Iconti del sindacato

Iconti del sindacato INCHIESTA SULLE TRE CONFEDERAZIONI Iconti del sindacato Fino a qualche anno fa l'argomento era tabù, tutti avevano finanziamenti occulti • Si calcola che i contributi degli iscritti ammontino per la Cgil a 52 miliardi, 32 per la Cisl, 10 per la UH - Qualche reticenza Roma, febbraio. Fino a qualche anno la. l'argomento era tabù. Tutti avevano un cadavere nell'armadio: i finanziamenti americani (Cisl e Ulti o sovietici (Cgil). gli assegni dei partiti o delle correnti dei partiti. Ora va meglio. Si può domandare a un sindacalista quale è la sua retribuzione senza che la richiesta assu ma un significato provocatorio: dimmi chi ti paga. Intervistato da Maurizio Costanzo per la rubrica televisiva Bontà loro, il segretario generale della UH. Giorgio Benvenuto, ha detto che guadagna 700 mila lire nette al mese. « E la sua segretaria? ». Risposta: « 400 mila lire ». « Apriti ciclo, è successo il finimondo — racconta Benvenuto —. Nessuno ha protestato per il mio stipendio. Ma per quello della mia segretaria sono arrivate lettere anonime, telefonate indignate: ma come, una dattilografa nel sindacato guada- ona 400 mila lire? Ecco, de I vo essermi spiegato male: la ' ; ; i ' ; ; j > | mia segretaria non è una j i dattilografa, è un'impiegata di prima categoria, conosce un paio di lingue straniere. Ita maturato quindici anni di anzianità, non percepisce compensi straordinari e r,pes- so resta qui fino a mezza { notte... » (abbiamo incontra to Benvenuto alle ore 23 e 15: la sua segretaria era ancora in ufficio). Il sindacato italiano non è ricco, non ha banche e società di investimento come il « Gcwcrkschaftbund » tedesco. Però ha milioni di iscritti che versano ogni mese una quota contributiva I c'lc l,'ene trattenuta sulla ' busta paga. L'espansione delle fonti di finanziamento è stata massiccia. La Cgil ha ' quadruplicato il gettito delle quote in sei anni, tra il 1968 e il 19T4. a Siamo ormai l'unica organizzazione democratica che si autofinanzia completamente » dice Agostino Marlanetti (Cgil) e questa orgogliosa affermazione viene ripetuta come uno slogan. Il sindacato basta a se stesso, il sindacato non ha più cadaveri da na- ; scondere. il sindacato può oggi, dire la verità sul nu- ; mero degli iscritti (per il passato tutti ammettono di aver mentito), il sindacato è autosufflciente e quindi au- i tonomo. Piccola giungla Però succede che notizie innocenti, come quella data ' da Benvenuto alla Tv, continuano a suscitare una curiosità morbosa. Perché? Le ; ragioni ci sembrano essere ; rfi.e. « Primo ». perché il sinj dacato non ha ancora dato > le prove della sua autosufficienza: non pubblica bilanci. | nasconde i libri contabili perfino ai suoi iscritti, oltre j che all'opinione pubblica. \ « Secondo ». perché il sindacato, fustigatore delle altrui giungle retributive, è infestato a sua volta da una piccola giungla interna, che è così intricata, così subdola, così vigorosa che mette a repentaglio, come vedremo, la credibilità stessa dell'autonomia finanziarla. La clandestinità dei fatti amministrativi è sempre una ombra che offusca il carat- i j | ì ' I le tre Confederazioni. Nes suno ci ha risposto in mo \ niera convincente. Proce I dendo a tentoni, abbiamo tere democratico di un'or- ganizzazione. Per esempio: j abbiamo cercato invano di sapere a quanto ammonta \ il fatturalo complessivo del- \ allora tentato un calcolo approssimativo: moltiplicando il numero degli iscritti, che sono 7 milioni e 800 mila, per una quota media di contribuzione di 12 mila lire all'anno, siamo arrivati a una somma di 52 miliardi per la cndvddadCgil, 32 miliardi per la Cisl. | ldieci miliardi per l'Vil. To- I «tale: 94 miliardi. I fTenendo conto anche di j taltri introiti (le « quote di i fservizio ». ossia i contributi versati anche dai lavoratori non iscritti per i servizi sociali offerti dai sindacati, t « gettoni ». cioè