Severa procedura d'atterraggio ma esiste anche Terrore umano

Severa procedura d'atterraggio ma esiste anche Terrore umano Severa procedura d'atterraggio ma esiste anche Terrore umano Non si esclude che una improvvisa raffica di vento'abbia provocato una caduta di potenza che ha fatto piombare l'aereo sull'acqua ■ U mistero sarà sciolto dalle commissioni d'inchiesta Ancora mia volta l'aeroporto Punta Raisi dì Palermo è alla ribalta della cronaca per una sciagura costata molte vite. Adesso tuttavia l'aeroporto non manca più di quegli impianti che lo avevano fatto un tempo classificare fra gli scali maggiormente insicuri. I piloti devono inoltre seguire delle nuove «procedure» che offrono le maggiori garanzie e fra un paio d'anni le radioassistenze finali saranno completate dall'Ils die non è ancora operativo: l'apparato di radioguida d'atterraggio costituito da due fasci d'onde grazie ai quali il pilota conoscerà in ogni istante la posizione dell'aereo, in direzione e altitudine, rispetto al «radiosentiero». ossia il «tracciato» ottimale che il velivolo deve seguire per posarsi dolcemente sulla pista. Come tutti gli aeroporti. Punta Raisi ha precise regole alle quali gli aviatori si devono attenere sia per atterrarvi, sia per il decollo. Regole che sono appunto denominate «procedure», alle quali gli aviatori non possono dar corso senza essere autorizzati dalla torre di controllo (allorché si trovano nella zona aeroportuale), oppure dal centro regionale dì competenza /quando sono lontani da essa). Altre norme altrettanto severe sono previste nel caso in cui questi collegamenti radio vengano a cessare per un motivo o per l'altro. . Queste «procedure», come si è detto, sono particolarmente studiate, per non dire severe, per Punta Raisi, un aeroporto che non è certo tra i migliori per le montagne vicine e i venti che spesso spazzano le sue piste. Esse in totale sono tre, ma soltanto una è utilizzata dai jet come il DC-9 per le sue dimensioni, l'orientamento e gli apparati luminosi e radio di cui è dotata per facilitare e rendere più sicure le manovre Si tratta della 25 Left (sinistra) che prende quando è percorsa nell'altro senso la denominazione di 07 Rìght (destra). Essa è lunga 3 mila metri e larga 60; una delle sue testate, quella verso Palermo, è resa visibile, di notte e quando c'è scarsa visibilità, da un «sentiero luminoso». C'è anche una pista parallela (di qui «destra» e «sinistra» per distinguerle) ma questa ha dimensioni minori (2680 metri di lunghezza, 45 di larghezza) ed è priva di «sentiero luminoso». La terza pista (2160 metri per 45) è trasversale rispetto alle altre due ed è impiegata soltanto dai piccoli aerei. Il DC-9 si è inabissato, secondo testimonianze oculari quando non distava che 5-6 chilometri dalla testata della pista 25 Left. Fino all'isola di Ustica, il pilota si era tenuto in contatto radio con il controllo regionale, di Roma. Dopo essere stato autorizzato, aveva stabilito il radiocollegamento con la torre di controllo di Punta Raisi, e precisamente con «Palermo Avvicinamento», seguendo alla lettera le sue istruzioni, che oltre a conoscere bene sono codificate nelle carte di navigazione che ogni aviatore deve avere con sé; istruzioni accompagnate dall'ultimo bollettino meteorologico del campo, della più grande importanza per le condizioni di visibilità, la copertura nuvolosa, la forza e la direzione del vento. Dalla verticale di Ustica, dove vi è un radiofaro Vor solidale con gli strumenti di bordo, il pilota si era quindi diretto sul Vor di Punta Raisi. dove era obbligato a giungervi all'altitudine minima di 1500 metri. Successivamente, sempre secondo la «procedura», puntando la prua verso nordest, per rotta di 22 gradi, aveva proseguito finché lo strumento di bordo del Vor, che in questo caso fornisce anche la distanza dell'aereo dal radiofaro, indicasse che aveva percorso 8 miglia (14,4 chilometri). A quel punto il DC-9, che si doveva trovare a 900 metri di quota, aveva effettuato una virata a destra per avere una «prua» di 217 gradi fino a scendere a circa 200 metri dal mare, altezza alla quale si «deve» decidere se proseguire la manovra: decisione che è ovviamente in rapporto alle condizioni di visibilità. Si deve rilevare che il pilota grazie al Vor sapeva benissimo dove era la pista, un altro strumento solidale al primo gli forniva inoltre in ogni istante la distanza che lo separava da essa. Come il jet sia finito in mare quando già era in procinto di atterrare è un mistero che certo sarà sciolto dalle commissioni incaricate dell'inchiesta con l'ausilio dei registratori di bordo e di quelli di Punta Raisi, nonché dei bollettini meteorologici segnalati al pilota. Come si è detto la zona di Punta Raisi è molto esposta al vento. Non è da escludere che una raffica improvvisa non sia stata compensata in maniera adeguata dalla velocità del DC-9 provocandone la fatale «spanciata» in acqua quando la pista era ormai vicina. Aldo Vite

Persone citate: Aldo Vite, Raisi

Luoghi citati: Palermo, Roma, Ustica