Scienza è bello

Scienza è bello Scienza è bello Die va Henry Furst che la musica, non dipende da noi ascoltarla: a farsi ascoltare ci pensa lei stessa, quando e come vuole. Un paradosso? Neanche. Forse soltanto una battuta. Eppure basta a svelare l'empietà e il ridicolo di chi progetta a data e ora fissa « il godimento estetico » che gli procurerà un concerto. Sappiamo che le gioie della musica, come tutte le altre della vita, non sono mai prevedibili e quasi sempre improvviso. Non si tratta, però, di un dato di fatto irreversibile. Ciascuno di noi, tra le gioie che potrebbero toccargli, crede di poterne escludere almeno un paio. Qualcuno, per esempio, sarebbe pronto a giurare che non avrà mai il piacere di pilotare un aereo: altri, invece, negherebbero che esista per loro la più piccola eventualità di cedere un giorno alle seduzioni della roulette o dell'oppio, della filatelia o dell'omosessualità. Quanto sbagliamo! Ci succede di tutto, invece. Ed è successo, a me, di leggere con avidità e profondo interesse un libro di scienza: Emilio Se gre, Personaggi e scoperte nella fisica contemporanea, Mondadori, 1976. Nel mio entusiasmo, ho ammirato perfino le formule che coi loro bianchi spazi e lievi corsivi rischiaravano tante pagine per me altrimenti oscurissimc. Riposavo in quelle eleganze grafiche incomprensibili al profano, e fantasticavo sul loro significato: cercavo di immaginare la gioia che procurano a chi le intende. « Le formule » dice Scgré in principio, « le formule semplificano, non complicano l'esposizione. Volta e Faraday scrivevano di fisica senza usare il linguaggio matematico formale, ma ciò li rende meno, non più, intelligibili ». Al liceo, di fisica e matematica prendevo sempre 9 o 10. Di latino, 6 o 7. Proprio perché nell'algebra trovavo difficoltà, la studiavo più accanitamente del latino, che invece sapevo bene e so ancora: mentre l'algebra la matematica la fisica, dopo la licenza le ho dimenticate di colpo e per sempre. Darei non so che cosa, adesso. per arrivare a acquistare quel minimo di tecnicismo, quella certa preparazione senza la quale non è Eacczsgccrcpossibile « capire l'equazione di Schròdinger o la doppia natura dei quanti di luce »! Mah. Dovrei forse vincere alla roulette abbastanza per ritirarmi alcuni mesi, con un professore di dsica. in un'isola del Pacifico. Che cos'è, nel libro di Segré. che afferra subito il lettore profano, lo avvince, lo incanta? Scrive Segré Prima di tutto il linguaggio. Cioè l'ingenuità, la festosità, la freschezza, il sorprendente slancio giovanile e romantico con cui si espiline l'autore sebbene premio Nobel, sebbene collaboratore di Fermi, sebbene scienziato famoso, posato, sensate) e ormai coi capelli bianchi: «Nel novembre del 1895 Rontgen aveva deciso di ripetere alcuni esperimenti sui raggi, catodici. Nel suo laboratorio aveva montato un tubo a raggi catodici e per sue ragioni l'aveva ravvolto di carta nera... Ora, il tubo era ravvolto nella carta e né luce né tanto meno raggi catodici potevano uscirne. Tuttavia, con grande sorpresa, Rontgen notò chilo schermo diventava fluorcscente anche a una distanza dal tubo a cui i raggi catodici non potevano certamente arrivare. Voltò lo schermo e la duorescenza rimase; poi, a un certo punto, si trovò con la mano tra il tubo e lo schermo. Vide allora l'ombra delle proprie ossa. Dubitò dei propri occhi e rimase profondamente scosso da quello che aveva visto. Non disse nulla a nessuno e si rinchiuse nel proprio laboratorio a sperimentare con i nuovi raggi. Trovò cosi che impressionavano le lastre fotogradchc e altre loro proprietà... Aveva scoperto i raggi X ». Rontgen e i Curie con la radioattività aprono questa serie sbalorditiva di studi e scoperte che in meno di un secolo rivoluzioneranno la conoscenza del mondo c la nostra stessa vita. Ecco Ruthcrford: dalla radioattività dei gas alla trasmutazione degli atomi, dalla trasmutazione degli atomi alla disintegrazione nucleare: « il vecchio sogno degli alchimisti in forma moderna ». Ecco Planck: dal suo celebre trattato di termodinamica dno alla scoperta del quanto d'azione. Ecco Einstein e la