Perché la sfida del crimine di Carlo Casalegno

Perché la sfida del crimine IN CRISI POLIZIA, CARCERI, MAGISTRATURA Perché la sfida del crimine Roma, febbraio. Né l'esplosione di terrorismo politico nella notte tra sabato e domenica, con l'at- ! tentato al treno e le bombe di Roma e di Milano, né la tra- ' gedia di Dalmine. con l'ucci- < sione di due agenti per mano i iit banditi in fuga, hanno sor-\ preso i responsabili della si- j curezza nel nostro Paese. C'è pessimismo al Viminale, al I comando dei carabinieri, prò- babitmente al Sid. certamen- te tra i procuratori delle grandi città. La tregua parziale della vio- lenza politica, durata qualche [ settimana, non aveva suscita- to illusioni: si attendeva e si temeva un risveglio d'attività da parte di guerriglieri e ter- rorisli delle due estreme. Nel-1 la lotta aperta tra criminali \ comuni e polizia non ci sono j state pause, ma nemmeno 1 speranze di miglioramento. \ nonostante alcuni ragguarde- i voli successi. Le truppe della ' delinquenza comune e politi-\ ca dispongono di reclute abbondanti, vecchi e nuovi capi, risorse ragguardevoli, complici: e le forze dello Stato non c-apaiono oggi in grado di eliminarle. Esistono rapporti tra la criminalità comune e quella po litica, come hanno dimostra- to l'omicidio di Occorsio e le sinistre imprese dei Nap: possono esserci agenti provoca tori e servizi stranieri nei gruppi terroristici rossi o ne- '• ri. e infiltrazioni o scambi di [aderenti: nessuno dimentica la presenza d'un Merlino nel ; nucleo anarchico di Valpreda. i Ma non è inseguendo Tipotesi [fantasiosa d'una grande con- j giura che le forze di polizia ; combattono la loro difficile 1 battaglia. La realtà è meno i romanzesca, più complessa. e\quindi più inquietante Non I mosse da una lontana e isola bile volontà nemica. Le grandi città offrono alla delinquenza comune innume revoli obbiettivi che non si potrebbero difendere nemme no con to stato d'assedio: consentono un'illimitata li berta d'azione e di fuga: han no in centinaia di locali pub blici i centri di reclutamento dei criminali, nelle carceri le scuole di perfezionamento e le piti utili sedi d'incontro con la delinquenza politica, Questa ha origini sociali e motivazioni in gran parte di verse dalla criminalità cornu ne: ha obbiettivi propri, agi sce soprattutto secondo una strategia che deve definirsi «della tensione», si appoggia a una rete efficace di compii ci e protettori. Ma dimostra la stessa facilità di recluta mento, e una capacità opera tiva non meno pericolosa. I sembri un paradosso: le due | criminalità hanno radici prò- ; fonde nel Paese, non sono j responsabili della sicurezza I non sottovalutano i rischi di questa lotta su due fronti, né gli ostacoli che impediscono. successi risolutivi. NelTindicare questi ostaco- li. concordano fin quasi alla unanimità — almeno nei colloqui confidenziali — comandanti della forza pubblica, magistrati, politici esperti nei problemi della sicurezza. Si ammette che c'è una crisi nel le forze di polizia. Sono le più numerose, sulla carta, del- l'intera Europa occidentale : (230 mila uomini): ma in complete negli organici, in difficoltà di reclutamento, con migliaia di agenti dispersi in compili amministrativi o in servizi impropri, con una pre parazione spesso inadeguata, c soprattutto distribuite ma le L'idea, molto anglosasso ne del poliziotto di ronda è ormai anacronistica: scarseg già. tuttavia, un'aggiornata ed efficace azione preventiva. Le risorse tecniche e umane non sono impiccate nel modo più razionale. Le squadre mobili sono impoverite, i nuclei di polizia giudiziaria appaiono di capacità diseguale. C'è. tragica e allarmante, la crisi delle carceri: sopraffollate, mal custodite e dirette, abbandonate all'anarchia. Nell'irragionevole confusione tra piccoli criminali e professionisti del delitto, nel crescere della paura e della corruzione, una riforma precipitosa e male attuata ha dtsgre- gato le strutture e le stesse \ possibilità di sorveglianza. Andreotti denunciò il caso del detenuto orfano che telefonava alla madre due volte al giorno, ma c'è di peggio: si ammette, a bocca stretta, che garantiscono nelle prigioni un minimo d'ordine, C'è la crisi del Sid. sospe so tra le tempeste e l'attesa della riforma. Pur disponen do di molti uomini e di rag- taluni sorprendenti permesst ì d'uscita sono il premio accor dato a guappi e mafiosi che ! guardevoli mezzi, il servizio segreto è paralizzato — «dor- j miente ». dice qualche politi co —. ma non senza attenuanti Ogni iniziativa, nelle condizioni d'oggi, merita di essere riconosciuta come un merito. Ma più grave d'ogni altra sembra la crisi della giusti- zia. Il problema è delicato, si inserisce nella disgregazione più ampia degli istituti sta tali, e tuttavia non può essere eluso: l'esperienza quoti diana c'impedisce di ignorarlo. Antonio Furiato, l'assassino dei due agenti, aveva subito nel '73 una condanna a dieci anni: domenica era a piede libero: perché* Uomini di mano delle bande fasciste e « collezionisti >. d'armi sono entrati e usciti in fretta dal carcere. Tutti conoscono i covi degli squadristi d'estrema destra e d'estrema sinistra, da cui muòvono le spedizioni della guerriglia urbana: eppure uomini e sedi paiono godere d'una sorta d'immunità. S'avvertono debolezze inquietanti in inchieste e processi: sono frutto d'inerzia, d'incapacità, o d'intimidazioni da parte d'imputati pronti a uccidere? L'arsenale repressivo delle leggi italiane è tra i più seve \ ri nell'ordinamento dei Paesi liberi: ma quando i professionisti della rapina scontano un terzo della pena o gli imputati di strage attendono il processo a piede libero per decorrenza dei termini, non ì si incoraggia né lo slancio della polizia né la fiducia dei ! cittadini. Carlo Casalegno

Persone citate: Andreotti, Antonio Furiato, Valpreda

Luoghi citati: Carceri, Europa, Milano, Roma