Napoli: sospeso il processo ai Nap per l'improvviso lutto d'una giurata di Vincenzo Tessandori

Napoli: sospeso il processo ai Nap per l'improvviso lutto d'una giurata Udienza di due minuti alla ripresa del dibattimento Napoli: sospeso il processo ai Nap per l'improvviso lutto d'una giurata Napoli, 3 gennaio Questo è un processo che forse sul serio non comincerà mai. L'udienza numero 10 del dibattimento per le imprese dei Nuclei armati proletari alle assise di Napoli ha stabilito un primato di brevità, cominciata con il solito ritardo di due ore. è durata quattro minuti, dalle 11.10 alle 11,14. La cronaca è necessariamente rapida. Anche oggi la rappresentanza del gruppo storico dei nappisM era incompleta: dal carcere, per seguire il dibattimento, erano arrivati Pietro Sofia. Fiorentino Conti, Aldo Mauro. Claudio Carbone e Maria Pia Vianaie. Tolte 'e manette ai detenuti, il dottor Pezzuti ha detto: «Il presidente informa che questa mattina alle 7,30 è morto Rambelli Emilio, padre del giudice popolare Liliana Rambelli. Per questo motivo sospende l'udienza e la rinvia a lunedì 10*. Era già finito tutto. E' però seguita un'appendice curiosa: l'avvocato Filippo Favella, difensore d'ufficio di Maria Pia Vianale, ha chiesto alla corte di censurare gli organi d'informazione che avevano attribuito ai Nuclei armati proletari una rapina in banca avvenuta dieci giorni or sono. «I Nap non fanno queste cose, sono degli idealisti». Ancor più sorprendente la risposta del presidente: «La corte si riserva di decidere». Il rischio di inserire nella corte l'unico supplente rimasto è stato giudicato troppo grosso dal dottor Pezzuti: sulla resistenza dei giudici laici, infatti, non c'è da scommettere e il presidente non dimentica le difficoltà incontrate per formare la corte, le tre estrazioni, le malattie a ripetizione, quasi un'epidemia, denunciate da troppi designati. E quando finalmente la corte era al completo, l'abbandono di un giurato ha reso la situazione cosi precaria da consigliare stamane il presidente a teiere un atteggiamento prudente. Il 20 dicembre, infatti, con una lettera nella quale informava il presidente «che il figlio di cinque mesi affetto da bronchite cronica si è aggravato», un giurato dichiarava di «non poter più presenziare al processo». Gli occhi rossi per la morte del padre novalitaquattrenne, Liliana Rambel li si è comunque seduta al suo posto anche siamene, sa¬ crificando alle esigenze della legge qualche minuto del suo ! legittimo dolore. Così il processo è fermo. ■ impantanato da quasi un mei se e mezzo, bloccato prima . nelle sabbie mobili di mille ; eccezioni e quindi dal timore ! dichiarato che un contrattem! po «tecnico» (come la defe| zione di altri giudici popolaci ) lo faccia saltare. Eppure, ' secondo il programma, l'udienza di stamane doveva ri] sultare decisiva, aprendo la , discussione «sull'aniline e | sull'ideologia dei Nap». La difesa più volte aveva 1 accusato: «Questo è un prò | cesso che si vuole fare comunque e di corsa». E su ! questo postulato aveva deciso ! la propria tattica. In realtà, il presidente aveva dato l'impressione di voler chiudere un burrascoso capitolo della sua carriera al più presto. Preparato un calendario di massima con quattro udienze la settimana, il dottor Pezzuti aveva annunciato di voler tenere udienza anche l'antivigi¬ lia e la vigilia di Natale, e c'èra stata battaglia per farlo desistere. Anche nella concessione dei «termini di difesa» agli avvocati d'ufficio era parso parsimonioso: all'avvocato Senese aveva assegnato quarantotto ore. Per un lutto privato, sorprendendo tutti rinvia ora di otto giorni un dibattimento già traballante. Ma il prossimo è forse un appuntamento inutile: altre mille eccezioni possono essere pronte. Il dottoi Pezzuti, apprezzato giudice di tribunale civile, arrivato al «penale» da circa un anno, si trova nell'occhio di un ciclone capace di sconvolgere chiunque. Ed è anche esposto a grossi rischi: stamane ha preparalo una denuncia per la procura della Repubblica e per l'ufficio politico della questura con la quale avvertiva di aver ricevuto, fra la mezzanotte e le quattro, telefonate minatorie e questo «benché il numero di casa sia riservatissimo». Vincenzo Tessandori

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