Pagherò domani, oggi non posso

Pagherò domani, oggi non posso COME LA STASI ECONOMICA HA INFLUENZATO LE AZIENDE Pagherò domani, oggi non posso Negli ultimi tre anni la quota di capitale delle imprese si è ridotta: di qui la difficoltà a pagare subito i fornitori Nuove scadenze imposte in Francia - Aumentano le insolvenze in Germania - Anche gl'inglesi in ritardo nei saldi La stasi economica e la depressione che hanno colpito in modo particolarmente forte alcune economie non sono rimaste senza effetti sulla cosiddetta «moralità nei pagamenti» che riguarda le imprese europee. Non è più un «delitto» lasciar passare i termini di scadenza: è divenuto ormai un'abitudine vivere sempre di più sul credito. In questo fenomeno i Governi dei singoli Paesi non sono esenti da colpe. Dal 1965 infatti alcuni tipi di imposte indipendenti dai profitti di impresa sono decisamente cresciute, con il risultato che le imprese vedono sempre più ridursi il tetto protettivo rappresentato dal proprio capitale. Se prima era normale che l'impresa finanziasse da sé i crediti concessi dai propri fornitori, adesso questi stessi autofinanziamenti dell'impresa hanno lasciato il posto quasi senza eccezione, a finanziamenti esterni. Negli ultimi tre anni la quota di capitale proprio (commisurato al bilancio complessivo dell'azienda) si è ridotta in tutti gli Stati più importanti dal tre al cinque per cento. Solamente negli Stati Uniti questa percentuale si aggira dall'uno al due per cento. Come sempre, gli americani sono soli, dinanzi ai Paesi europei, con una dotazione di capitale proprio nelle imprese, che va dal 50 al 53 per cento. In Europa, invece, la Gran Bretagna si trova in buona posizione con il suo 38-41 per cento, mentre la Francia si aggira sul 26-28 per cento e la Germania Federale sul 22-24 per cento. Da ultima viene l'Italia con il 15-17 per cento. Con un margine così ridotto di manovra, si capisce come la «moralità di pagamento» delle aziende italiane non sia poi cosi buona. Si dice che anche le imprese con un buono «status» economico paghino male: le scadenze van¬ no a sei mesi ma non è cosa insolita che le imprese saldino i loro conti, nello spazio di tre anni. Una ragione di questo stato di cose si trova anche nella tendea dell'economia italiana di rivolgersi sempre di più verso lo Stato (ossia di divenire Stato-assistita). Questo appoggio pubblico è anche una delle ragioni per cui gli esportatori italiani concedono lunghi termini di pagamento — con grande dispiacere dei loro concorrenti nei Paesi stranieri — cercando cosi di conquistarsi il mercato con il credito. Due tuttavia sono le espressioni ricorrenti, quando viene richiesto un parere sulla «moralità dei. pagamenti» italiana e sull'insufficiente dotazione di capitale proprio: «troppi scioperi» e poi «la fuga di capitali ». Neanche dalla Francia vengono segnali positivi. Occorre però sottolineare che qui la «moralità di pagamento» dello Stato nelle commesse fatte ai privati sta migliorando. Finora era scontato che il committente statale pagasse solo da sei a nove mesi dopo l'avvenuta fornitura. Ora il Governo ha disposto che venga rispettato il termine legale di tre mesi. Molte ditte di medio calibro sono andate fallite perché lo Stato non era puntuale. Nei rapporti con i privati, le ditte francesi usano come sempre termini di pagamento compresi tra i 60 e i 90 giorni, «in tempi più recenti, più 90 che 60» come dicono alla Camera di Commercio di Parigi. Quasi senza eccezioni vengono rilasciate dai clienti delle cambiali che nel «traffico» commerciale francese rivestono un ruolo assai importante. I termini di pagamento per le commesse di beni di investimento arrivano in Francia sino ad otto mesi. Non si applica qui lo sconto per i pagamenti immediati, proprio perché essi in pratica non esistono. Dal momento che c'è una stretta connessione tra la «moralità» nel rispetto delle scadenze e la liquidità, non deve far meraviglia che l'anno 1978 sia stato caratterizzato come l'anno dei fallimenti. L'ufficio parigino dell'Associazione tedesca per la Riforma di credito registra quotidianamente dai 200 ai 250 fallimenti. Negli anni passati, i mancati pagamenti sono cresciuti dal 15 al 20 per cento. Anche in Germania la «moralità» di cui sopra è un po' venuta meno, eccetto che nell'artigianato, in cui anzi le cose sono migliorate. I privati cittadini pagano qui i propri conti sull'unghia, pronta cassa. La «Creditreform» giudica l'economia tedesca «poco soddisfacente» da questo punto di vista. Se guardiamo all'indice dato tra il rapporto tra la domanda complessiva di credito e la «quota di rifiuto» del credito stesso, vediamo che nell'agosto '78 si è raggiunto con la cifra del 26.8 per cento un nuovo record. L'anno scorso l'indice dava il 19.2, negli anni del boom '72-73 era del 16-17 per cento. Un buon grado di solvibilità del mercato, si giudica qui, viene calcolato empiricamente sul 18 per cento. Quindi, con l'attuale 26,8 per cento tale solvibilità, ossia la solidità delle aziende, si considera peggiorata. Valgono per il mercato tedesco le seguenti considerazioni generali: il numero dei mancati pagamenti (insolvenza) aumenta sempre, anche se i tassi di crescita si riducono di circa il 2 per cento all'anno, aumentano le tasse non direttamente collegate al reddito di impresa, il «tetto» rappresentato dal capitale proprio si riduce, i crediti di fornitura devono essere finanziati dall'esterno dell'azienda. Gli stessi risultatiooom nel factoring (finanziamento delle forniture attraverso banche speciali) e del leasing (affitto dei beni di produzione) portano tutti ad un solo risultato: l'economia vive sempre di più sul credito a scapito della «moralità dei pagamenti», che decade. Anche in Gran Bretagna si stanno perdendo le buone abitudini in questo campo, specialmente per quanto riguarda i due anni passati. Le precedenti scadenze a 30 giorni si sono tacitamente allungate sino a dar luogo a scadenze bimestrali: le ditte sono già contente se nel termine dei 60 giorni arriva qualcosa in cassa. Una federazione di industrie del Sussex (1400 aziende di media grandezza) formata da Nora Potter, sta conducendo una crociata contro le abitudini di pagamento delle aziende più grosse, contro quelle minori. Quale strada al fallimento apra \'«immoralità» nei pagamenti, lo dimostra una statistica sulle bancarotte avvenute in Inghilterra e Galles. Nel 1967 le insolvibilità complessive (risolte in fallimento) hanno raggiunto i 19.3 milioni di sterline. Nel 1976 i milioni sono divenuti 87.2 e nel '77. 105.5. L'aumento oltrepassa in modo notevole il tasso di inflazione. Il che significa che anche in Gran Bretagna l'insolvibilità sta aumentando. Hans Baumann

Persone citate: Hans Baumann, Nora Potter