relatività, Bohr e la modellistica dell'atomo, Heisenberg c la relazione di incertezza o di indeterminazione. Ecco De Brogtic, Pauli, Dirac, Schròdinger. Ecco il 1932, anno mirabile per la scoperta in brevissimo tempo del deuterio, del positrone, del neutrone. Ecco infine Fermi, l'energia atomica. E il lettore profano, rapidamente conquistato, con crescente sorpresa riconosce in ciascuno di questi grandi scienziati la stessa fantasia, la stessa originalità, la stessa energia di lavoro e quasi follia, che di solito sono indiscusse come appannaggio invidiato e i riservato ai soli artisti. ! Infatti, se ogni pagina dell libro di Scgré mi umiliava con-1 I mutandomi con la mia colos- ' sale ignoranza scientifica, ogni ; illustrazionc fotografica mi | compcnsava e in qualche mo-; do incoraggiava: c i ritratti le fisionomie, le espressioni di questi grandi scienziati in va- ri momenti della loro vita mi | hanno affascinato. Non mi jstancavo, ancora non mi stari- co di osservare i loro volti: |quale straordinaria diversità di :tipi e di caratteri, quale sfavil- j lante intelligenza negli sguar-,di, soprattutto quale gioia,,Non potrò mai dimenticare iquale allegria! Tutti, nessuno escluso, grinte da mattatori spirituali. Marie Curie, Ruthcrford, Einstein: grandi attori assoluti. Planck, Heisenberg. Bohr e Pauli, Chadwick e De ritoglie: meravigliosi caratteristi. una foto scattata sul lago di Como nel 1927, in occasione del Primo Centenario Voltiano: Fermi, Heisenberg e Pauli, stretti l'uno all'altro. Heisenberg in mezzo vestito di bianco, e lui e Pauli piegati come da un vento .di primavera e appoggiati a Fermi: il terzetto è colto in un momento di suprema felicità vitale, nel fulgore di tutta la possibile genialità giovanile: il loro sorriso quasi sbarazzino, quasi da ragazzi, dice chiaramente l'entusiasmo che li anima: sanno di capire e sanno che capiranno. Nel terrore che ci assale quando leggiamo « Il gigante cieco », chiaroveggen- te libretto ammonitore di Car- lo Cassola, e quando pensiamo alle conseguenze apocalittiche di future esplosioni nucleari, uno sguardo a questa fotografia ci dà qualche spennai. Possibile, ci diciamo, possibile che la scienza, che ha creato con gioia, non trovi modo, ormai, di salvare l'umanità annullando per sempre l'assurdo rischio a cui la espone il potere politico? Eguali auspici di salvezza ricaviamo dall'osservazione nu¬ nuta e attenta delle altre io- e o a a i e , . togrufie, e specialmente dal grande grupix) dei partecipanti al Consiglio Solvay, a Bruxelles, nello stesso 1927. Sono ventinove scienziati, tutti o quasi tutti i più grandi del momento. Al centro Einstein, che per giusta riserva politica non aveva voluto partecipare, poco prima, al Congresso di Como. E tutti brillano di quello stesso sorriso umanissimo di allegria e simpatia: tutti salvo la Curie, simpatica ma seria e dolorosa. Certo, « nell'insegnamento delle scienze si omette, per tradizione, quasi del tutto quella parte storica e biografica ». che invece nello studio delle lettere, delle arti e della musica ha una parte preminente. Ciò è dovuto, dice Scgré, « al carattere cumulativo della scienza: se non ci fosse stato Newton, qualcun altro avrebbe inventato il calcolo infinitesimale e scoperto la gravitazione, mentre senza Dante nessuno avrebbe scritto la Divina Commedia. E' quindi più giustificato dilungarsi sulla vita di Dante che su quella di Newton ». Mi permetto di insinuare non un dubbio, ma la sfumatura di una precisazione. Anche se non ci fosse stato Dante, esistevano in Firenze, alla line del Duecento, le condizioni che permisero a Dante di creare la sua poesia. E soltanto la Milano del Parini, del Porta, di Bonaparte e Stendhal, spiega finalmente l'esplosione poetica di un Manzoni. Mi rendo conto che, nel caso della gravitazione, si tratta di una realtà oggettiva: quasi certamente, o presto o tardi, tra il Seicento e il Settecento, altri scienziati, anche senza Newton, avrebbero scoperto la gravitazione. Tuttavia, proprio in questi ultimi cinquantanni, a partire da Einstein con la relatività e a partire da Heisenberg con la relazione di incertezza