i compensi che i sindacalisti ricevono per la loro presenza in organi amministrativi di enti pubblici, e altre voci minori) il totale complessivo dovrebbe essere largamente su psrsae! fI dr(amministratore della Cisl). tacciono o forniscono cifre palesemente inattendibili. Due anni fa Giunti disse che \ il gettito complessivo delle I mperiore ai cento miliardi. Ma ] schi lo può confermare? I te- ssorieri del sindacato, come cAldo Giunti (responsabile ndell'organizzazione Cgil) e il \ pbanchiere Giuseppe Cadario \ ri quote della Cgil era di 30 j miliardi. Oggi sostiene che | è aumentato eli appena il ì 10 per cento, si aggirerebbe ' cioè sui 33 miliardi, venti miliardi in meno del più cauto dei nostri calcoli. Bisogna riconoscere che la Cgil ha aperto qualche breccia nella sua contabilità. Tempo fa dedicò un quaderI no di «Rassegna sindacale» ai problemi del finanziameli- to e da due anni pubblica j un bilancio, sia pure estre mamente sommario, del cen \ tro confederale, ossia del \ vertice romano dell'organizzazione, che assorbe una spesa di quattro miliardi e a , ù a s e a e i e a a o n a -1 - ! n o- j e- : f- j o ! . ! a 159 milioni (1976). Però an che la Cgil, nonostante la sua maggiore compattezza e efficienza organizzativa, ammette che fatica a unificare centralmente i dati della gestione finanziaria: alla conferenza organizzativa del 1975, Eligio Biagionl. un funzionario confederale, rivelò che 27 delle 99 Camere del Lavoro provinciali si erano rifiutate di rispondere a un questionario in cui venivano richiesti alcuni dati amministrativi. Cisl e UH non pubblicano alcun bilancio. Perché? Le risposte sono imbarazzate: « per ragioni fiscali », « per evitare risse e polemiche nella ripartizione interna delle quote » (in altre parole: il centro confederale non imole mettere in discussione il suo potere finanziario). « perché non vogliamo far conoscere notizie di carattere delicato, come gli aiuti ai sindacati spagnoli ». All'ulttma assemblea dei quadri della Cisl. Manlio Spandonaro dichiarò che molli sindacati di categoria, benché sollecitati a presentare i loro bilanci, « non hanno ritenuto di far conoscere lo stato finanziario della loro struttura». E perché mai? « Per motivi che non trovano alcuna giustificazione plausibili; ». Spandonaro confessò che la Confederazione non era in grado di elaborare un bilancio nazionale e suggerì di effettuare un'indagine col metodo del campione. Come dire: non sappiamo neppure noi quanto incassa e quanto spende complessivamente la nostra organizzazione. La reticenza ha sempre validi motivi. Quali? Limitiamoci a ricordare che. al di là degli impegni unitari, certe polemiche non sono del tutto sopite. Rinaldo Scheda (Cgil) dichiarò tempo fa che esiste un'area sindacale non autosufflciente: « Si tratta di organizzazioni della Cisl. delta UH. le quali non vivono solo di contributi forniti dal lavoratori ». A loro volta, i dirigenti delle altre due confederazioni rispondono che neppure la Cgil ha le carte in regola: «Chi ci dice che \ non viene aiutata, per dirne una. dalla lega delle cooperative?». Come si vede, qualche scheletro continua ad aggirarsi nei sotterranei del sindacato. Scorrendo i pochi documenti amministrativi disponibili, si possono fare scoperte interessanti. Eccone una: quanti sanno che il sindacato gode anche di finanziamenti pubblici? Proprio così, nei bilanci delle Camere del Lavoro delle province siciliane (e di altre regioni a statuto speciale) troviamo menzionate somme erogate dall'ente regionale « a tìtolo promozionale per l'attività [ di assistenza, di studio e di ricerca ». Contributi mode- ' sti. si assicura, che però han- j no un carattere pubblico, j istituzionale, e in qualche ; modo estraneo alla tradizio- '. ne autonomistica del sindarato italiano. E qui arriviamo al tema più delicato: la giungla re- I tributtva. Sorvoliamo sul fatto che le retribuzioni dei dirigenti