Vince il topolino d'argento di Giovanni Arpino

Vince il topolino d'argento I REGALI NATALIZI SVELANO UNA NUOVA SMANIA Vince il topolino d'argento Un topolino d'argento. O forse un'icona di peltro ma cosi lucida che sembra d'argento vero. Un mazzo di posate ottocentesche: se te le lustri da solo avrai lo sconto. Un, servizio che la bottega specializzata vende ma onestamente denunciando che è di un privato, ormai in rovina: Ti pezzi corrispondenti a tre chili e 400 grammi d'argento. E' nuova smania, però sotterranea, quasi pudica. Un argentiere di Torino assicura che la richiesta coinvolge tutti: fidanzati all'antica, signore che debbono scambiarsi un regalino (tagliacarte minimi, calzanti per scarpe, grandi un'unghia, barattolinl tipo «Cirio.;, con tanto di coperchio slabbrato, però microscopici), vecchi gentiluomini austeri che si fanno impacchettare oggetti oscillanti tra le tremila e le duecentomila lire. L'argento, insomma. Che, secondo il proverbio, -'fa la guerra», ma è simbolo estremamente festivo, elegante. Lo proteggono anche le cabale, perché sarebbe un metallo refrattario ad ogni esorcismo e perché lo si può certo trovare — secondo leggende francesi — infilandosi una coda di lucertola tra la pianta del piede e la scarpa: tu parti con quella coda nel calzino, e non mancherai certo di imbatterti in tesori o montagne o fiumi argentati (però anche il Diavolo ha il naso d'argento, secondo uno dei suoi innumerevoli trucchi). Un'oreficeria alle spalle di Largo Chigi, a Roma, in questi giorni ha destinato un commesso (o gorilla, uno dei tanti che questa famiglia scimmiesca dà alla luce tra le nostre mura casalinghe) a spingere e riaprire la saracinesca mobile d'ingresso: di volta in volta, l'uomo lascia entrare sei clienti, gli altri fanno la fila sul marciapiedi, rischiando le ossa tra innumerevoli autobus. I sei (tutt'altro che magnifici) si attardano, secondo il turno, a esaminare appunto topolini, pendagli, icone, catenelle, anellini, posate, vasellame, e scrutano con occhi strizzati il bollo dell'argento — farà 750 o 925? — soppesano e interrogano e sospirano. Non è neppure la fuga verso uno del cosiddetti ed emblematici «beni rifugio», spiega un argentiere torinese: la moda vende stracci a prezzi' esorbitanti, nelle vetrine più note appaiono orribili fez come copricapi femminili che sanno di regime, guerra, karkadè e faccetta nera, la gente non sa più distinguere una li¬ tografia falsa da una autentica, del libro natalizio troppo costoso alcuni hanno veramente paura e temono, regalandolo, d'essere giudicati cafoni. Ecco tutti i «perché» dell'argento. Oh, si. c'è chi comincia a braccare la moneta russa destinata all'Olimpiade 1980, un centocinquanta rubli di platino: solo ai sovietici poteva venir in mente di coniare il «pezzo» più caro del mondo. Ma l'argento vince, perché lo si può trovare in ogni dimensione, per ogni borsa, e vive di un suo artigianato fantasioso, persino ironico nell'inventare briciole e microbi da appendere, tenere insieme alle chiavi di casa, metter su un tavolo, su un comodino, una scrivania, in un taschino. Le pagine delle rivistone si gonfiano di pubblicità dedicate alle forchette, le grandi case mostrano .dépliant** con serie di argenti dedicati ad ogni cibo, dal branzino alla fragola con panna. Ma basta — pur con orrore — lo stuzzicadenti, da regalare al capufficio noto per i suoi gesti malsani. Non è veramente il caso di sfoderare l'invettiva che Dante scaglia contro i simoniaci nel Canto XIX dell'/n/erno: Fatto v'avete Dio d'oro e d'argento, per significare che d'ogni pezzo pregiato quei pecca¬ tori avevano costituito un simulacro d'avida devozione. No. qui gli acquirenti sono i poveri, e i grandi argentieri lo possono dimostrare. L'argento — dal topolino alla moneta messicana che sta su un polpastrello, alla cornicetta fotografica — è il sogno appetibile e raggiungibile di un individuo medio disposto ad alleggerire la propria borsa pur di resistere (l'atto ha due volti, in contemporanea) agli allettamenti del mercato natalizio. Dico si all'argento, a questo oggettlno ben avvolto, con carta velina e fiocchetto, perché voglio dir no al caviale, al giocattolo mostruoso, all'enciclopedia monumentale, al tacchino con gli estrogeni, allo champagne che mi fa sentire un traditore della patria e del fisco. Una valanga di amuleti, di iniziali maiuscole da appendere sul colletto del vestito, un torrente tumultuoso di icone e francobolli rigidi e forbicine e animaletti portafortuna e simboli zodiacali hanno consumato le mani di argentieri, che sanno avvolgere, acquattare tra la bambagia, legar con cordini tutti questi argenti. L'oro? Per carità. Troppo lontano, davvero irraggiungibile. L'oro non fa chic, fa sceicco. Giovanni Arpino

Luoghi citati: Roma, Torino