Nella città più rossa la rivolta è perdente di Francesco Santini

Nella città più rossa la rivolta è perdente Nella città più rossa la rivolta è perdente ( Dal nostro inviato speciale ) Bologna, 18 febbraio. // riflusso è in atto, l'assemblea allo sbando. L'Alma Mater bolognese non produce idee, non inventa slogan, non fabbrica leader. Nell'aula magna di Economia e commercio, al microfono, c'è Efisio. Commenta i fatti di Roma. «Il comizio di Lama? Un'operazione cecoslovacca», grida e stringe le «o» come i sardi, nel suo accento di fuori sede. Non lo lasciano concludere: aeroplanini di carta colorata scendono in picchiata dai banchi più alti, si intrecciano in volute perfette. Nessuno si iscrive a parlare. Lassemblea dei mille studenti si smorza nel lungo monologo di Fabio, un ragazzo riccioluto che vuole intrattenere i compagni sul tema dei diversi. Un piccolo show personale, provocatorio e a tratti denso di ilarità, con tante parole messe in fila senza una logica. Dal centro si leva Gennaro. Propone una «tazzolilla 'e cafè». Saltella scimmiesco sui banchi. Alcuni ridono, altri applaudono. Dal fondo. Quattro «indiani» dal volto bistrato intonano i loro «sceeemo ■sceeemo». Gennaro si siede. Fabio lascia il microfono: saluta con entrambe le mani. E' la parodia del pugile suonato. Dal fondo ancora risate. Il pei non c'è. Nella città più rossa d'Italia il potere ha lasciato l'Università. E' tornato in via Barberia. a guardia della federazione. I presìdi del pei segnano il passo dinnanzi all'ingresso, ancora allarmati. I raid notturni degli autonomi, le scorridande degli autoriduttori sono un ricordo lontano ma basta un manipolo di femministe silenziose a creare momenti di tensione, a raddoppiare i picchetti davanti alla federazione. Sfila il corteo delle «streghe». Neppure si ferma. Gli uomini del pei rientrano nel! l'antico palazzo, tornano alI {'«affino» appena interrotto. Il partito comunista bolognese ha salutato l'ateneo l'altra sera, la notte di mercoledì, con un'ultima manifestazione d'apparato. Duemila comunisti raccolti da tutte le sezioni cittadine per ascoltare il segretario di Bologna. Renzo Imbeni, giovane e compassato accanto a Walter Lega della sezione scuola e al più giovane Fetidori della sezione universitaria. Una serata tranquilla, con Imbeni che incarnava la volontà del pei di saldare la città all'università, con tutte le sue contraddizioni non taciute: dai 54 mila iscritti ai 20 mila fuori sede: dalla comunità dei 6 mila studenti stranieri all'insufficienza delle mense e dei servizi: dagli alloggi agli spazi per il tempo libero. « Ma Bologna — dice Imbeni — resta una città diversa, anche se 54 mila universitari su una popolazione di 490 mila abitanti ingollano tutta l'attività del quartiere Irneriu dove si concentrano le lacolU-. gii istituti e le biblioteche: qui c'è aria diversa. E allora, perché innestare la provocazione? ». Imbeni parlava, l'apparato applaudiva, gli universitari, tranne i militanti del pei, se ne restavano rintanati nelle facoltà occupate. Nessuna : attività politica. Nelle aule , ingombre di volantini stropicciati, molto gradito un j film di Charlie Chaplìn. Luci delia ribalta e. poco più , cirunti. ad Economia e Commarcio, un gruppo di « induini metropolitani » carichi di perline colorate a battere ' sui tamburelli in un ritmo lungo e ossessivo. Ancora più in là un giovane con lo , spray: « Basta alle z-anghe- : rie del sindaco: la pi esseette passa a Palazzo D'Accursio ». Sotto, ormai coperto, un cuore trafitto con un '68 al centro e una scritta in blu di sapore Amarcord: « Amore, amore, fammi venire con la rivoluzione ». Stamane assemblea al cinema Odeon, in