La moglie di Tolstoj "donna sprecata"?

La moglie di Tolstoj "donna sprecata"? UNA VITA ALL'OMBRA DEL GENIO La moglie di Tolstoj "donna sprecata"? «E' tutto finito, ho partorito, ho sofferto molto, mi sono alzata lentamente sto rientrando nella vita... Qualcosa in me si è rotto, sento che c'è qualcosa che mi farà sempre male: forse questa paura di non aver compiuto il mio dovere verso la mia famiglia. Sono diventata terribilmente timida di fronte a mio manto, come se avessi una qualche grave colpa nei suoi confronti... Cerco di nascondere tutto questo per uno stupido, falso senso del pudore». Tre mesi più tardi: «Mi annoio. Ma com'è bello che ci sia un figlio.'... La preoccupazione continua dei pannolini mi distrae dai miei pensieri. Lui naturalmente si accorge della mia noia — non posso nasconderla — e ne prova fastidio. Ho voglia di andare a un ballo, ma non è per questo che mi annoio. Non ci andrò, ma mi dispiace provante ancora il desiderio». Un mese più tardi: «Io non ho mai minimamente realizzato un ideale e non posso realizzarlo. Sono stata sprecata. Né il giorno, né la sera, né la notte. Sono l'appagamento di ogni esigenza; sono la bambinaia: sono la mobilia d'ogni giorno: sono la donna». Parla la moglie di Tolstoj: questa presa di coscienza è, dunque, di centoquindici anni fa. Come abbiamo sottovalutato le donne! Ci avrebbero detto tutto, se avessimo voluto ascoltare i loro pensieri, i loro dolori, il bisogno di realizzarsi, sempre uguale, attraverso i secoli. Ma quando una donna faceva tanto di farsi sentire, la sua voce veniva spesso sopraffatta da un'altra, più forte e allenata ad avere pubblico: la voce dell'uomo. Nel caso dei Tolstoj, la voce dell'uomo fu fortissima, anzi, immortale, così come del resto sospettava lei fin dall'inizio, cioè dal primo anno di matrimonio, quando aveva soltanto diciassette anni, e lui trentacinque («Per me c'è la vita di tutti i giorni, la morte. Per lui c'è una vita completa, un'attività interiore, l'immortalità»), e se non riuscì a soffocare per intero la voce di lei, fu una sorta di miracolo. Litigarono tutta la vita, ma si amarono anche, e. quel che è più strano, si rassomigliavano molto. Avevano ambedue la passione di scrivere diari, di scambiarseli, anzi di imporseli a vicenda, e di spiarsi (la mania prevalse più in lei che in lui, a dire il vero, ma lui aveva altri sistemi per eccitare la propria gelosia) a vicenda attraverso la lettura segreta dei rispettivi diari. Dobbiamo a questa forma maniacale di convivenza la possibilità di ascoltare un controcanto, il cui vero suono, tuttavia, in gran parte, ancora ci sfugge. **' La saggista americana. Elizabeth Hardwick, ha osservato recentemente (nella prestigiosa New York Review of Books del 18 maggio scorso) che la contessa Tolstoj è lei stessa un gran personaggio di romanzo russo, forse più di Dostoevskij che di Tolstoj. Verissimo: bisognerebbe aggiungere che è anche una grande scrittrice, così >:ome testimonia il racconto dell'inizio del suo matrimonio, scritto nel 1912, quando era già vedova da due anni e ne aveva ben sessantotto. Lo ritroviamo nella sua eccezionale freschezza di portento ricatturato e rivissuto dopo più di un drammatico mezzo secolo, fitto di dissapori, litigi, disgrazie, tentativi di suicidi, e fuga finale di Tolstoj, all'inizio de 1 Diari stessi (Sofija Andreevna Tolstoj. / Diari, 1862-1910, traduzione di Francesca Ruffini e Raffaella Setti Bevilacqua, introduzione di Raffaella Setti Bevilacqua, La Tartaruga, Milano, pp. 293. lit. 5500). E' questa la prima traduzione italiana dei Diari che sono stati continuamente citati negli studi su Tolstoj, contrapposti e contrappuntati agli stessi Diari e romanzi tolstojani e alle lettere (si veda, il primo volume. Lettere di Lev Nikolaevic Tolstoj. 