I funerali del leader algerino di Mimmo Candito

I funerali del leader algerino I funerali del leader algerino (Segue dalla l'pagina) grete passati in semiclandestinità tra Algeri e Mosca. Notizie clamorose, smentite poi con indignazione dalle fonti ufficiali, parlavano di attentati, colpi di Stato, rivoluzioni, faide di palazzo, ferite incurabili. Poi si era appresa la realtà del «morbo di Waldenstrom» che attacca e distrugge il sangue. Nell'ospedale erano allora arrivati da mezzo mondo i nomi più celebri della neurochirurgia e delle malattie circolatorie. Americani, francesi, danesi, cubani, cinesi, tedeschi, fino a 42 illustri professori, con attrezzature sofisticate inviate su un aereo speciale dal Massachusetts. Ma i consulti avevano dato solo poche e alterne speranze; lo stesso dottor Waldenstróm era venuto dalla Svezia ma era ripartito quasi subito. Il giudizio era scontato: coma irreversibile. Come già fu per Franco nei quaranta giorni più lunghi della storia di Spagna, pure per Boumedienne l'attesa d'una morte che non arrivava mai si è accompagnata alle voci di un uso politico di questa malattia senza ritorno. Anche se avviato sulla strada di una industrializzazione spinta, con strutture sociali e programmi fra i più avanzati del Terzo Mondo. l'Algeria era un regime a partito unico dominato dalla figura solitaria e giacobina del suo presidente. La morte di Boumedienne avrebbe potuto far succedere tutto. Dal Marocco, Budiaf, uno dei capi storici della rivoluzione algerina, ora in esilio, ammoniva: «Sarà peggio che in Iran, il regime crollerà col suo capo-. Ait Ahmed, altro leader dell'opposizione in esilio, invitava da Parigi «i fra¬ telli a riprendere la strada della concordia dopo gli errori del passato». Il Paese è moderno, giovane, aggressivo: ma nessuno poteva giurare su un futuro che arrivava troppo inatteso, senza molte controprove. In quaranta giorni, gli otto uomini che formano il Consiglio della rivoluzione e ne ricavano il potere reale dell'Algeria di oggi, hanno avuto ogni tempo per predisporre tutte le misure necessarie a una transizione controllata. Anzi, molti tra coloro che abitano le ricche ville dei tecnocrati di Stato, sulla collina residenziale di El Biar, dicono che «Boumedienne stava durando anche troppo; l'attività del Paese non può restare bloccata tanto a lungo, paralizzata da un cuore che non vuol saperne di cedere alle leggi della natura». E mercoledì mattina, la storia di Boumedienne alla fine si è chiusa. Ora capo provvisorio dello Stato è Rabah Bitat. presidente del Parlamento algerino. Entro 45 giorni dovrà essere nominato il successore. E' un limite ampio, che permette consultazioni lunghe e ripetute. Ma l'impressione è che i giochi siano ormai fatti. Le fazioni presenti all'interno del Consiglio della rivoluzione avrebbero trovato un accordo per scorporare i troppi poteri di Boumedienne, e dividerli tra i candidati maggiori: Salali Yahiaui, oggi leader ideologico e organizzativo del partito unico, Abdelaziz Buteflika, ministro degli Esteri e delfino di Boumedienne, Benjaddid Chadli, coordinatore delle forze armate, Abdelghani, potente ministro degli Interni. Chi sia il vero successore, è ancora troppo presto per dirlo. Ma comunque è già chiaro a tutti che il corteo funebre che oggi accompagnerà Boumedienne al cimitero di El Alia va a seppellire la storia della prima Repubblica algerina. Mimmo Candito

Persone citate: Abdelaziz Buteflika, Abdelghani, Ait Ahmed, Chadli, Rabah Bitat