Dopo la Breccia gli affari

Dopo la Breccia gli affari IL TERZO "SACCO DI ROMA,, DURA DA 107 ANNI Dopo la Breccia gli affari La speculazione sui terreni di Roma cominciò con l'arrivo dei «piemontesi»; vi parteciparono in eguale misura enti ecclesiastici e nobiltà nera, i Savoia, banchieri italiani e stranieri - Gli sventramenti di Mussolini e gli errori del postfascismo ( Dal nostro inviato speciale ) Roma, gennaio. Il terzo sacco di Roma (dopo quelli dei vandali e j ad lanzichenecchi), tema j centrale delle polemiche sul patrimonio immobiliare del Vaticano, ha le sue origini nel settembre 1870. pochi ; Ojorni dopo la breccia di Por! « ^SL^SSSJk^SSm /a prima «società a scopo di ampliazioni speculative». Nel mcse dj ottobre, appena ini| ziati i lavori della giunta pre siedula dal duca Caetani. un 1 istituto di credito con sede ! a Firenze e capitali inglesi, ,_,„„, . . ' ., i austriaci, tedeschi, compro cenlomjja mc<ri quadrati di , orti nella zona di Termini. Seguirono i banchieri fran! cesi, finanziando la costruI *ione quartiere di piazza 1 Vittorio su terreni agricoli. Nel 1862 era nata a Torino la Società Generale Immobiliare (due banche torinesi e una milanese), trasferita a Roma nel 1872. poi braccio edilizio del Vaticano dal 1931 al 1969. quando l'intero pacchetto azionario (23 per cento del capitale) fu ceduto a Sindona. Il 28 novembre 1871 erano già all'opera i genovesi con la loro Banca Italiana di Costruzioni. Pre- I sentarono il progetto per il | quartiere dell'Esquilino nel- i la zona compresa tra la ter- \ rovia. Santa Maria Maggio- \ re. via Quattro Fontane, su terreni espropriati ai cèrto- 1 slni e ai gesuiti I «Penso che sia deviante at tribuire tutti i mali di Roma esclusivamente al Vaticano», dice il sindaco Argan. Se oggi si intende fare un serio processo ai responsabili del sacco di Roma (da valutare soprattutto per i danni causati alla collettività: danni urbanistici, sociali, economici, ambientali) l'amministrazione speciale dei beni della I | i \ \ S. Sede e gli enti religiosi non sono soli sul banco degli imputati. Roma capitale era apparsa nel 1870 una ine- sauribile riserva di caccia ai 1 15 mila burocrati, affaristi. I avventurieri, calati dal Nord „ speculazione immobi liarc st propose come latti i ! < ! \ 1 vita più lucrosa e facile con il concorso di diversi fattori: la mancanza di un piano urbanistico pur sommario, la disponibilità dt un immenso patrimonio dt aree appartenenti a poche famtglte o enti reltgiosi. l'improvvisazione che aveva caratterizzato il trasferimento da Firenze a Roma, la fortissima richiesta di alloggi per gli impiegati. Secondo i calcoli del governo occorrevano nel 1871 40.180 stanze: il municipio ne trovò soltanto 500. Fu automatico l'intreccio di | interessi fra costruttori-lot{ iizzatorl ed enti religiosi che | svendevano i loro beni in viI sta dell'abolizione dell'asse I ecclesiastico (estesa a Ro! ma il 19 giugno 1873). A Roma le mire si appun| tarono sul verde agricolo che I circondava la città dei papi, «vero e proprio villaggio pastorale» come la definisce Alberto Caracciolo, modesta per numero di abitanti (244 mila 484 al censimento 1871). affollata da preti poveri detti «scagnozzi» e da frati mendicanti (totale 22 mila), afflitta da 70 mila disoccupati. Al di qua del Tevere. Roma aveva i suoi limiti nel verde del Pincio. della villa Ludovisi, del Quirinale. Il Foro e il Colosseo erano fuori dell'abitato (i «piemontesi» proposero in un primo momento di coprire il Colosseo e farne sede della Camera dei deputati, ricorda Vittorio I zione Termini sorgeva in pie I na campagna. In quella zona j l'accorto monsignor De Me \ rode, ministro delle armi dt Uorresio in Roma ieri e og- gi). Il capannone della Sta- Pio IX, aveva comprato con anni di anticipo, grandi orti e vigneti, pensando di lottizzarli lungo la direttrice del Quirinale. Il monsignore, ex ufficiale belga, aveva firmato pochi mesi dopo l'ingresso dei bersaglieri in Roma una convenzione col Comune, (approvata all'unanimità in consiglio) che trasformava in aree fabbricabili i suoi orti. Nell'ottica del tempo la mancanza di un piano regolatore non preoccupava. L'indirizzo generale per l'assetto urbanistico fu dato da Quintino Sella. Lo statista biellese propose l'espansione nella zona alta verso Oriente, da lui ritenuta igienicamente preferibile, l'allineamento dei ministeri lungo la via XX Settembre e l'attraversamento della città vecchia con nuove strade collegate alla via Nazionale, già prevista nel piano De Mérode. « La distruzione di Roma è opera del nuovo governo » annotò nel 1886 lo storico dell'arte tedesco li Grimm. citato da Italo Insolera nel suo fondamentale saggio Roma moderna. E i Savoia non stavano