1845-1875. a cura di Lubomir Radoyce, introd. di Silvio Bernardini, pp. 509, lire 38.000. Longanesi. 1977). Se è vero che sono qui selezionati con un criterio di scelta che sottolinea, in Sofija Andreevna. «i suoi problemi di donna e di moglie» e la «sua esigenza di interrogarsi, analizzarsi, sfogarsi e sognare», è altrettanto vero che la donna è, questa volta, prima attrice e a lui, invece, tocca entrare o uscire secondo i desideri di lei. In realtà, lui c'è sempre, incombente, indimenticabile. «Ho soltanto bisogno del suo desiderio, della sua giòia di farmi piacere e di vedermi allegra, com'ero allora, un anno dopo il matrimonio, e. diciannove anni dopo. «Levocka è di nuovo cupo, innaturale e poco piacevole. Ieri sera mi sono molto arrabbiata e non gli ho rivolto la parola. Fino alle due di notte non mi ha lasciato dormire. Prima si e fennato da basso e si è lavato, impiegando molto tempo, per lui lavarsi è un avvenimento». Si potrebbe continuare a citare all'infinito e non si uscirebbe comunque da una schizofrenia completa, che li faceva, ognuno per conto proprio, desiderare di essere, appunto, separati e insieme. «E' impossibile immaginare qualsiasi altra donna come moglie di Tolstoj», osserva la Hardwick. e aggiunge: «E' difficile immaginare come trovassero il terreo per registrare — una registrazione affascinante, violentemente espressiva, una sorta di strana storia orale, che coglie l'alzarsi e l'abbassarsi della voce, l'impazienza, la motivazione, l'amore stesso sentito in un sospiro quando finalmente sopraggiunge il sonno — come finalmente, a volte, grazie al Cielo, accadeva». * * Tutto vero: nessun'altra donna, meglio di Sofija Andreevna. avrebbe retto Tolstoj, e quello che Vittorio Strada ha giustamente sottolineato come uno dei nuclei centrali della sua biografia, cioè i rapporti, complicatissimi e ambivalenti, con il mondo femminile. Ma lei, bella e giovane, non avrebbe potuto sposare un altro, che apprezzasse un poco di più la sua straordinaria lucidità, il suo autentico bisogno di capire il senso della vita di una donna? «Ho scoperto oggi... che ogni donna diventa autentica soltanto quando è sposata da alcuni anni... Sono diventata molto, molto peggiore...». «Mi hanno insegnalo che una donna deve essere onesta, deve amare, deve essere una buona madre. E' scritto sul sillabario, ma sono tutte sciocchezze. Non bisogna amare, bisogna essere astute... tutto il mio orgoglio è nel fango e io sono una povera creatura vile e calpestata, di cui nessuno ha bisogno, cara a nessuno, capace di nulla, con la nausea e due denti guasti, con la pancia, l'alito cattivo, con un orgoglio debole e annientato e un amore umiliante che non serve a nessuno e che quasi mi fa impazzire». Era soltanto il 1868, e Sofija Andreevna non smise mai di amare Ma nel 1910 Pasternak giovane, precipitatosi con suo padre alla scena della morte di Tolstoj, alla stazione di Asta povo. scrisse nelle sue Memorie: «Buon Dio. io pensai, in che stato si può ridurre un essere umano, anzi una moglie di Tolstoj.'». Angela Bianchini Sofija Andreevna, moglie di Tolstoj, annotava tutto in un diario

Luoghi citati: Milano, New York