Chi lascia morire Venezia di Francesco Rosso

Chi lascia morire Venezia MALGOVERNO DELLA CITTÀ PIÙ PREZIOSA DEL MONDO Chi lascia morire Venezia La decadenza non è imputabile alla fatalità né agli elementi, ma agli uomini • La città vivacchia per sei mesi sfruttando un turismo frettoloso - Poi un gran sonno; così deperiscono anche i palazzi di piazza San Marco - Ai politici interessa Mestre Venezia, gennaio. « Qualunquista ». e offenditi se puoi, dal momento che si tratta del termine più benevolo che puoi ricevere da tutti i politici, dell'arco costituzionale e no. appena ti accosti al « problema Venezia »: perché tocchi grossi interessi economico-politicoelettoralistici in cui sono mischiati tutti ali uomini dei- >a ez Repubblica Serenissl- ma- ?er H momento, «qua- , lunauMl , tono aue acnUort 1 inulesi, autori di un libro che da noi farà scandalo fra un palo di mesi, quando ustira per i tipi di Garzanti, se non sbaglio. Il libro ha un titolo lugubre La morte di Venezia, ma il veleno che >a fatto rizzare la coda ai politici veneziani è nel sottotitolo, che suona all'incirca così: « Lo scandalo dietro la distruzione della più bella città del mondo ». A Venezia in fatto di I scandali sono ormai cata j • ' l j | fratti, però si adontano ogni volta che glieli buttano in faccia. Stephen Fay e Phillip Knlghtley gliene hanno elencati alcuni: Edward Mortimer ha recensito il loro libro sul Times; tuffi « qualunquisti ». Peccato che i giornalisti ed i politici di Venezia non siano andati a riprendersi Goethe ed il suo Viaggio in Italia. Il grande poeta, parlando di Venezia, ad un certo punto, dice: « In questa città, se chi comanda volesse, si potrebbe far tutto». « Qualunquista » anche lui. con quasi due secoli di anficipo; infatti, chi comanda a Venezia fa tutto, ma solo per ammazzarla, si direbbe. Un mio amico, bravuomo e un po' sconsiderato, chc ha un incarico rilevante nel Comitato per la salvaguardia di Venezia, batte i pugni sul tavolo, fa sussultare t clten- ti del bar in cui ci trovia- mo c grida: « Questo è orni cidio volontario, non preteri intenzionale ». La causa? I Hanno deciso di raddoppiaI re le centrali termoelcttrì| che di Porto Marghera scaJ ricando in Laguna sempre [ più copiosa acqua bollente. 1 « Troveremo già lessati quei i pochi pesci che hanno resistito agli inquinamenti chiI mici ». bofonchiano ridendo quelli che ci stanno intorno. E' una singolare avventura parlare ridendo del morto, presente cadavere. An che nei giorni d'Inverno Venezia e talvolta bellissima: il cielo limpido ha trasparenze svenate, ciuffi di nuvole graffiano come bianche unghiate il tenero zaffiro dell'aria. Senti che davvero, come diceva Piovcne, l'Oriente incomincia qui: o for- lo e. e ha oia se ci siamo già dentro con tutte le implicazioni che il termine Oriente può contenere. Pigrizia, furbizia, levanttnismo. lascivia: un po' di tutto, forse, o anche di ul \ meno, n- Quanti veneziani autentici a- , vivono ancora a Venezia? rni ra? arìare e. ei sihido o. urn ea: aohe ro o, Or- Ecco una indagine che potrebbe rivelare insospettati risvolti in questa vicenda che ha per imlcoscenico la più affascinante, decrepita, corrotta città del mondo Caccia ai voti Corrotta non nel senso deteriore del termine: corrotta come tessuto urbanistico e sociale. Nel sottotitolo, i due autori inglesi parlano di scandalo dietro alla distruzione di Venezia: ma i lo scandalo non consiste nel i e: re ndi co e | di sido aio da le uò mi E etio er a la uò te no. la mi mi neIn di erò utia do to anamrò fatto chc gli amministratori, ieri socialdemocristiani. oggi socialcomunisti, si mettano in tasca parte dei trecento miliardi della legge speciale per Venezia idi ciò nessuno li accusa), bensì nelle remore burocratiche con cui rallentano i lavori per la salvezza della città. Perché a loro, di Venezia centro storico, gli importa poco, o nulla: il vero serbatoio di voti è in terraferma, a Mestre ed a Marghera. termitai