Aumenta il prezzo del petrolio (ci costerà mille miliardi in più all'anno) di Mario CirielloNatale Gilio

Aumenta il prezzo del petrolio (ci costerà mille miliardi in più all'anno) Decisa una serie di rincari: da gennaio (+5 per cento) a ottobre (+14,5 per cento) Aumenta il prezzo del petrolio (ci costerà mille miliardi in più all'anno) Conclusa ieri la conferenza deli'Opec - "Un incremento dei prezzi dei prodotti importati dagli arabi rischia di provocare ulteriori rincari del greggio,, - In Italia sembra inevitabile l'aumento del prezzo della benzina DAL NOSTRO INVIATO ABU DHABI — La Conferenza deli'Opec, ad Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti, si è conclusa con un aumento nel prezzo del petrolio, aumento non certo modesto che accrescerà gli oneri finanziari dei grandi importatori, come l'Italia, gli Stati Uniti e il Giappone. Il prezzo verrà innalzato nel gennaio 1979 del 5 per cento. Vi saranno poi rincari trimestrali che si tradurranno, entro fine '79. in un aumento del 14.5 per cento. L'aumento medio del costo sull'arco dei 12 mesi risulterà del 10 per cento. Il prezzo per barile del «greggio arabico leggero» salirà infatti dai 12.70 dollari di oggi a 14.54 nell'ultimo trimestre del 1979. E' un meccanismo complesso, quello annunciato ieri dalle tredici nazioni dell'Organisation of Petroleum Exporting Countries. Complesso e importante. Il primo gennaio 1979. il prezzo aumenterà del cinque per cento; il primo aprile, del 3.809: il primo luglio, del 2.294: il primo ottobre, del 2,691. Per effetto di tali variazioni, il prezzo del cosiddetto marker crude (un prezzo di riferimento) salirà il primo gennaio da dollari 12.70 a 13,335: a 13,843 il primo aprile; a 14,161 il primo luglio: e a 14,542 il primo ottobre. Il colpo per l'Italia è olirò. La sua «bolletta del petrolio» (cioè la spesa per queste vitali importazioni) si dilaterà in modo inquietante. Questa spesa, che fu nel '77 di quasi 7 miliardi e mezzo di dollari e che dovrebbe essere nel '78 di 7,1 miliardi di dollari, aumenterà nel '79 fino a circa 8 miliardi: un incremento di 900 milioni di dollari, circa 765 miliardi di lire. Ma il 1980, sul quale inciderà l'intero aumento del 14.5 per cento, registrerà un costo supplementare di oltre mille miliardi. E' un rincaro superiore alle previsioni, o per lo meno alle previsioni dei più ottimisti, di chi s'illudeva (come molti negli Stati Uniti) che l'Arabia Saudita avrebbe imposto una volta di più la sua moderazione, frenando l'ascesa all'otto per cento. Ma l'Arabia Saudita, proprio per confermare la sua leadership nell'alleanza, ha dovuto soddisfare, benché con riluttanza, le pressanti richieste delle nazioni più popolose e più povere deli'Opec. come la Nigeria e l'Indonesia. Il prezzo del petrolio era immobile da due anni, la moratoria non poteva pro¬ lungarsi oltre, troppe difficoltà si erano accumulate sulle spalle di vari Paesi. Il comunicato conclusivo ricorda tali difficoltà. «É' con profonda ansietà che abbiamo seguito, negli ultimi due anni, l'alto tasso di inflazione e il deprezzamento del dollaro. Questi fenomeni hanno ridotto in notevole misura le entrate petrolifere dei Paesi membri, e hanno avuto conseguenze negative sul loro sviluppo economico e sociale». E' innegabile che le disponibilità Opec sono calate drammaticamente dagli altissimi livelli dì qualche anno fa (si aggirano ora sui 10 miliardi di dollari) per effetto anche di investimenti troppo ambiziosi, investimenti che hanno giovato non poco alle industrie occidentali. Questo aumento del 10 per cento dovrebbe fruttare ai 13 deli'Opec, durante 11 '79, sui 30 miliardi di dollari. Annunciato l'aumento, il comunicato lo descrive a ge- ' sture of goodwill, un «gesto di buona volontà», verso l'Occidente e il mondo intero. E' un gesto che il ministro saudita Yamani non approva interamente, e lo ha dichiarato. «Sono deluso. Avrei preferito una formula diversa». Il comunicato termina: «Se l'inflazione e l'instabilità monetaria persisteranno, incoraggiando lo spreco di questa importante ma esauribile risorsa, l'Opec non avrà altra scelta che modificare ulteriormente i prezzi». Anche su questo punto Yamani ha manifestato parere diverso. Se l'aumento è più pesante dello sperato ciò è dovuto in non modesta misura al drastico declino delle esportazioni iraniane, scese da oltre 5 milioni di barili giornalieri a poco più di uno. Questa falla ha acuito la temporanea scarsità creata dal¬ l'arrivo dell'inverno, dalla maggior attività industriale e dai forti acquisti di greggio eseguiti prima del previsto aumento di prezzo. Il ministro del petrolio degli Emirati Arabi Uniti. Mana Saeed al-Otaiba. ha detto: «La legge della domanda e dell'offerta si è spostata per qualche tempo a nostro favore». Al-Otaiba ha esortato altresì al risparmio di energia perché, «dopo il 1985 vi sarà una grande carenza nei rifornimenti di petrolio». Molti osservatori non escludono che l'Arabia Saudita abbia attenuato questa volta la sua moderazione per esortare gli Stati Uniti a maggiori sforzi diplomatici nel Medio Oriente. E' una teoria un po' machiavellica, ma non priva di qualche fondata interpretazione. Il travaglio in Iran e la crescente presenza sovietica alla periferia della penisola arabica (Afghanistan, Yemen, Etiopia) hanno creato in Arabia Saudita e nei piccoli Stati del Golfo Persico un senso di ansiosa insicurezza. L'Arabia Saudita (citiamo ancora Yamani) teme che l'eterno conflitto mediorientale apra a Mosca o al comunismo nuove strade verso i «regni del petrolio». Mario Ciriello A pagina 2: Le conseguenze per l'Italia, di Natale Gilio

Persone citate: Mana Saeed, Yamani