sindacali sono po- | co omogenee e fortemente differenziate non solo tra una confederazione e l'altra. ; ma all'interno delle stesse confederazioni, tanto che la \ Cgil sta cercando di unifl- \ ètqlm«ruèscgcasz carie almeno a livello regionale. Ma c'è un dato di fondo che spacca in due l'universo sindacale: una parte dei quadri non è retribuita dal sindacato, ma continua a percepire salari e stipendi i dalla controparte, grazie al- | l'istituto del « distacco ». Il I « distaccato » è un operaio e I funzionario che viene paga j to dal datore di lavoro ma i fa il sindacalista a tempo pieno. Uno dei misteri meglio custoditi dell'Italia contemporanea è il numero dei « distaccati ». Qualcosa si riesce a sapere ufficialmente: per esemplo che 799 dei 3756 ! funzionari della Cgil (dati I del 1974) godono dell'esonero retribuito. Percentuale I mente la presenza dei * di ] staccati » è ancora più mas sieda nella Cisl e nella UH. che reclutano molti quadri nel settore del pubblico im \ piego, nei servizi e nel pa \ rastato. dove il « distacco » è la forma abituale dell'attività sindacale. Ma. detto questo, l'enigma resta inviolato: quanti sono tutti insieme? I "distaccati" Conviene precisare che il « distacco » può essere un diritto ma assai più spesso è un privilegio. Il « distacco » è legalizzato quando è previsto da una legge o da un contratto nazionale di categoria. Esiste però il « distacco di fatto ». concesso con accordi taciti, ed è ormai così diffuso che le confederazioni cominciano a parlare di « abusi ». anche perché esse non sono più in grado di controllare te proporzioni del fenomeno. Diciamo senza tema di smentite che it «distacco» è diventata una forma consistente di finanziamento. E quindi il sindacato è meno autosufflciente di quanto proclama di essere. Certi « distacchi » vengono contrattati anno per anno (per esempio i ministri, in alcune amministrazioni, hanno un potere discrezionale) e sono perciò revocabili. Su questo problema, le tre confederazioni assumono un ■ atteggiamento che possiamo definire schizofrenico. C'è un contrasto tra gli appelli alla coerenza e l'interesse reale Ccll'apparato. Giorgio Benvenuto dice che il » distacco» k crea una doppia categoria di sindacalisti, quelli protetti e quelli non protetti ». Lamenta il fatto che oggi « tutti vogliono essere "distaccati" e nessuno vuol fare il sindacalista a spese del sindacato ». Però poi è costretto a riconoscere che se l'istituto del « distacco » venisse abolito egli vedrebbe decimata la dirigenza UH. Anche nella Cgil si ascoltano severe rampogne: «In certe fabbriche siamo al malcostume » ammette Aldo Giunti: « è un problema che va affrontato al più presto — si legge in un documento dell'ufficio organizzativo — senza aspettare che prendano piede ulteriori contrapposizioni fra lavoratori e "distaccati"». Ma neppure la Cgil, che pure vanta l'autofinanziamento più rilevante, potrebbe colmare a sue spese i vuoti che si creerebbero nell'organizzazione se i « distaccati » fossero costretti a lasciare il sindacato. L'obiettivo per ora è più modesto: impedire che il fenomeno si estenda e attenuarlo con it correttivo della rotazione degli incarichi. C'è però ancora qualcuno che sogna la grande catarsi: « Volete il sindacato? Fatevi i conti e pagatevelo. E allora chi ha più flato respirerà. Sarà la fine del sindacalismo autonomo, che vive solo di " distacchi "». Staremo a vedere. Per ora la realtà smentisce i puritani dell'autosufficienza: l'apparato tende a espandersi, e i « distacchi » aumentano. Nel nostro viaggio alla scoperta di contraddizioni, ci siamo imbattuti forse nel nervo più sensibile, nel cuore stesso di tutte le incoerenze: un sindacato che da una parte teorizza l'autonomia e l'antagonismo, e dall'altra, nella zona più sommersa, di fatto si integra e si istituzionalizza ogni giorno di più. Gaetano Scardocchìa

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