Sepolta con Boumedienne la 1ª repubblica algerina
Sepolta con Boumedienne la 1ª repubblica algerina Oggi i funerali del «leader» scomparso mercoledì Sepolta con Boumedienne la 1ª repubblica algerina Piccoli cortei ordinati sottolineano che Algeri si era lentamente abituata all'ineluttabile - Soltanto nei vecchi combattenti rivoluzionari il dolore è più evidente - Capo provvisorio dello Stato è Rabah Bitat, presidente del Parlamento DAL NOSTRO INVIATO SPECIALE ALGERI — Percorsa da piccoli cortei ordinati, e separati, di donne e di ragazzi, Algeri accetta senza passione la morte di Boumedienne. Il vento e il sole che accompagnano questi i>rimi giorni di lutto ridanno alle strade affollate di giovani il bianco nitido dei palazzi coloniali, non c'è tensione né paura. Il cordoglio segna solo la faccia di qualche anziano maquis che si ferma volentieri a raccontare al giornalista straniero gli anni della lotta per l'indipendenza e i ricordi del colonnello Boumedienne, ••che comandava coraggiosamente l'esercito di liberazione nazionale". Il presidente algerino è morto alle 3.55 del mattino di mercoledì, ma era come se fosse morto da almeno un mese. I cortei che marciano in silenzio lungo i marciapiedi, portano grandi foto dello scomparso e striscioni bianchi di tela scritta a mano, ma non vi sono immagini di pianto né il rituale di lamenti e lacrime che accompagna circostanze simili in ogni Paese del Terzo Mondo. Alla dignità della gente algerina, si aggiunge la lenta assuefazione alla morte maturata nei quaranta giorni di coma. «Oggi questo Paese è moderno, fiero, ha amici in tutto il mondo.', dice il vecchio partigiano che dai francesi ha avuto torture e una condanna a venti anni di galera per «attività sediziosa». La morte prematura del leader arabo segna lo stacco netto tra due avventure di una stessa realtà, politica e umana. All'alba di mercoledì è finita la storia di un'Algeria, quella della generazione di nazionalisti che ha guidato e sofferto la rivincita del Maghreb e del Mashreck sul colonialismo delle antiche potenze europee. E' una storia che continua ancora nelle memorie di qualche anziano combattente, ma anche se Buteflika, Yahiaui, Abdelghani, Chadli, Ben Cherif sono tutti uomini del ìnaquis, come era Boumedienne, quello che viene ora è un'altra storia. Che della prima ha solo la continuità istituzionale, ma deve imparare adesso a badare di più a queste donne e a questi ragazzi che in ventanni hanno appreso a sfilare in silenzio lungo i marciapiedi, accanto al traffico che continua caotico come ogni giorno. L'eredità della generazione di Boumedienne è in questo Paese che ha il sessanta per cento della sua gente con meno di diciotto anni, e il 47,7 con meno di quattordici anni. Ci sono quattro milioni di studenti, il 25 per cento del bilancio dello Stato va all'educazione, il tasso di investimento del prodotto nazionale ha un livello (il 43 per cento) tra i più alti del mondo. «Boumedienne era un grand'uomo» dicono i vecchi. I ragazzi che calano giù a frotte dalla kasbah sembrano assai meno interessati. La paura era che dopo Boumedienne ci fosse il vuoto. L'antico colonnello del maquis era presidente, capo del governo, ministro della Difesa, capo di Stato maggiore, comandante della gendarmeria nazionale, numero uno del partito di regime, l'Fln. Quaranta giorni di coma sono serviti anche a preparare il Paese e le sue strutture politiche a una successione ordinata. La notizia è stata pilotata con cautela e misura dalla censura ufficiale, un pizzico al giorno, quanto basta a confermare i dubbi ma anche a smentire le certezze pericolose. Il coma era sopraggiunto nella notte tra venerdì e sabato 18 novembre. Malato unico in un reparto di urologia non ancora inaugurato, all'ultimo piano dell'ospedale Mustafà, Boumedienne era arrivato a quest'ultima tappa della sua vita dopo due mesi di curej>eMimmo Candito (Continua a pagina 2 in quarta colonna) Algeri. Una donna legge il giornale che annuncia la morte di Houari Boumedienne (Ap)
Persone citate: Abdelghani, Chadli, Cherif, Rabah Bitat
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