o indeterminazione, si è arrivati a scoprire che la realtà oggettiva non la si può scoprire dno in fondo forse mai: insomma (e chiedo scusa agli scienziati per questa mia espressione certamente poco scientifica) si è arrivati a scoprire che la realtà oggettiva esiste un po' meno di quanto si credeva. La luce ha una doppia natura, ondulatoria e corpuscolare; i due fenomeni non si possono misurare insieme, contemporaneamente; il semplice fatto che stiamo misurandone uno modifica la nostra osservazione dell'altroOra, questa constatazione mi sembra che avvicini, in modo oscuro, il mistero della scienza al mistero della poesia. E cosi, oggi, una doppia ten denza « pervade tutte le scienze compresa la fisica »: da una parte, la specializzazione: « La letteratura fisica e il numero dei fisici si sono moltiplicati enormemente con la conseguenza di una sempre crescente specializzazione» (Scgré); dall'altra l'astrazione e quasi | un irresistibile sconfinamento I nella filosofia: cito ancora Se-j gre: «...il cammino verso l'a strazionc e l'apparente allon tanamento dalla realtà intime diata intuitiva non è limitato alla fisica, ma sembra quasi un | carattere dei tempi moderni, Ai tempi dei Curie i pittori contemporanei dipingevano fi gurativamentc. Ai tempi dello sviluppo della meccanica quan- I tistica la realtà è già noterai- mente deformata nella mente dell'artista per sfociare in ar- te nella pittura astratta e in fisica in formule di significa- [ to profondo ma non imme-| diato ». IINell'&tOni() Le ultimissime scoperte del- [la fisica riguardano le cosid- jdette particelle elementari, cor- !puscoli che rappresentano i co- stituenti ultimi della materia, i cioè quelli per cui non è pos-;sibile alcuna ulteriore suddi- visione. E le particelle accre- |scono ancora più tutti questi |misteri, coinvolgendo l'astrofi- sica e la biologia molecolare.1« Nel 1955 col Bevairon di Berkeley avevamo un nuovo grande acceleratore che questa volta andava oltre 6GcV nel laboratorio, ossia 2GcV nel centro di massa, il minimo richiesto per generare coppie di protoni e antiprotoni, se gli antiprotoni esistevano. O. Chamberlain, C. Wiegand. T. Ypsilantis e io riuscimmo a darne una prova convincente, Si poteva quindi essere certi ' dell'esistenza della cosiddetta j antimateria o, meglio, della sua possibile esistenza perché per ora non si sa se effettivamente esistano antimondi... Se sostituiamo in un nucleo ogni protone con un antiprotone e ogni neutrone con un antincutrone e poi gli mettiamo attorno positroni, abbiamo formato un atomo di antimateria. Con gli antiatomi si pos- sono poi formare addirittura antimondi... Se però materia e antimateria si incontrano, si annichilano ed entro un brevissimo tempo tutta la loro energia si e trasformata in neu- trini, antineutrini e raggi gam ma che si allontanano dal luo- da noi ascoltarla: è lei che clc ve farsi ascoltare. E così per me, la fisica è una musica che mi giunge solo di lontano. La cido a tratti, confusa, attutita, Mi sfuggono certamente i mo menti essenziali, i più signideativi, i più belli: come, mei- tiamo, i pianissimi di un quaitetto di Beethoven eseguito al piano nobile di un grande pa lazzo, mentre io me ne sto chiuso nello scantinato, Ma se i fisici hanno scoper to come si potrebbe distrugge re la vita sul nostro pianeta. proprio [>cr questo è possibi- go del disastro con la velo- cita della luce ». Ah, la musica non dipende le che arrivino a scoprire non soltanto il modo di impedire la catastrofe, ma addirittura a invertire la tendenza distrut tricc <-" creare (secondo l'cstrema ipotesi di Cassola) le condizioni necessarie a un decisivo progresso dell'umanità: aannullare per sempre l'assur- dita delle guerre. Se dalla scienza scaturisce la più terri- bile di tutte le minacce, è abbastanza naturale che solo la scienza ci possa salvare. Tutto sommato, non ci resta altra speranza all'infuori di quella che ci è balenata guaTelando attentamente la fotograda di Fermi, Heisenberg e Pauli, pio vanissimi e sorridenti rive del lago di Como. Mario Soldati sulle

Luoghi citati: Berkeley, Bruxelles, Cassola, Como, Firenze, Milano