Sei attentati al giorno e trenta morti nel 1978 di Fabrizio Carbone

Sei attentati al giorno e trenta morti nel 1978 Impressionanti le cifre della violenza politica Sei attentati al giorno e trenta morti nel 1978 Le vittime sono raddoppiate rispetto al '77 - In prima fila le Br, poi una giungla di altre sigle - Roma, Milano e Torino le città più colpite ROMA — Una bomba a mano tipo Srcm da esercitazione, lanciata da una «Mini» verde contro alcuni giovani di sinistra fermi a parlare in un giardino romano di periferia, fortunosamente esplosa contro un albero, è cronologicamente l'ultimo attentato a meno di 70 ore dalla fine dell'anno. Rivendicato da un gruppo neofascista (i Nar, nuclei armati rivoluzionari), ha ferito lievemente Ivo Nibbi, di 21 anni. E' stata l'azione terroristica numero 2300 del '78, anno nero della violenza eversiva. Non è difficile prevedere ancora attentati prima della mezzanotte di San Silvestro, ma si fanno già riepiloghi di quanto è successo; si tracciano analisi. Abbiamo avuto 30 morti in una «guerra» dichiarata soltanto da chi vuole gettare il Paese nel caos, contro la maggioranza assoluta degli italiani. I morti erano stati 15 nel '77, cifra che quest'anno risulta raddoppiata. Le statistiche riducono a numeri le tragedie personali e il dolore di chi è stato colpito direttamente, E' stato l'anno di via Fani, dalla strage della scorta di Aldo Moro alla prigionia e alla morte dello statista de, ma anche quello della frantumazione quotidiana della vita comune in tanti momenti di omicidi e agguati, aggressioni e incendi, bombe e esplosioni senza alcuna logica; quasi fosse stato stabilito di tenere costantemente sotto «stress» grandi città industriali e piccoli centri. Duemilatrecento attentati e violenze a persone e cose: più di sei episodi al giorno. Ma la statistica non rende bene la situazione perché agosto è filato via liscio, in omaggio alle vacanze. Nel '77 il conto totale era arrivato a 1400 episodi di criminalità «politica» ed era un tetto impensabile in passato. Quest'anno per 1500 volte sono stati colpiti uffici di polizia e carabinieri, sedi politiche (in maggioranza de e pei) e sindacali, edifici pubblici e privati, impianti industriali, abitazioni e negozi. Settecento le aggressioni davanti alle scuole e nelle strade e 1000 gli automezzi pubblici e privati danneggiati o distrutti. Il 1978 se ne sta andando con le Brigate rosse in prima fila, divise tra le Br che hanno portato a termine l'operazione Moro e quelle che hanno sparato e ucciso, incendiato e aggredito, senza però raggiungere il «livello operativo» delle prime. Poi una giungla di sigle inventate per rivendicare crimini più o meno feroci Gli attacchi sono stati rivolti nell'ordine soprattutto contro dirigenti di industria, responsabili di reparto in fabbrica, forze dell'ordine, guardie carcerarie, uomini politici democristiani e giornalisti. Contro i 30 caduti della parte aggredita ci sono stati 3 morti sul fronte del terrorismo: il 3 gennaio Prospero Candura e Pierluigi Sciotto, neofascisti, restano dilaniati da un ordigno che tentavano di collocare sull'Etna; Roberto Capone, brigatista, viene ucciso per errore dal commando che l'8 novembre assassinò a Patrica il magistrato Fedele Calvosa, l'autista Luciano Rossi e la guardia carceraria Giuseppe Pagliei. E' stato anche l'anno degli assalti ai «cervelli elettronici» (12 casi, con il duro colpo contro il «computer» della Motorizzazione civile) così come cnd chiedeva la «risoluzione strategica» delle Br, pubblicazione clandestina che porta la data del febbraio '78. L'opera di repressione non è stata pari alla «massa di fuoco» del terrorismo. La magistratura dice di aver individuato una parte dei brigatisti coinvolti nei 55 giorni della tragedia Moro: in carcere ci sono però quasi tutte figure di secondo piano; latitanti gli individui ritenuti di spicco e pericolosi. C'è stato, è vero, il processo contro i capi storici delle Br, ma i terroristi hanno continuato a colpire durante il dibattimento, uccidendo anche a Torino, presidiata da una cintura difensiva di forze dell'ordine. Colpi all'eversione sono stati dati dagli uomini del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, ma la scoperta di numerose «basi operative», di arsena-' li e di materiale «interessante» non ha portato alla sconfitta di questa o quella organizzazione. Troppe volte gli investigatori hanno parlato di operazioni positive che in pratica non hanno poi rispettato le attese deludendo l'opinione pubblica. Nel mirino delle bande armate tre città su tutte: Roma, Milano e Torino, più staccata Genova. Il Veneto si è rivelata regione calda e c'è stato uno scoppio di episodi nel Mezzogiorno che ha fatto pensare a un'esportazione della guerriglia al Sud; guerriglia per ora rientrata. Fabrizio Carbone

Persone citate: Aldo Moro, Candura, Carlo Alberto, Dalla Chiesa, Fedele Calvosa, Giuseppe Pagliei, Ivo Nibbi, Luciano Rossi, Pierluigi Sciotto, Roberto Capone