via Belle Arti. Le notizie romane hanno richiamato più di duemila studenti: anche oggi il pei non si fa vedere e il tono del dibattito tongue tra pause e analisi frettolose. Gli autonomi tacciono, il terreno si sfalda attorno al movimento. C'è chi domanda interventi più politicizzati e chi denuncia la campagna di forzamento scatenata dal pei che bolla gli autoriduttori come « provocatori ». «Riprendiamoci il terreno urbano», suggerisce Mario. «Andiamo nelle fabbriche, saldiamoci alle contraddizioni aperte dai revisionisti del pei». Molti se ne vanno. Una ragazza lancia accuse con rabbia: «Nelle fabbriche ci prendono a calci, facciamo attenzione, il partito comunista è forte. A Bologna la sua egemonia non è neppure in discussione: tentare collegamenti con gli operai è avventuristico». Ci doveva essere un raduno. Erano invitate le forze politiche. Con le autorità accademiche dovevano essere presenti te forze sindacali. Tutto è stato rinviato. L'appuntamento è per il 23 febbraio ma c'è chi assicura che anche mercoledì il rettore Rizzoli farà naufragare lo incontro. E' così rimandata la prima vera occasione di colloquio tra la città e il movimento degli studenti che qui, quando il pei esce dalle assemblee, non trova una strategia alternativa, non riesce a creare un dibattito. Nel cinema Odeon ci sono anche i giovani universitari del partito repubblicano. SI fanno vedere in giro soltanto adesso. Commentano la delezione del rettore al meeting di oggi aprendo vasti interrogativi. Rizzoli, dosset tiano in gioventù, è professionalmente un buon medi co. Ha sconfitto Tito Corna cini nell'autunno scorso al primo scrutinio. Il suo pre decessore era appoggiato dalle sinistre. Rizzoli è di ventato di fatto il candidato delle destre ma sino ad ora mai ha preso posizione con tro le sinistre e il documen to del senato accademico, che la settimana passata condannava «le frange irresponsabili» che avevano dan neggiato le facoltà, ha raccolto l'unanimità con la sola astensione dei socialisti. Il pei si allontana dall'ateneo, il rettore rinvia l'incontro e gli universitari repubblicani, che qui a Bologna hanno un po' di organizzazione, si lanciano in un'analisi interessante. « Quale normalizzazione? » domanda un giovane di Giurisprudenza. La situazione a Bologna si fa ogni giorno più chiara. « Da una parte gli autonomi, nella confusione e nelle incertezze di un movimento spontaneo — dice — non sanno tradurre sul piano politico la loro protesta per la violenza di un'emarginazione tragica: dall'altra i comunisti: non hanno alcun interesse a riconoscere voci "rivoluzionarie" alla loro sinistra e tentano prima di introdurre incertezza nelle assemblee e poi se ne vanno quando si accorgono che il movimento è perdente ». Secondo il giovane repubblicano si ripresenteranno in seguito. Potranno mostrare all'opinione pubblica la loro azione come l'unica forza in grado di normalizzare la situazione universitaria bolognese per riportare l'ordine nell'ateneo. V assemblea del cinema Odeon si conclude. Per ria¬ vere l'ordine nell'Alma Mater non dovrà intervenire la polizia. Gli autoriduttori del collettivo Jacquerie e gli autonomi di Radio Alice sono in dissolvimento. Dall'emittente privata le parole d'ordine contro il revisionismo si fanno sempre più deboli e i dischi di Fabrizio De André sempre più intensi nella loro tristezza di un' Italia che credeva ai consumi. Tace Radio Alice, avanzano i maratoneti del pei. Tutte le facoltà resteranno occupate i ancora per poco. Solo a Ingegnerìa e Medicina nulla è accaduto, ma qui la disoccupazione è appena alle porte: per loro, Bologna è ancora in grado di dare un lavoro. Francesco Santini