Vita dura di vecchi avvocati

Vita dura di vecchi avvocati CI SONO ANCHE LIBERI PROFESSIONISTI CON PENSIONI DA FAME Vita dura di vecchi avvocati Ogni anno presso i Consigli dell'Ordine degli avvocati si svolge la cerimonia della consegna di una medaglia a quanti hanno raggiunto i cinquantanni di esercizio; medaglia di maggior formato per quelli che ne abbiano sessanta; ipotizzati anche i settantanni di esercizio professionale. E' una cerimonia triste perché per la maggior parte quei vecchi continuano per necessità. Qualcuno, ma esigua minoranza, resta sulla breccia per un eccezionale vigore fisico e mentale, altri per mantenere il loro nome allo studio in cui ormai lavorano figli e nipoti; sono però eccezioni, perché anche in studi professionali che godevano da più generazioni meritata rinomanza, i figli e nipoti hanno compreso in tempo che ormai in Italia la posizione più protetta e quella del lavoratore subordinato, e se pure hanno seguito gli studi giuridici, sono avvocati di enti pubblici o di società, avvocati-impiegati. Perché restano quei vecchioni? per bisogno. Cercando oggi le piccole cause che un giorno avrebbero rifiutato, scendendo ogni giorno qualche scalino, ma calcolando che per poco che guadagnino, son sempre alcune decine di migliaia di lire di più di quella che sarebbe la massima pensione assicurata dalla Cassa di previdenza a chi più non esercita. Almeno lo erano; con l'ultima legge che impone loro di continuare a versare i contributi, e con gli aggravi fiscali, le cancellazioni dagli albi s'infittiscono. Non è che un aspetto della decadenza generale, almeno in Italia, della libera professione; dove si rischiava, entrandovi e disprezzando i « pochetti e sicurctti » dell'impiego pubblico; ma dava la possibi¬ lità di ascesa, ed era il tempo in cui, come pare oggi segua in Giappone, si trovava naturale che ciascuno fosse compensato secondo il suo merito: ingegno, forza di lavoro, capacità di sacrificio. Il professionista correva il suo rischio; non c'erano per lui pensioni, doveva mettere da parte per la vecchiaia; ma in tempo di moneta stabile la parola risparmio aveva un valore, e così quella di libera assicurazione per un capitale da riscuotere al compimento di una certa età. I vecchioni di oggi che si sforzano di restare sulla breccia non furono dei dissipatori, ma la rapida marcia verso l'azzeramento della lira, i blocchi dei fitti delle cascine e delle case, in cui avevano investito quei risparmi, li hanno ridotti a nullatenenti. La prima scossa, che allora sembrò scossone, si ebbe dopo la prima guerra mondiale; e cominciarono allora le varie casse di previdenza per i professionisti, con assicurazioni facoltative od obbligatorie, poi divenute quasi costantemente obbligatorie. Tanto lavoro Ma si tratta per lo più di sistemi pensionistici diversi da quello adottato per i lavoratori subordinati, pubblici o privati. Poiché mentre per questi la pensione e ancorata alla durata della prestazione di lavoro ed ai contributi che sono stati versati (sotto forma di ritenuta o di versamento diretto, e così in ultima analisi secondo il livello di retribuzione raggiunto durante il periodo lavorativo), qui la pensione è fissa, non commisurata in alcun modo ai contributi versati, e la si ottiene per avere raggiunto un minimo di anni d'iscrizione alla Cassa. Per gli uvvocati il sistema I è particolarmente gravoso, perché chi molto lavora e versa quindi forti contributi ha la stessa pensione di quegli che non ha-mai raggiunto un guadagno che lo facesse prendere in considerazione per la tassazione nella ricchezza mobile. Solidarietà professionale, si spiega; personalmente sento molto la solidarietà tra gli uomini tutti, ma sono chiuso allo spirito di corpo; e di fronte al pensionando che non fu mai iscritto nei ruoli della ricchezza mobile, avverto un odore di frode; non praticò mai l'avvocatura, ma fu solo iscritto nell'albo professionale ed alla Cassa di previdenza. Solo una recente legge consente a questa di assicurarsi che non si tratti d'impiegati privati od anche pubblici ch'esercitarono contro un divieto legale l'avvocatura, od in genere di persone che mai praticarono; ma e così facile ottenere da amici che facciano apparire il proprio nome come associati, in una mezza dozzina di vertenze ogni anno, onde dimostrare l'esercizio continuativo della professione. No, la distribuzione di quelle medaglie non e una cerimonia lieta. Dietro, si cela l'avversione alla libera professione — che fu per gran tempo la salvezza dei malpensanti, dei dissenzienti politici — ; ed è l'avvio ad un sistema politico dove tutto finirà di essere dello Stato, pur tanto deprecato- tutti impiegati, o pubblici, o di società dove lo Stato è l'unico od il principale azionista. Avversione al libero esercente, alimentata da correnti politiche che si dicono antifasciste, ma che in fatto vogliono proprio il mussoliniano « tutto nello Stato ». Essa ha vari corollari. Cosi per il libero lavoratore quel ch'egli possa risparmiare ogni anno non si considera, neppure in teoria, come parte di compenso accantonata quale la pensione dei lavoratori subordinati e la loro indennità di fine rapporto, che nessuna Cassa corrisponde al professionista che cessa; eppure l'art. 36 della Costituzione non aveva affatto sancito una preferenza del lavoro subordinato al lavoro libero. No al merito C'è altresì l'avversione al merito, al sacrificio; la tendenza al livellamento. Ed ancora, e non qui soltanto, la considerazione dei vecchi come relitti ingombranti, dei cui bisogni non si deve tener conto. Possibile che il legislatore ignori che a 75, ad 80 anni, si spende in medicine e cure, si hanno bisogni di assistenza, che non si hanno nell'età matura? che nella tassazione dei redditi non ci sia una detrazione per l'età molto avanzata, tenendo pur conto che sulla solidarietà familiare (e non tutti hanno figli, e figli in grado di aiutare) poco o nulla si può ormai contare? Per il vecchio d'oggi c'è altresì la difficoltà dello spostamento. Se la discesa sociale non è mai piacevole, un tempo il pensionato, colui che si ritirava, poteva restringersi; spesso lasciava la città per un piccolo paese, dove gli affitti erano minimi e la vita meno cara; ma oggi colui che voglia restringersi, dove trova le due camere e cucina, anche in una casa popolare, libere e senza che gli sia domandato un canone di affitto supcriore alla spesa dell'alloggio molto più spazioso che ora occupa? Oggi si vara la legge sull'aborto. Se dovessero scomparire le ultime vestigie vuoi di cristianesimo che di dottrine umanitarie (e temo siano già scomparse in molti gruppi di giovani che si dicono rivoluzionari e credono in buona fede di lottare per una futura umanità felice), penso che verrebbe pure avanti il problema della soppressione dei vecchi, sia pure nella forma più dolce: naturale in un mondo libero da vincoli morali, assetato a parole di giustizia, ma in realtà volto solo a godere. Senza entrare in così lugubri visioni, mi domando quanto sia ragionevole il vanto per un aumento della durata della vita, per il maggior numero di centenari che si registra, allorché la vecchiaia e diventata così penosa, moralmente e materialmente, come non era, 3uando esisteva la famiglia, ove si amavano i propri vecchi. A. C. Jemolo

Persone citate: A. C. Jemolo

Luoghi citati: Giappone, Italia