fruisce: «Non il bello conta, ma l'uomo; e. raggiunto questo segno, non l'uomo importa ma il bello: susseguirsi di disivelli al quale l'uomo occidentale, e più l'europeo, ha affidata la sua dignità e la sua protesta». * * Sono suggestive aperture che diamo a titolo di esempio, e va da sé che, a questo punto. Montale sta anche parlando della propria poesia. In una «intervista immaginaria» riconosce il suo debito iniziazialc con i poeti liguri, Ccccardo, Boine. Sbarbaro «dove essi meglio aderivano alle fi bre del nostro suolo»; svela le sue letture di filosofi comeBoutroux e Bcreson. i quali Ieli insegnano che «il miracolo\è evidente come la necessiti, che l'immanenza e la trasccn ; denza non sono separabili», arriva, toccando affinità e di- versila con la moderna poesia; francese e inglese, a definire ■ le sue intenzioni: la poesia'come «un frutto che dovesse suoi motivi scno meglio senza «e- rli», un modo di contenere i za rivelarli spiattellarli» sprimcre l'oggetto e tacere l'occasionc-spinta». «di immergere il lettore in medias res». j E qui si intrecciano, insieme alle ragioni del poeta, quelle dèi moralista e «metafisico» i Montale. lì' ben lui che ama identificarsi con il Ncstoriano, l'eretico «che meglio conosce le affinità che legano Dio alle creature incarnate ». Tanto per dire che in questa raccolta di scritti difformi Montale è presente, per blocchi o barbagli, in tutta la ricchezza delle sue motivazioni. Basta pensare alle cadenze di un agnosticismo che si configura come umiltà, non come rinuncia (quel «non si può sapere» che nel Montale conversatore e prosatore è quasi un intercalare, quella sospensione di giudizio davanti ai fatti ultimi della poesia come della vita). Basta pensare, toccando l'intelligenza e Io snodo della scrittura, all'epigrafica e immaginosa condensazione di un giudizio che incide per sempre la silhouette di uno scrittore. Gozzano è «il primo dei poeti del Novecento che riuscisse... ad attraversare D'Annunzio per approdare a u^i territorio suo». In Sbarbaro e Campana entra, «come diffuso sens«> tonale, il saporedi quell'acre georgica urbana che Baudelaire... porti punibilmente nella letteratura! francese». Certi versi di Cardarelli «fanno pensare a un D'Annunzio colto da una improvvisa e fortunata afonia». Eliot è «uno dei pochi per i quali la scadenza di un verso non * sePni"" 1,1,1 campanello macchina da scrivere o tlal non Possumus intimidatoK dell'ultima sillaba del peti tnmetro giambico», A proposito di Pound. e non solo di lui: «Purtroppo l'avanguardia è come il coni forti chi vi accede in rilardo fruisce di molli perfezionamenti ma acquista i caratteri ixirtò incom- j . Ecco, non di queste del nouveau riebe ultima seduzione pattine è l'affiorare di un Montale «giocoso», lo stesso che trabocca, oltre la serrala profezia, olire i simboli braccati, nei versi di Satura e del Diario, nell'intrepida e sorridente vecchiezza. Lorenzo Mondo

Luoghi citati: Pavia, Stoccolma