inquinati ed inquinanti: non in questo agglomerato di isole fatiscenti del cosiddetto centro storico, popolato di fantasmi. La Venezia storica è uno sfavillante cimitero in cui si aggirano, fra scarsi cipressi ed avelli già spalancati, alcune decine migliaia di superstiti rà o, pe, o e e oi ale e. al ri. r¬ li (forse 85 mila), che non re Il I slsteranno a lungo con le scarse pensioni che gli passa il patrio governo. E poiché i pensionati non servono alle dimostrazioni di massa, ecco tutta la benevolenza degli amministratori per j centri dove le masse da manovrare esistono, cioè Porto Marghera e Mestre. E se Venezia morisse, amen, una noia di meno, pare dicano alcuni: ma se per sventura così accadesse, se Venezia sprofondasse davvero, anche gli attuali, distratti amministratori avrebbero di che piangere. Alcuni, come il francese Laurence Bonnet sul Figaro. dicono: facciamo in fretta, prima che Venezia diventi una conchiglia vuota: ma Venezia è già un guscio in cui le termiti hanno divorato interamente il gheriglio. Prendo a caso due titoli, in ordine di tempo: Morte a Venezia, di Thomas Mann e La morte di Venezia, dei due appena citati scrittori inglesi. La diversità consiste in una preposizione, ma il significato è identico. Ricordate la faccia di Aschenbach. il protagonista di Morte a Venezia, nel film di Visconti, quel disfacimento sotto lo strato dei belletti che colano? Quella morte di un uomo è. nel simbolo, più veritiera di quella autentica descritta dal due inglesi, In dicembre ci sono state giornate di acqua alta continue, con disagi indescrivibili; poi è tornato a splendere il sole, e la vecchia signora ha riscoperto i suoi frusti merletti, ma non arrivando a celare la sua decrepitezza. Ho visto piazza San Marco, vuota di turisti, con deprimenti, famelici co- to | iom0i attesa di qualche un I pietoso che gli butti un po' er I di becchime, con una guida il I f/W^o»innn rtmf Ritìnti» in ] pàdoan~ soprintendente ~ai ri- ; monumenti. Mi Indica il se condo piano delle Procurai i ile Vecchie, le finestre da cui si può spaziare sul pano- I rama più struggente del , mondo, da San Giorgio alle Zattere. Tende un tempo gialle, stracciate, a brandelli su vetri polverosi dietro i quali si indovinano gli scheletri di giganteschi armadi. Una delle più sontuose sedi I veneziane è divenuta un maI gazzino in cui si accatasta! no « : vetri », cioè quella i conteria da quattro soldi da 1 vendere ai turisti estivi. La degradazione di Venezia è. soprattutto, in questo ! lasctar correre di chi avreb■■ be il dovere di preservarne i il decoro di « città unica al ! mondo ». Venezia si desta a i maggio e muore a ottobre. ! in sei mesi brucia le sue I energie di un anno sbracanI dosi mi più avvilente mer: cimonio. Fu patria di gran- i df piffori. di architetti som- mi. di artigiani egregi: s'è ridotta a vendere pacc.otti- glia, gondolttte di plastica \ fabbricate in Brianza, vetri e conterie fabbricati a Firenze, o importati dalla Cecoslovacchia, sclalletti tessuti a Prato. Per sei mesi Venezia è invasa da mercanti che parlano napoletano, calabrese, siciliano, romanesco e vendono tonnellate di ciarpame di ogni provenienza, tranne che veneziana. Persino le collanine di vetro, che un tempo erano infilate qui dalle <. imptraperle ». ora giungono già confezionate da Hong Kong. Venezia si è squalificata proprio su questo piano, delle ca?e sempre e troppo facili. Arrivano le comitive, un paio d'ore di corsa lungo calli, campielli e ponti, fotografie, gondolette. collanine, lobbie da gondoliere, un camui:; leone di San Marco, la quadriga dei cavalli in antimonio, la sfera di vetro che fa cadere la neve sul palazzo ducale: mille, cinque, due. sei, diecimila lire ' I al pezzo. Fate i conti e vi renderete ragione della stanchezza opulenta che aggredisce Venezia alla fine di ottobre, quando incominciano a dipanarsi le prime matasse di nebbia là. verso il Lido e l'Adriatico aperto. Bar. ristoranti, alberghi, negozi