a guardare, Umberto I in persona co- minciò ad accumulare una sua riserva di terreni. Vittorio Emanuele III lo imitò fino a trovarsi proprietario di ben 1903 ettari nel 1913. Insolera ricorda che la casa Savoia fu probabilmente coinvolta, con alcuni finanzieri torinesi, nelle opera- zioni speculative della Ban co Tiberina, in particolare quella del ghetto, conclusa con un intervento della Ban- ca d'Italia. Erano gli anni della grande lebbre edilizia. Vigne acquistate a 5 lire il metro quadrato venivano trasformate in aree fabbricabili e rivendute a 70120 lire, anche a 300 nei dintorni di via De Mérode. oggi via Nazionale. Un terreno ai Prati, pagato 2,50 dopo l'arrivo dei « piemontesi ». fu rivenduto nel 1885 a 150 lire, come informa Piero Della Seta nell'Introduzione a Roma contemporanea. // primo, grande sacco di Roma avvenne in quegli anni. Ebbe tre protagonisti. Prima l'aristocrazia romana (i Borghese con 25 mila ettari, i Torlonia con 20 mila: il demanio delle famiglie nobili arrivava a 104 mila ettari su 200 mila di Agro Romano). Poi il Capitolo di San Pietro (20 mila ettari), le opere pie e le congregazioni religiose (in tutto 56 mila ettari). Successivamente si aggiunsero come proprietari di aree i re d'Italia, col loro « patrimonio privalo » di circa 2000 etta ri (devo queste informazio ni a Lauro Rossi, autore di | un'ottima tesi di laurea sulI la vita economica e sociale \ di Roma nel secolo scorso), j Infine i capitalisti venuti I dal Nord e dall'estero. Tutti furono aiutali con zelo facilmente spiegabile dagli amministratori capitolini, sempre presieduti da un aristocratico e sempre pronti a firmare convenzioni, progetti di sventramenti, piani di espansione su terreni che città civili avrebbero desti- nato a verde pubblico. Il sindaco Nathan dovette lasciare il campo nel 1914 dopo aver tentato di opporsi allo scempio con un nuovo piano regolatore (il piano Sanjust. pur criticabile per certi disastrosi progetti di sventramento, come quello piazza Venezia-Colosseo, poi attuato dal fascismo), e con l'applicazione della tassa sulle aree. Si salvò Villa Borghese, passata al Comune; ma già il vecchio piano del 1883 aveva deciso la fine del parco di Villa Ludovisi. facilitando la speculazione in tutta la città con nuove strade aperte a furia di « piccone demolitore ». dal corso Vittorio Emanuele al Tritone, a via Tomacelli. Il gioco, ben avviato, continuò nel periodo fascista con alcune varianti: la massiccia presenza del Vaticano nell'Immobiliare Generale dopo il Concordato, la folle politica di demolizioni ro luta da Mussolini (nel 1930 furono distrutti 5500 vani di abitazione per aprire riu dell'Impero, i residenti ven-nero deportati nelle prime borgate), la nascita delle sotto-città per romani di basso rango, l'intesa fra Va] ticano e governo fascista per alcune scelte urbanistiche che avrebbero radicaij mente mutato l'assetto e la I fisionomia della capitale. Si ! veda il progetto di via della Conciliazione, disgraziatamente realizzato nel dopoguerra dall'Italia democratica senza una robusta insurrezione culturale: o l'«E-42» che segnò l'espansione verso il mare su terreni di grandi famiglie, enti ecclesiastici, potenti società come l'Immobiliare, addossando alla collettività il co' sto delle grandi opere di urbanizzazione, come le nuove strade. Nat dopoguerra la macchia d'olio si dilata con lo I stesso sistema. La punta massima viene raggiunta ne\ glt anni dei sindaci Rebecchini, Tupini, Cioccetti. con gli episodi dell'Immobiliare a Monte Mario, l'hotel Hilton. le licenze truccate. Le Olimpiadi furono buona occasione per accrescere lo sfacelo e i profitti: il tracciato della via Olimpica valorizzò i terreni del grandi speculatori verso la via Cassia da una parte, quelli verso il mare dall'altra, con nascita di Casal Polacco. Il piano regolatore del 1962 non mutò le tendenze in atto, mentre dilagava l'abusivismo (siamo arrivati a 800 mila vani fuori legge) e mentre i sindaci democristiani si dichiaravano impotenti. l.n storia degli ultimi dieci anni registra un altro saccheggio, quello del Centro Storico gradualmente trasformato in residenze di lusso e sedi di uffici dopo la cacciata dei residenti a basso reddito. La vecchia Roma ha perduto 137.894 abitanti: soltanto il 30*» della sua popolazione è quella originaria. Tra gli imputati troviamo ancora, con gli enti religiosi, banche dt interesse pubblico. Banca d'Italia. Stato, enti pubblici e naturalmente il Comune. Che cosa intende fare la nuova Giunta laica di sinistra, sindaco Argan. per in- vertire la tendenza rovino .w f tentare il salvataggio I di Roma? I Mario Fazio ] j I ! ' I \ Roma, I87I: fotografia di una partila di caccia nell'Agro, a un anno da Porta Pia