I chierici che non tradiscono

I chierici che non tradiscono E' ANCORA VITALE IL LIBRO DI JULIEN BENDA I chierici che non tradiscono Lessi per la prima volta La trahison des clercs (Il tradimento dei chierici) di Julien Benda quando avevo poco più di vent'anni: libro proibito in quell'epoca di trionfalistico fascismo. Incontrai l'autore a Roma, poco dopo la guerra; e rilessi il volume parecchie volte. Mi rammaricavo che quel pregevole scritto non avesse trovato adeguata diffusione nel nostro paese, dove — mi sembra — i traditori si contano a decine di migliaia. Ed ecco che apprendo dalle colonne del nostro giornale che il libro è stato ripubblicato per i tipi di Einaudi. Ma non condivido la tesi del recensore, Giovanni Bogliolo. Se ho ben compreso, egli ritiene che oggi la figura dell'intellettuale astratto sia improponibile e che dunque ti chierici » siano definitivamente scomparsi. Penso che Bogliolo si sbagli: di chierici ce ne sono ancora. Pochi, delusi, solitari, essi sono tuttora consapevoli di svolgere una essenziale funzione, anche se difficile e svillaneggiata dal Più. Nella breve prefazione al volume, Julien Benda scriveva: « Tolstot racconta che quand'era ufficiale vide, durante una marcia, uno dei suoi colleghi battere un soldato che perdeva il passo e gli disse: "Non vi vergognate di trattare così uno dei vostri simili? Non avete forse letto il Vangelo?". Al che Val- tro rispose: " E voi non avete letto i regolamenti militari Questa risposta — commenta Benda — è destinata ad esser rivolta all'intelletto ogni qual volta esso pretenda di governare gli eventi mondani. Essa mi sembra molto saggia. Coloro che conducono gli uomini alla conquista delle cose non sanno che fare della giustizia e della carità. Tuttavia mi sembra im- portante che esistano degli uomini, anche se gli fanno pernacchie, che invitano i loro simili a religioni diverse da quella dei beni temporali. Ora. coloro che erano incaricati di questa funzione, e che io chiamo i chierici, non soltanto non la compiono più. ma ne svolgono una contraria ». Fatto questo riferimento al testo originario, vorrei spiegare il motivo del mio contrasto con la posizione di Bogliolo. Egli scrive: « Il ripristino dello statuto clericale dell'uomo di pensiero nasce dunque da un inadeguato approfondimento dell'analisi storica e riposa, oltre che sul dogma dell'inalterabilità del valori intellettuali, sul principio della neutralità della cultura». E' strano che il mio interlocutore non abbia accolto l'acuta distinzione che Benda aveva fatto — e che Bogliolo cita nel suo articolo — fra la predicazione del dotto e la sua non sempre conseguente azione. La svolta dell'800 « Di fatto — aveva scritto Benda — da più di duemila anni fa giù fino ai nostri tempi, io rawteo nel corso della storia un seguito ininterrotto di filosofi, di religiosi, di letterati, di artisti, di sapienti il cui movimento costituisce un'apposizione formale al realismo delle moltitudini... Essi predicavano l'adozione di un principio astratto che. sotto il nome di umanità o di giustizia, fosse superiore e direttamente opposto a quelle passioni... Grazie a loro, si può dire che per duemila anni l'umanità ha fatto il male onorando il bene; e questa contraddizione costituiva il vanto della specie umana, la crepa attraverso la quale poteva passare la civiltà. Ora invece, alla fine del XIX se- colo, si verifica un cambiamento radicale: gli uomini di studio si son messi a fare il gioco delle passioni politiche; coloro i quali costituivano un freno al realismo dei popoli ne sono diventati lo stimolo ». Se dovessimo accettare la posizione di Bogliolo, quale funzione avrebbe l'intellettuale, l'uomo di cultura nelle società contemporanee? Forse soltanto quella di produrre | opere palesemente asservite ■al potere, di qual colore esso sia? Mi sbaglio, o la prima caratteristica dell'intellettuale è il sapere esercitare una cri- tica sistematica nei confron- ti d'ogni evento, d'ogni noti- zia, d'ogni ideologia? In tutti i tempi, infatti, dal passato più remoto ai giorni nostri, il filosofo e l'uomo di scienza hanno levato una voce di dissenso: le loro obiezioni, il loro sistematico dubbio, e le loro sottili argomentazioni hanno minato convinzioni diffuse e ideologie ben accettate; un esame retrospet- tivo degli eventi del passato rivela spesso come l'uomo di cultura rappresenti un'espressione autentica del tempo in cui vive, e come tuttavia si collochi in posizione distaccata, già rivolta verso il futuro. Per queste loro caratteristiche, il filosofo, lo scienziato, 11 dotto, sono stati sovente visti di malocchio dai detentori del potere e dai difensori dello status quo; talvolta sono stati ignorati, tal I j | j !\ volta - nel passato e nel" pre- ! sente — perseguitati. E tut- I tavia, a dispetto di questa incompatibilità tre curiosità critica e autorità, il chierico ha esercitato una funzione determinante nel processo di civilizzazione. Dovremmo negare tutto ciò, e rinunciare ! alla nostre dignità? Né mi si venga a parlare di non-neutralità della cultu- ra. Mi sembra questa una confusione ed inappropriatezza di termini. Che qualsiasi scienziato, filosofo, filologo o che so io parteggi necessariamente per una certa posizione piuttosto che per una altra è ovvio, in quanto egli è essere umano suscettibile ad Influenze ideologiche, economiche, o altre. Ma nel momento stesso in cui si mette ad esercitare con devozione e | serietà il proprio mestiere, egli diviene necessariamente distaccato, che, se non lo di venisse, la sua opera rimar rebbe priva di valore. E' quindi ben giustificato per lare di partigianeria o min neutralità del filosofo, del dotto o dello scienziato, ma non della filosofia, del sapere e della scienza. "Onora il bene" Guardiamoci intorno, qui nel nostro paese. Di fronte allo sfacelo generalizzato, alla scomparsa delle Università, ul ■«» *ff±£3$BdL&£l ™"°' fL?'s°"™'ame"t0 giovani che soltanto possono aspirare ad un'emigrazione se I vogliono affermare le loro capacità intellettuali, al latrocinio dilagante, alla mancanza di ogni remora etica, non abbiamo sentito una soj la voce di chierico alzarsi per | riaffermare che vi sono ancora valori per i quali vai la j pena di battersi. I manifesti dei chierici di ! epoca fascista servirono cer\ tamente a qualche cosa e a ! Qualcuno: a me. per esempio I Mi„resi conto c™ *J, m fuori ! della propaganda di regime esistevano altri valori di decenza, pulizia e libertà: che si potevano ancora ascoltare voci oneste come quella di Julien Benda. Siamo caduti cosi in basso, da voler rinun , i dare persino ad ascoltare la {voce di chi « onore il bene »? 1 A. Buzzati Traverso |

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