La società dei «vigilantes»

La società dei «vigilantes» La società dei «vigilantes» Davanti alle scuole di Torino — con il beneplacito del Comune, una fascia gialla e blu al braccio, e la riconoscenza dei cittadini — gruppi di pensionati sorvegliano l'entrata e l'uscita dei ragazzi, cercando soprattutto di impedire lo spaccio di droga. Davanti allt| banche di tutt'Italia poliziotti privati, con cappello a visiera, uniforme da sceriffo, pistolone al fianco, tentano di scoraggiare ladri e rapinatori. Industriali, ricchi commercianti, professionisti e privati facoltosi viaggiano su auto corazzate, in compagnia di mercenari armati fino ai denti per prevenire rapimenti e attentati. Molte case sono protette da antifurti luminosi e sonori; raggi invisibili scrutano nel buio pronti a far scattare un allarme al primo sintomo di anormalità. Nei giardini di tante ville sono lasciati in libertà cani ferocissimi, addestrati a dilaniare gli estranei e a rifiutare eventuali «bocconi» avvelenati. Ci sono vetrine e uffici con cristalli antiproiettile ; per entrare in certi negozi si devono superare due porte blindate, per poi trovarsi di fronte alla canna di una grossa pistola puntata per prudenza contro ogni cliente. Viviamo l'epoca dei «vigilantes», pistola in tasca e spesso anche il giubbotto antiproiettile. Sembra siano più di 80 mila in Italia le «guardie private». Il cittadino cerca di difendersi da solo —' oppure paga qualcuno perché lo difenda — perché non ha più fiducia nelle strutture pubbliche, polizia e carabinieri. Siamo sulla china pericolosa di una società che ha perso fiducia nelle strutture e nelle leggi che si è data e che, non ostante tutto, è obbliga¬ ta a mantenere. Un passo più in là, e ci sentiremo autorizzati a farci giustizia da soli. Il bambino siciliano che ha ucciso con una pistola rubata il padre che lo maltrattava e che maltrattava sua madre, viene giustificato dicendo che «se si fosse rivolto ai carabinieri non avrebbe ottenuto nulla», semmai l'irata, ulteriore vendetta del padre. E' giusto graziarlo? E' giusto perdonargli il parricidio perché ha soltanto 14 anni? E' giusto che il giudizio della magistratura sia stato forzato: tutto studiato e organizzato per permettere al capo dello Stato di intervenire con la grazia il più rapidamente possibile? E' giusto che prima ancora della sentenza già Pertini lasciasse diffondere la voce di grazia «firmata in meno di un'ora?». E poi, lasciandolo libero, saprà reinserirsi da solo nella società? Sono molti a porsi queste domande e a discuterne. Purtroppo non è questo il problema, non sono questi gli interrogativi, pur angosciosi e assillanli e validi. Il vero problema è trovare il coraggio di domandarci se così facendo — al di là del caso pietoso e commovente in sé — non stiamo definitivamente passando i limiti della società organizzata, sia autorizzando i «vigilantes», sia perdonando l'autogiustizia. Purtroppo sembra che nessuno sappia più come intervenire e che cosa fare per evitare di distruggere le cose in cui abbiamo creduto e nelle quali abbiamo avuto fiducia. Abbiamo «vigilantes» e giustizia pietosa per sostituire una struttura insufficiente. Ma siamo sul punto di perdere la società nella quale poter vivere.

Persone citate: Pertini

Luoghi citati: Italia, Torino