abbassano le saracinesche, incollano un ipocrita cartello « chiuso per restauri » e se ne riparlerà la prossima primavera. Venezia è una città semi¬ viva per sci mesi, nel senso che quell'orda numericamente incalcolabile di visitatori trascorre in città poche ore e riparte coi torpedoni rimasti in attesa a Piazzale Roma, ed è semiviva per vendersi, o svendersi. « Temo proprio — mi diceva un amico — che la nostra città, l'antica regina dell'Adriatico, sia diventata in effetti una baldracca ». Rltro- \ co le stesse parole, o quasi. nel bellissimo, cimiteriale album di fotografie di Lord Snowdon. già marito della principessa Margaret d'In' ghilterra. Antico giudizio E le ritrovo in un libro di due secoli e mezzo addietro, di un piuttosto noto signor di Montesquieu, il quale nel 1728. già parlando del declino di Venezia annotava nel suo Viaggio in Italia: « Venezia è una vecchia baldracca che vende i suoi mobili •>. Oopi. non avendo più mobili proprii da vendere, si fa arrivare brutte copie da non importa dove, vetri e perline, quelle che un tempo gli esploratori usavana per comperare negri in Africa e indtos in America, da vendere ai nuovi invasori di bocca più che buona, per usare un eufemismo. Che Venezia non sia più di un guscio vuoto me lo fa no- tare un amico, guida preziosa in questi incantati vagabondaggi invernali attraverso la città deserta. Guardiamo le vetrine di vetrai famosi nel mondo: roba normale, di qualità modesta. Non che a Murano, sia pure col flato rantolante in gola, le vetrerie celebri abbiano chiuso, ma se vuoi un loro pezzo autentico devi andarlo a cercare a Roma in via Condotti, a Milano in via Montenapoleone. a Parigi in rue du Bac, a New York nella Fifth Avenue: qui trovi i «pezzi» adatti alla clientela che attualmente frequenta Venezia, e non sono certo quelli ideati, firmati. | controllati da scultori e ditej gnatori di fama. Venezia si è adeguata alla i sua funzione di fossile, che un giorno potrà anche essere ; sommerso dalle maree semj pre più alte, o dalle lacri' me sempre più copiose dei ! nostalgici e degli ipocriti. E' ! diventata una città che non ha più ragione di esistere. ] perché non è più città. « Ne vuoi la prova?», mi dice un amico, e mi porta a passeg\ gio. all'imbrunire, sulla Piazzetta di San Marco, nel dintorni dei Giardini, all'inizio \ della Frezzeria. dove solita\ mente sostano sparuti gruppi di marittimi. Ragazze di | piacere? Una decina, chc I hanno abbondantemente su1 perato la cinquantina. * Due ' secoli addietro — continua I il mio amico — non c'era ! città europea che superasse , Venezia nell'edonismo sfre: nato, nei vizi eccentrici. Oggi non è più nemmeno la ■■ capitale del. vizio. Vuoi in1 controre belle ragazze? Va : a Mestre ». Pare che il termometro della prosperità economica di una città consista nel nu] mero di queste ragazze spregiudicate, dette passeggiaj Mei: a Mestre « esercitano » 1 a plotoni, più che in corso d'Azeglio a Torino, arrivano i fin dalla Jugoslavia, facendo ! le pendolari ferroviarie: ì scendono dal treno la matI fina; ripartono con l'ultimo i freno della notte per Capo' distria o Lubiana, perché ; Mestre è un buon mercato. ' per via delle automobili che a Venezia non entrano. Una abdicazione totale, dunque, ma varrà la pena di parla'■ re ancora di quanto sta accadendo ed è già accaduto l a Venezia. Lo scandalo di cui parla1 no gli scrittori inglesi, e che ] ha già mobilitato l'opinione politica veneziana con la riscoperta del termine ti qualunquista » visto che non ! possono qualificare di fascij sta quei due giornalisti bri; tannici, consiste proprio in { questa rinuncia, non so 1 quanto involontaria, all'Ini> pegno di dare a Venezia il ; ruolo, se non più di capitale ' Serenissima, di città, gran| de. unica che le compete. Francesco Rosso |ji;j'!!]\\ \ | I 1 ' I ! , : ■■ 1 : ] j 1 i ! ìI i' Venezia. Case fatiscenti sulla Giudecca, presso la chiesa del Redentore (Foto Grazia